A.N.AC: contesto storico e normativo prima della sua nascita
Nel corso degli ultimi anni abbiamo potuto constatare un’intensa attività legislativa volta alla riforma complessiva dell’organizzazione e del funzionamento della pubblica amministrazione, con lo scopo di portarla agli standard di efficienza tipici dei paesi europei. L’Italia, dal suo canto, ha legiferato uniformando il proprio impianto normativo seguendo le disposizioni contenute nei vari trattati e nelle disposizioni emanate degli enti sovranazionali in tema di lotta e prevenzione della corruzione.[1]Il nostro paese è uno stato aderente al GRECO[2](Group of States Against Corrusption), Organo di controllo del Consiglio d’Europa, il quale attraverso un rapporto annuale e l’emanazione di raccomandazioni fornisce analisi sulla situazione complessiva dell’Italia e le emergenze a cui deve far fronte.
Tale organo individuava, diversi anni fa, la necessità di intraprendere un percorso di riforme, volte a perfezionare il coordinamento tra le varie istituzioni deputate a contrastare il fenomeno della corruzione, questa volta però con misure efficaci non solo sul piano repressivo ma soprattutto attraverso misure preventive. Tra i diversi rilievi indicati all’Italia vi è quello dell’assenza di un’Autorità nazionale Anticorruzione: negli anni infatti il compito del controllo della legalità nel settore della P.A. e degli appalti pubblici era stato attribuito alla magistratura penale. Tutto però con scarsi risultati, le lunghe tempistiche processuali e l’enorme ricorso agli strumenti della prescrizione hanno reso ancora più evidente l’incapacità dell’ordinamento di fare fronte ad un’emergenza diventata ormai di caratura nazionale.[3]
Prima di argomentare nel dettaglio l’arco temporale della vita dell’A.N.AC, poniamo l’attenzione verso alcuni cenni storici, fondamentali per comprendere l’importanza di tale importante struttura. Questi permettono di analizzare le varie istanze sociali e le decisioni assunte dalla politica in specifici momenti storici. Le Autorità amministrative indipendenti costituiscono uno specifico modello di organizzazione amministrativa, caratterizzato da importanti peculiarità, quali l’indipendenza rispetto all’indirizzo politico governativo, che permettono di esercitare funzioni neutrali in diversi settori dell’ordinamento contrassegnate da un elevato livello di competenze tecniche. Tali enti si diffusero in diversi settori con lo scopo di affrontare particolari criticità, molto sensibili per la società, come ad esempio quelli di natura istituzionale o politico-economica, ponendoli in una posizione di neutralità rispetto agli interessi in gioco, caratterizzati da imparzialità e indipendenza dagli altri poteri pubblici ed economici. Era necessario inoltre rendere più agevole il rapporto tra cittadini e i vari livelli degli apparati statali.[4]
Fuori dal nostro continente troviamo alcuni riferimenti circa la nascita di Autorità indipendenti negli USA di fine Ottocento. Tali Istituti nascono come meccanismo di correzione del mercato, al fine garantire la libertà di scambio e di circolazione. Importante esempio viene rappresentato dalle Independent Regulatory Commissions, autorità separate dal complesso dell’organizzazione amministrativa, dotate di poteri normativi, amministrativi e giudiziali, nate con lo scopo di assicurare la salvaguardia degli interessi generali in quei settori caratterizzati dalla libertà d’iniziativa economica privata.
Caratteristica peculiare di tale istituto è rappresentata, in particolare, dall’affidamento in capo ad esso di poteri sostanzialmente normativi, caratterizzati da enorme flessibilità, la quale non si riscontra negli ordinari atti legislativi.
Mentre negli USA tali modelli nascono al fine di fornire una regolamentazione a settori nella stritolante morsa del libero mercato, in Europa la loro proliferazione è più recente e la cui nascita è caratterizzata dal raggiungimento di specifici obiettivi. Lo scopo perseguito, infatti, è quello di limitare l’eccessiva regolamentazione amministrativa propria del settore economico. Tutto ciò in linea con il processo di privatizzazione e liberalizzazione.[5]
In Italia la proliferazione delle Autorità indipendenti si è imposta gradualmente. Tutto ha origine con l’istituzione della CONSOB (Commissione nazionale per le società e la borsa) nel 1974, del Garante per l’editoria nel 1981 e dell’ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private) nel 1982.
