Abuso di dipendenza economica: procedimento cautelare inammissibile

Abuso di dipendenza economica: procedimento cautelare inammissibile

La Alfa s.p.a., società produttrice di pantaloni in denim, stipulava un contratto di subfornitura con la Beta s.p.a., che forniva il materiale. La produzione ammontava a oltre un milione di pezzi l’anno. Accadeva, però, che si verificasse sul mercato mondiale una forte contrazione degli ordini di pantaloni in denim di marca Alfa prodotti in Italia, perché erano preferiti quelli prodotti all’estero, in quanto meno costosi. A fronte di tale situazione, la Alfa s.p.a. decideva di limitare gli ordini a favore della società Beta a 300.000 pezzi l’anno. Di conseguenza, Beta s.p.a. notificava alla controparte ricorso per provvedimento d’urgenza, ritenendo che il comportamento di Alfa costituisse un abuso di dipendenza economica. Chiedeva, perciò, al Tribunale che ordinasse ad Alfa s.p.a. il mantenimento dello stesso quantitativo di ordini per dieci anni.

Alfa s.p.a. si costituiva in giudizio, contestando l’ammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c., in particolare rilevando che difettava il requisito del fumus boni iuris. La subfornitura, disciplinata dalla L. 192/1998, è un contratto attraverso il quale un imprenditore si impegna ad effettuare per conto di un’impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime, fornite dalla stessa impresa committente o s’impegna a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o utilizzati nell’attività economica del committente. L’art. 9 della legge vieta l’abuso di dipendenza economica in cui si trova un’impresa fornitrice nei confronti dell’altra. La dipendenza economica è la situazione in cui un’impresa sia in grado di determinare un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi nei rapporti commerciali con un’altra impresa. L’abuso può consistere nel rifiuto di vendere o comprare, nell’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, nell’interruzioni arbitraria delle relazioni commerciali. In questi casi, l’imprenditore debole effettua una serie di investimenti specifici, in modo da far fronte agli impegni contrattuali assunti con l’imprenditore forte. L’imprenditore debole si trova così esposto al ricatto dell’imprenditore forte, giacché la minaccia d’interruzione del rapporto lo costringe a proseguirlo, accettando condizioni inique, di fronte all’eventualità di non riuscire ad ammortizzare gli investimenti fatti nel tempo.

L’abuso di dipendenza economica è vietato implicitamente anche dall’art. 2 Cost., che prevede il principio di solidarietà economica e sociale, e dall’art. 41 Cost., che garantisce la libertà di iniziativa economica privata, coordinata comunque con gli interessi sociali, in modo da salvaguardare la concorrenza e il mercato. Tali limiti sono superati nel caso in cui un’impresa modifica arbitrariamente le condizioni di contratto nei confronti di un’altra impresa. In questi casi, è necessario contemperare le esigenze dei soggetti coinvolti, tenendo conto delle esigenze di mercato.

Se in un determinato periodo la domanda di alcuni prodotti diminuisce, le imprese non sono più obbligate a produrre quella merce. Di conseguenza, l’impresa fornitrice può diminuire il quantitativo di materia prima da fornire all’impresa produttrice. Questa non è un’iniziativa arbitraria, e non configura un abuso di dipendenza economica, perché gli interessi in gioco sono correttamente bilanciati. L’art. 9 L. 192/1998 è una norma eccezionale, che impone di interpretare rigorosamente la nozione di abuso, per evitare di porre limiti inaccettabili alla libertà di iniziativa economica dell’impresa dominante, tanto più che quest’ultima non è responsabile della situazione di dipendenza della controparte.

In questi casi, perciò, non sussiste il diritto in capo all’impresa fornitrice di vedersi mantenere gli stessi ordini inizialmente pattuiti con l’impresa produttrice. Da ciò discende l’impossibilità per l’impresa fornitrice di ottenere un provvedimento cautelare.

Sul punto, la giurisprudenza di merito afferma che: ”non può accordarsi la tutela cautelare ex art. 9 L. 192/1998 al subfornitore che lamenti l’abuso del proprio stato di dipendenza economica ogni qualvolta l’interruzione delle relazioni commerciali da parte del suo unico committente non abbia natura arbitraria” (Tribunale di Bassano del Grappa, sentenza del 09.02.2010- Tribunale di Catania, sentenza del 02.09.2009).

Dall’altro lato, non sussiste il periculum in mora, per il fatto che l’impresa fornitrice non può paventare un grave e irreparabile danno. In un caso simile, subisce un danno patrimoniale, risarcibile in denaro, che è un bene fungibile, e quindi il diritto al risarcimento non è tutelabile attraverso un provvedimento d’urgenza.

Nel caso di specie, la Alfa s.p.a. aveva deciso di limitare gli ordini alla società Beta. Tale iniziativa, però, non era stata adottata arbitrariamente, ma valutando il mercato mondiale, da cui si evinceva una diminuzione della domanda di pantaloni in denim. In questo caso, dunque, non si configura un abuso di dipendenza economica.


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