A seguito di un inadempimento del debitore, spettano anche gli interessi moratori ex art. 1224 c.c.?
A dare risposta al quesito in esame ricorre il summenzionato articolo 1224 collocato all’interno del codice civile al libro IV, sotto il titolo I, al capo III “dell’inadempimento delle obbligazioni”.
“Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura.
Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori.”
La mora prevista dall’art 1224 c.c. può essere accomunata dall’art. 1218 c.c. all’inadempimento; ne discende che, il debitore moroso può evitare la responsabilità per il suo ritardo soltanto quando lo stesso sia dipeso da una causa estranea a lui.
Se una parte, legittimamente opera il diritto a sospendere l’adempimento della propria obbligazione pecuniaria a ragione dell’inadempimento dell’altra, non può essere considerata in mora, dunque non dovrà concedere alcun interesse moratorio o eventuali ulteriori danni patiti dall’altra parte per l’inadempimento, risultando non applicabile l’art. 1224 c.c..
La ratio degli interessi moratori riflette la funzione risarcitoria, venendo considerati idonei quindi al ristoro.
La condanna al pagamento degli interessi
Gli interessi moratori costituiscono una prestazione autonoma e per quanto tali devono essere oggetto di una espressa domanda, non essendo sufficiente che gli stessi possano essere già compresi nella stessa domanda di pagamento del capitale.
Ne consegue che, l’adito giudice se attribuisse interessi che non siano espressamente richiesti, incorrerebbe nella violazione di cui all’art. 112 c.p.c. .[1]
Dunque, domandare interessi moratori costituisce una vera e propria domanda nuova in quanto, comprende l’ingresso nel giudizio di un ulteriore elemento di fatto, ossia la colpa del debitore.[2]
Il risarcimento del maggior danno di cui al 2° comma
Il ritardato adempimento dell’obbligo di risarcimento, causa un ulteriore danno al creditore, poiché viene a manifestarsi la perduta possibilità di investire la somma di denaro in questione e conseguentemente ricavarne un rientro finanziario ulteriore, si parla così di interessi compensativi.[3]
È possibile affermare che, il maggior danno che viene a sorgere in capo al creditore ex art. 1224 c.c. abbia natura risarcitoria, che può essere riconosciuto solo se venga accertata la colpevolezza dell’inadempimento dell’obbligazione pecuniaria e conseguentemente anche, il nesso causale tra la condotta in questione ed il danno patrimoniale patito.
Orbene appare utile precisare che, il risarcimento del maggior danno non scaturisce da una conseguenza automatica della mora, bensì, deve essere allegato e provato dal creditore, anche in via di presunzione .
Onere del creditore quindi è, quello di provare in concreto la sussistenza dell’eventuale maggiore danno.
Anche in vista di un danno che sia superiore agli interessi legali, lo stesso creditore dovrà darne prova di uno specifico fatto dipendente dall’inadempimento del debitore che sia in via potenziale idoneo a causare tali danni superiori; lo stesso onere emerge anche se sia stato chiesto al giudice la sola condanna generica ai maggiori danni.[4]
In caso di ritardato adempimento di una obbligazione pecuniaria, il danno derivante dalla svalutazione monetaria non è da considerarsi in re ipsa, ma piuttosto deve essere provato anch’esso dal creditore, potendo così dedurre che il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato d durata annuale sia stata superiore, nelle more, negli interessi legali;[5] va precisato che, la prova del danno da svalutazione monetaria sarà oggetto di particolare rigore di valutazione da parte dei giudici.
Ancora, nel caso di ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il maggior danno può essere considerato esistente in via presuntiva, in tutti i casi in cui durante la mora, il saggio medio di rendiconto netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali.
Verificandosi tale ipotesi dunque, ricorre il risarcimento del danno a qualunque creditore (quanto un imprenditore, quanto un impiegato ecc…).
In parallelo, il debitore, dovrà provare che il creditore in caso di tempestivo adempimento non avrebbe potuto tuttavia impiegare il denaro dovutogli in forme di investimento che avrebbero generato un rendimento migliore al saggio legale.[6]
In conclusione ancora una volta diciamo quindi che, la primaria funzione degli interessi nelle obbligazioni pecuniarie è quella corrispettiva dei frutti civili della somma dovuta, quella compensativa del mancato godimento dei frutti della cosa consegnata ad altri, altresì hanno la funzione secondaria risarcitoria propria degli interessi di mora i quali dovranno essere espressamente domandati.
[1] Cass. n. 11310/98; Cass. n. 1087/07.
[2] Cass. n. 13183/06.
[3] Cass. n. 17155/12.
[4] Cass. n. 3423/74.
[5] Cass. n. 11943/16.
[6] Cass. S.U. n. 19499/08.
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Giuseppe Milioto
Dott. Giuseppe Milioto, Avv. praticante operante sia nel ramo del Diritto Civile, che nel ramo del Diritto Penale.
Laureato in giurisprudenza con tesi di laurea in Diritto Internazionale trattante la disciplina normativa dell'immigrazione.
L'estratto della tesi è stato pubblicato nel potale dell'università quale contributo.
Scuola avvocatura Post-Laurea.
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