Tale fenomeno è dato soprattutto dall’intensa legiferazione a livello comunitario che influenzò parecchio l’ordinamento interno dei vari stati membri, tra cui l’Italia. L’obbligo di recepimento di alcune direttive ha sancito così la nascita di svariate autorità indipendenti quali: l’Autorità̀ garante della concorrenza e del mercato (AGCM, istituita con la legge n. 287/1990), il Garante per la protezione dei dati personali (legge n. 675/1996, c.d. legge sulla privacy), l’Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità, ovvero l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas (AEEG, istituita con legge n. 481/1995) e dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM, con legge n. 249/1997, subentrata nei procedimenti e nei rapporti facenti capo al Garante per l’editoria).[6]
Nel corso degli stessi anni videro la luce altre autorità garanti come: la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sull’esercizio del diritto di sciopero (art. 12, legge n. 46/1990), la Commissione di vigilanza sui fondi pensioni (COVIP – d.lgs. n. 24/1993) e l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici (legge, n. 109/1994), divenuta poi Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (artt. 6-8, d.lgs. 12.4.2006, n. 163).[7]
Le Autorità indipendenti rappresentano quindi lo strumento volto a garantire la tutela e la protezione d’interessi costituzionalmente rilevanti, che potrebbero essere pregiudicati dal potere di potenti gruppi economici o politici, che, invece, trovano composizione nella posizione di terzietà, neutralità e tecnicità di tali organismi.[8]
L’A.N.AC., nel corso della sua storia, è stata segnata da continui interventi normativi che ne modificarono notevolmente la struttura, le funzioni e il ruolo nel panorama italiano. Partiamo dal 1994, quando fu istituita l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, successivamente denominata Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, meglio nota come AVCP. Mentre nel 2009 venne costituita la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche, denominata CIVIT, successivamente rinominata nel 2013[9]Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, anche questa già nota come ANAC. Con il passare del tempo i poteri di intervento assegnati alle Autorità indipendenti precedentemente citate subirono significativi cambiamenti, dovuti in primo luogo agli interventi normativi apportativi, questi ultimi però non sempre coerenti con l’intento istitutivo originario.
Le varie Autorità indipendenti quali AVCP e CIVIT/ANAC non si dimostrarono all’altezza delle aspettative riposte da cittadini, politica e associazioni di categoria. Tutto ciò favorì una nuova stagione di riforme, la quale si concretizzerà con l’emanazione del d.l. n. 90/2014, con cui è stato riconfigurato il profilo istituzionale dell’Autorità nazionale anticorruzione.
L’A.N.AC. è andata quindi ad assumere anche le funzioni precedentemente svolte da AVCP, la quale è stata successivamente abrogata. Tale Autorità non nasce come entità autonoma, ma è il frutto della trasformazione di un altro organismo pubblico, assume infatti il ruolo assegnato in origine alla CIVIT, istituita nel 2009 con il compito, in particolare, d’indirizzare, coordinare e sovrintendere alla misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni, nonché alla determinazione degli standard dei servizi pubblici ed alla trasparenza e integrità delle amministrazioni pubbliche.
I risultati ottenuti non sono stati considerati positivi, soprattutto a causa della mancata attribuzione, alla Commissione, di poteri realmente in grado d’incidere sulle incrostazioni burocratiche e di un personale poco sufficiente a garantire i compiti ad essa affidati.
Solo con la legge n. 125 del 30 ottobre 2013, la Commissione ha assunto la denominazione di Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (ANAC). Questa Autorità ha operato solo per breve periodo, con forti limiti d’efficacia nelle varie attività svolte. Questo in primo luogo a causa della mancanza di un vera e propria posizione organica assegnategli[10]che ha precluso la possibilità di acquisire in modo stabile le competenze necessarie al raggiungimento degli obiettivi prefissati, a tutto ciò si aggiunge il fatto che l’entrata in vigore della normativa anticorruzione è stata spesso vissuta dalle amministrazioni come fonte di ulteriori adempimenti burocratici imposti, invece di pensare che siano un’occasione di contrasto all’illegalità amministrativa. L’assenza, inoltre, di un apparato sanzionatorio a tutela degli obblighi previsti dalla legge anticorruzione non ha di fatto consentito alcun controllo con carattere di effettività.[11]
In tale contesto, si inserisce l’impianto di riforme del sistema di prevenzione della corruzione, che ha recepito le raccomandazioni e i suggerimenti provenienti dall’Unione Europea e degli altri ordini sovranazionali, e li ha così inseriti in un processo più ampio di revisione dei propri istituti, il quale non può dirsi ancora del tutto compiuto.
