Abuso dei mezzi di correzione o disciplina: se le condotte violente sono sistematiche si tratta di maltrattamenti in famiglia

Abuso dei mezzi di correzione o disciplina: se le condotte violente sono sistematiche si tratta di maltrattamenti in famiglia

Talvolta erroneamente associate, le due fattispecie di reato in trattazione seppur condividendo alcuni aspetti normativi e di tutela hanno diverse finalità repressive, ed è doveroso distinguerle prima di analizzare nel merito la pronuncia di legittimità.

1. Differenze sostanziali tra abuso di mezzi di correzione o disciplina e maltrattamenti in famiglia

Disciplinato all’art. 571 c.p., il reato di abuso dei mezzi di correzione o disciplina è posto a tutela del benessere mentale e fisico dell’individuo attinto dalla condotta lesiva, oltre che dell’interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia e di tutte le istituzioni interessate nei rapporti di disciplina.

Pertanto, la norma punisce tutti coloro che abusando dei mezzi di correzione e di disciplina (ius corrigendi) e della loro autorità, mettono in pericolo l’integrità  psicofisica del soggetto loro sottoposto o a loro affidato per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia o per l’esercizio di una professione o di un’arte.

La natura di tale reato prescinde la sistematicità dell’azione potenzialmente lesiva, sicché, come statuito dalla Suprema Corte di Cassazione in sede di legittimità, può avere luogo anche da un unico atto espressivo dell’abuso/violenza, che ripetuto in un lasso temporale apprezzabile e non necessariamente abituale, risulti allo stesso modo lesivo all’integrità psicofisica del soggetto passivo, a prescindere dalla finalità correttiva o disciplinare del soggetto attivo. (Cass. Pen., sez. VI, sent. 18289 del 16 febbraio 2010)

Diversamente, il reato di maltrattamenti in famiglia di cui all’art. 572 c.p, seppur posto a tutela dell’integrità psicofisica del soggetto, attiene esclusivamente a quelle condotte violente, minacciose, prevaricatrici, umilianti, ingiuriose e dispregiative poste in essere tra soggetti appartenenti allo stesso nucleo familiare (non per forza conviventi) o vincolate da un legame giuridico assimilabile.

L’elemento sistematicità o reiterazione nel tempo, dispetto a quanto precedentemente detto, rappresenta la conditio sine qua non al fine della sua configurazione come fatto reato.

A tal proposito risulta pregnante richiamare all’attenzione una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione che ha precisato che gli atti oggetto del reato de quo non devono per forza di cose essere realizzati per un tempo prolungato, essendo sufficiente la loro ripetizione anche in ambiti temporali circoscritti; tuttavia, due soli episodi non vengono considerati sufficienti per integrare il reato poiché in tal caso non sussisterebbe la caratteristica dell’abitualità che la norma invece richiede. (Cass. Pen., Sez III sent. n. 35997 del 10 novembre 2020)

2. Questione di legittimità: la decisione della Suprema Corte

La Corte d’appello di Trento confermava, ma riducendo la pena, la condanna inflitta dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trento a Tizio ex articoli 572 e 61 n. 11 cod. pen. per avere maltrattato il figlio minorenne, Caio.

Tizio tramite il proprio difensore ricorreva in Cassazione, deducendo, in particolare, la violazione dell’articolo 571 c.p. per la mancata riqualificazione dei fatti come abuso dei mezzi di correzione.

La Cassazione, nel dichiarare l’infondatezza della doglianza lamentata, sul punto ha osservato quanto segue:

1) la Corte di appello ha adeguatamente risposto che condotte del tipo di quelle accertate possono essere qualificate ex articolo 571 c.p. soltanto nel caso di violenze episodiche, mentre non rilevano gli intenti correttivi del padre e la esistenza di un intenso legame emotivo e affettivo fra l’imputato e il figlio, il cui stato di sofferenza psicologica è stato accertato al di là di delle sue dichiarazioni;

2) condotte sistematicamente violente (sul piano fisico e/o psicologico) anche quando finalizzate a educare, non rientrano nell’ambito della fattispecie di abuso di mezzi di correzione ma concretizzano elementi costitutivi del più grave reato di maltrattamenti;

3) esula dal perimetro applicativo della fattispecie incriminatrice dell’abuso di mezzi di correzione o di disciplina qualunque forma di violenza fisica o psichica, anche se sostenuta da animus corrigendi; le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l’esercizio lecito del potere correttivo e educativo che mai deve deprimere l’armonico sviluppo della personalità del minorenne.

