Abuso di internet dal PC aziendale? Possibile il licenziamento

Abuso di internet dal PC aziendale? Possibile il licenziamento

Dopo le sentenze n. 10955/15 e n. 22353/15, con la più recente sentenza n. 14862/17 la Corte di Cassazione è tornata a confermare il potere del datore di lavoro di licenziare un lavoratore per abuso della connessione internet dal PC aziendale, assegnatogli in dotazione per due mesi. Per cui, è possibile licenziare un lavoratore che utilizzi a fini personali, e in modo esagerato, la connessione internet aziendale.

Inoltre, la Corte ha anche verificato che non si trattava di controllo a distanza della prestazione lavorativa da parte del datore e che non era stata violata la normativa sulla riservatezza. Difatti, la società si era limitata a verificare esclusivamente l’esistenza di accessi indebiti alla rete e i tempi di collegamento, senza effettuare ulteriori analisi sulla tipologia dei siti visitati o dei dati scaricati dal lavoratore, senza ottenere alcuna indicazione su dati sensibili dell’utente, anche relativi a sue scelte politiche, religiose, culturali o sessuali.

Nella fattispecie, dunque, la Corte – trattandosi di 2 mesi di accessi sistematici, reiterati ed intenzionali (durata d’accesso a internet complessiva di 45 ore e 45 connessioni), con scambio di dati di traffico per migliaia di kbyte – ha considerato l’utilizzo dello strumento aziendale come indebito.

A nulla rileva il fatto che il lavoratore non fosse stato posto nelle condizioni di conoscere in maniera tempestiva le disposizioni regolamentari sull’utilizzo degli apparati mobili aziendali, in quanto fa parte delle regole elementari del vivere comune evitare siffatte condotte illecite (l’indebito e il largo uso della connessione internet aziendale per finalità estranee alla prestazione lavorativa).

In conclusione, dunque, i Giudici hanno dato ragione all’azienda, ritenendo legittimo il licenziamento per abuso di connessione internet aziendale.

La Cassazione, pertanto, riconfermando il precedente orientamento, afferma che l’obbligo di diligenza deve essere valutato con ampio riguardo alla natura dell’attività esercitata e che la prestazione va eseguita non solo con diligenza, ma anche ponendo in essere quella serie di comportamenti accessori necessari ad un’utile prestazione.


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