A tal proposito possiamo affermare che è in atto un grande percorso di digitalizzazione della P.A e di altri apparati del nostro stato. Tutto al fine di semplificare e velocizzare il rapporto cittadino-Stato.[12]
Il settore dove si riscontravano chiaramente delle pratiche al quanto discutibili era sicuramente quello degli appalti pubblici, qui si evincevano in maniera lampante problematiche legate fortemente al fenomeno corruttivo. Tale settore è stato interessato da importanti riforme, come ad esempio dalla già citata legge n. 190/2012, la quale ha predisposto un articolato sistema di soggetti preposti al controllo e alla vigilanza, introducendo dei rigidi obblighi di pubblicità relativi a tutte le fasi della contrattualistica pubblica.[13]Successivamente con il D.l n. 90/2014 il quale ha trasformato, ampliato e rafforzato i poteri attribuiti alla precedente CIVIT, attualmente A.N.A.C., individuando in tale organismo il perno centrale attorno a cui ruota il sistema dell’anticorruzione.[14]
L’attuale quadro normativo si è poi ulteriormente arricchito con l’emanazione definitiva del Nuovo Codice degli Appalti, noto come D. lgs 18 aprile 2016 n. 50, il quale ha abrogato e sostituito il vecchio d.lgs. n. 163/2006. Tale strumento normativo ha semplificato notevolmente la precedente normativa, sia nella quantità che nella efficacia delle disposizioni contenute.
Il “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” adotta dei criteri di semplificazione oltre che di snellimento e riduzione di ogni normativa riguardante la materia trattata. Ribadisce inoltre il divieto di gold plating. La Commissione Europea specifica con atti ufficali il recepimento gold plating come: «quella tecnica …che va al di là di quanto richiesto dalla normativa europea pur mantenendosi entro la legalità. Gli Stati membri hanno ampia discrezionalità in sede di attuazione delle direttive comunitarie. Essi possono aumentare gli obblighi di comunicazione, aggiungere i requisiti procedurali, o applicare regimi sanzionatori più rigorosi. Se non è illegale, il gold plating è di solito presentata come una cattiva pratica, perché impone costi che avrebbero potuto essere evitati».[15]
Caratteristica principale di tale disciplina è l’auto-applicatività, infatti, non sono previsti, come già successo in precedenza, l’emanazione di regolamenti come quelli di esecuzione e di attuazione. Viene però prevista l’emanazione di atti di indirizzo e di linee guida di carattere generale, da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti su proposta dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e previo parere delle competenti commissioni parlamentari. Possiamo individuare nelle linee guida, lo strumento di soft law, che contribuiscono ad assicurare la trasparenza, l’omogeneità e la speditezza delle procedure e fornire criteri unitari.
La loro emanazione possiede un forte valore di indirizzo e consentono un aggiornamento costante e coerente con i mutamenti del sistema. Mentre nel momento in cui sono stati previsti decreti amministrativi attuativi, comunque non di natura regolamentare, è stata individuata, nel regime transitorio, la valenza temporanea di alcune norme del regolamento, relative a contabilità, verifiche e collaudi, per consentire l’immediata applicabilità della nuova normativa. A ciò possiamo aggiungere le numerose disposizioni a sostegno del rispetto dei principi di legalità contenuti nelle più recenti legiferazioni in materia di appalti.
In primo luogo, possiamo citare il rafforzamento del ruolo assunto dall’ANAC, sempre più centrale nel panorama italiano, alla quale sono state assegnate importanti funzioni di controllo, supporto e promozione di best practice volte ad essere condivise tra le varie stazione appaltanti al fine di uniformare il lavoro delle stesse verso standard sempre più alti. [16]
In capo all’A.N.AC. vi è quindi la responsabilità di emanare atti di indirizzo quali linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, fornendo costante supporto nell’interpretazione e nell’applicazione del Codice, un’attività di costante aggiornamento caratterizzata da un importante dinamismo della stessa Autorità. Grazie a questo incessante lavoro si potrà arrivare all’introduzione di importanti strumenti innovativi, è previsto infatti il graduale passaggio a procedure interamente gestite in maniera digitale, con conseguente riduzione degli oneri amministrativi.[17]
Il carattere della trasparenza infatti ha assunto stabile dimora nel ricorso, sempre più frequente, a strumenti elettronici di comunicazione ed informazione, la pubblicità di tutte le procedure, sia quelle prodromiche che successive alla gara, sono infatti caratterizzati dalla pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara attraverso l’utilizzo di tali moderni mezzi tecnologici.