3. Conclusioni

La corrente enunciazione della norma è figlia senza dubbio della riforma del 2012, che ha ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale del 25 ottobre 2007 (c.d. Convenzione di Lanzarote) e che ha mutato i “maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli” in quello che oggi è il reato di “maltrattamenti contro familiari o conviventi” inteso in senso tecnico, modificandone, seppur lievemente, la disciplina; conferendo altresì, alla fattispecie penale, una portata più generale ed aggiungendo i conviventi nel novero dei soggetti passivi del reato inasprendo proporzionalmente le pene.

Nel caso di specie, appare lapalissiano come gli Ermellini in sede decisionale abbiano considerato la sistematicità della condotta lesiva l’unità di misura per distinguere le due fattispecie di reato in esame; sottolineando come l’intenso legame affettivo tra padre e figlio e l’azione lesiva frutto dell’esasperazione di un millantato animus corrigendi, non potessero essere elementi attenuanti o giustificativi della condotta stessa; tutt’al più, lo scrivente tiene ad evidenziare come proprio il rapporto affettivo e di parentela denotato nel caso di specie, potrebbe cagionare, paradossalmente, al soggetto attinto dalla condotta, traumi ben più radicati e solidi, in ragione della violenza subita da parte di una figura genitoriale (padre); figura essenziale al fine del suo armonico sviluppo e per il quale è verosimile ipotizzare che abbia nutrito ex ante stima ed ammirazione; attesa anche la sua minore età.

Il ricorso così come proposto dalla difesa dell’imputato, non avrebbe mai potuto trovare terreno fertile in sede di legittimità, risultante mancante dell’elemento tipico per una eventuale derubricazione del reato di cui all’art. 572 c.p. nella fattispecie penalmente prevista dall’art. 571 c.p; ovvero proprio la reiterazione della condotta delittuosa nel tempo.

Se deduce che la norma di cui all’art. 572 c.p. si sostanzia quando il soggetto attivo abusa del potere correttivo/educativo a lui spettante in modo sistematico, ossia quando lo ius corrigendi viene realizzato con modalità non adeguate o per interessi difformi da quelli per cui è previsto dall’ordinamento, fermo restando l’irrilevanza delle motivazioni correttive o educative poste alla base di tale condotta.

Chiaramente, quanto supra rappresentato non deve condurre ad un deperimento delle funzioni educative e correttive dei genitori, costringendoli all’inerzia rispetto ad eventuali condotte errate assunte dalla prole, anzi, il legislatore all’art. 30 della Costituzione ha sancito che “ È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”; pertanto, è lecito adottare delle forme punitive per reprimere tali comportamenti, purché queste non sfocino in violenze e abusi.

Concludendo, si può affermare che l’intento educativo deve essere esercitato con coerenza senza provocare traumi alla personalità del figlio e mantenendo un nesso di proporzionalità tra comportamento da reprimere, attesa ovviamente anche la personalità del soggetto, e limite temporale di applicazione della punizione.

 

 

 

 

 

Bibliografia
Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale, I, Milano, 1957, 315 ss.;
Cassani, La nuova disciplina dei maltrattamenti contro familiari e conviventi. Spunti di riflessione, in Archivio penale 2013, n. 3;
Coppi, Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, (voce) in Enciclopedia del diritto, volume XXV, Varese, 1975, 223 ss.;
Mantovani, Riflessioni sul reato di maltrattamenti in famiglia, in Studi in onore di Antolisei, II, Milano, 1965, 264 ss.;
Pisapia, Delitti contro la famiglia, Torino, 1953, 747 e ss.

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News

Articoli inerenti