L’ANAC alla fine del processo di riforma è composta da un Presidente e da quattro membri selezionati tra vari esperti di comprovata ed elevata professionalità, notoria indipendenza e riconosciuta esperienza in attività di contrasto al fenomeno corruttivo. L’esercizio dei compiti affidati a suddetta autorità può essere esercitato solamente verso il contrasto e la prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni.[18]
[1]Tra tutte si ricorda la United Nations ConventionsAgainstCorruption (UNCAC), il primo strumento internazionale delle Nazioni Unite per la lotta alla corruzione, approvato nel 2003 e ratificato in Italia con legge di autorizzazione alla ratifica 3 agosto 2009, n. 116 e la Criminal Law Convention on corruptionfirmata a Strasburgo nel 1999 e ratificata dall’Italia con legge di autorizzazione alla ratifica 28 giugno 2012, n. 110.
[2]http://anticorruzione.eu/normativa/normativa-estera/consiglio-deuropa/
[3]Diritto dei contratti pubblici, a cura didi Jacopo Bercelli, Fulvio Cortese, Filippo Dallari, Annamaria De Michele, Piergiorgio Novaro, Franco Pellizzer, Giuseppe Piperata, Giacomo Santi, Daniele Senzani, Enrico Trenti, Torino, Giappichelli Editore, 2018.
[4]Gennaro Dezio, Le Autorità indipendenti, un modello in continua evoluzione: A.N.A.C. ed il nuovo strumento di vigilanza collaborativa, DE IUSTITIA, Rivista d’informazione giuridica, n. 2/2017, pag. 39-49.
[5]Trattato di Diritto Amministrativo.Le Autorità Amministrative Indipendenti, a cura di Giampiero Paolo Cirillo e Roberto Chieppa, diretto da Giuseppe Santaniello, Padova, Cedam Editore, 2010, p. 6.
[6]Gennaro Dezio, Le Autorità indipendenti, un modello in continua evoluzione: A.N.A.C. ed il nuovo strumento di vigilanza collaborativa, in DE IUSTITIA,Rivista d’informazione giuridica, n. 2/2017.
[7]Nino Longobardi, Autorità indipendenti di regolazione dei mercati e autorità atipiche. L’Autorità Nazionale Anticorruzione, in Giustamm – Rivista di diritto amministrativo, Anno XV, febbraio 2018.
[8]Elena Siliprandi, “ANAC e le sue linee guida: questioni in tema di regolamentazione dei contratti sotto soglia”, Tesi di laurea Magistrale, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Giurisprudenza, 2018.
[9]Legge 30 ottobre 2013, n. 125, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni.
[10]L’art. 14 del d.lgs. n. 150/2009 prevedeva una dotazione di un numero di personale molto esiguo (massimo 30 unità), da reclutare esclusivamente mediante comando o con rapporto di lavoro a tempo determinato, a fronte di molteplici funzioni ad essa assegnate; numero programmatico che comunque, per le scelte della precedente governance, non è stato nemmeno mai raggiunto anche dopo l’entrata in vigore della l. n. 190 del 2012.
[11]Piano riordino 2014 ANAC, adottato ai sensi dell’art. 19, comma 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114, pag. 9-10.
[12]Gianluca Postiglione (Direttore generale So.Re.Sa. Regione Campania), Digitalizzazione della PA in Italia. La strategia delle tre C, documento digitale, 2019. (www.agendadigitale.eu)
https://www.agendadigitale.eu/documenti/digitalizzazione-della-pa-in-italia-la-strategia-delle-tre-c/
[13]Gabriele Casartelli, Antonio Papi Rossi, Le misure anticorruzione. Legge 6 novembre 2012, n. 190, Torino, Giappichelli Editore, 2013.
[14]Decreto-legge 90/2014. Il testo della relazione, in Giurdanella.it, Rivista di Diritto Amministrativo, Luglio 2014.
[15]Commissione Europea, Smart regulation in the European Union, COM (2010) 543 final, Bruxelles, 8 ottobre 2010: «which goes beyond what is required by that legislation, while staying within legality. Member States have large discretion when implementing EC directives. They may increase reporting obligations, add procedural requirements, or apply more rigorous penalty regimes. If not illegal, ‘gold plating’ is usually presented as a bad practice because it imposes costs that could have been avoided».
[16]A.N.AC., Rapporto sul primo anno di attuazione della legge n. 190/2012, Dicembre 2013. (www.anticorruzione.it)
[17]Nino Longobardi, Autorità indipendenti di regolazione dei mercati e autorità atipiche. L’Autorità Nazionale Anticorruzione, Giustamm – Rivista di diritto amministrativo, Anno XV, febbraio 2018. (www.giustamm.it)
[18]D.l 31 Agosto 2013, n. 101: art. 5 commi 1 e 5.
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Domenico Tulino
Praticante Avvocato presso l'Avvocatura di Ateneo dell'Università della Calabria. Socio Avvocati Sportivi Italiani.
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