Accertamento del nesso di causalità materiale a seguito dell’intervento chiarificatore del Supremo Consesso con la sentenza n. 16581/2019
Sommario: 1. La questione – 2. Il nesso di causalità nel Diritto penale – 3. Il nesso di causalità nel Diritto Civile – 4. L’intervento della Corte – 5. Conclusioni
1. La questione. Da sempre dibattuti sono i criteri volti a ricercare il nesso di casualità materiale, in sede civile, inteso come la relazione intercorrente tra un atto o fatto e l’evento dannoso che ne discende.
A differenza del diritto penale ove il legislatore ha inteso definire la predetta relazione, in sede civile nulla è stato legiferato tanto che, per un primo periodo, si sono applicati, nonostante le divergenze, i criteri penalistici basati sulla rigida regola della prova “oltre il ragionevole dubbio” inteso in termini di quasi certezza.
2. Il nesso di causalità nel Diritto Penale. In ambito penale ai fini dell’esistenza del reato è necessario che tra la condotta posta in essere e l’evento determinatosi intercorra uno specifico legame ossia il c. d. nesso di causalità.
Tale esigenza è richiesta espressamente dall’articolo 40 del c.p. in base al quale <<Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione>>.
Concetto questo, rinvenibile anche dalla lettura dell’articolo 27 della Carta costituzionale il quale, nel sancire la personalità della responsabilità penale, configura la responsabilità penale esclusivamente per fatto proprio.
Il rapporto causale è trattato anche dal conseguente articolo 41, comma 1, c.p. il quale enuncia il principio di equivalenza causale stabilendo che un concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute sono conseguenza dell’evento. Si tratta del c. d. cumulo causale, ovverosia il determinarsi di un insieme di cause, soggette alla medesima legge, volte alla realizzazione di un unico evento.
Il successivo comma del predetto articolo, invece, prevede e stabilisce l’interruzione del nesso causale dovuto al sopravvenire di un evento che da solo è idoneo a provocare il danno.
Il legislatore, però, nel declinare tale fattispecie nulla dice in merito alla ricostruzione della nozione di causalità o alla definizione del criterio di accertamento.
Da ciò ne discende una intensa attività dottrinale e giurisprudenziale volta a elaborare una univoca nozione di causalità; tre sono state le principali teorie, tra loro contrastanti.
Secondo la prima teoria della “equivalenza delle condizioni” o della “condicio sine qua non”, causa dell’evento è rinvenibile nell’insieme degli antecedenti in assenza dei quali l’evento non si sarebbe verificato.
Una seconda teoria della “causalità adeguata”, sorta per ovviare al pericolo della eccessiva estensione del concetto di causa proprio della teoria condizionalistica, ritiene che causa dell’evento possa essere solo quella condizione che secondo la “comune esperienza” è maggiormente idonea a produrlo.
In estrema sintesi al fine dell’esistenza del rapporto di causalità necessario è che il soggetto agente abbia determinato l’evento mediante una azione che è adeguata a produrlo in base al normale sviluppo eziologico della vicenda.
In base alla terza teoria, ideata dall’Antolisei, si ritiene esistente una sfera d’azione che l’uomo può dominare in forza dei propri poteri conoscitivi e volitivi atteso che solo i risultati che rientrano in questa sfera possono considerarsi causati dall’uomo poiché anche se on voluti lo stesso era in grado di impedirli.
Dottrina e giurisprudenza, da tempo, sono conformi nell’attuare la teoria della condicio sine qua non seppur con qualche richiamo alla teoria della causalità umana ideata da Antolisei; scelta, questa, riaffermata a seguito della sentenza Franzese.
In estrema sinesi, in ambito penale la ricostruzione del fatto viene ancorata ad una probabilità logica e non più statistica, facendo riferimento allo standard probatorio dell’al di là di ogni ragionevole dubbio in applicazione del principio in dubio pro reo per il quale in assenza di certezza di colpevolezza è meglio rischiare di assolvere un colpevole che condannare un innocente.
3. Il nesso di causalità nel Diritto Civile. Al contrario di quanto avviene nel sistema penalistico, in cui la causalità trova una prima disciplina negli articoli 40 e 41 c.p., in sede civile il legislatore non ha inteso dedicare al nesso eziologico una apposita definizione e una apposita disciplina.
Tale “lacuna” normativa ha portato, in un primo momento, alla traslazione dei criteri di accertamento del nesso di causalità usati in sede penale.
Tale soluzione non è stata sostenibile in una ottica di lungo periodo in quanto la causalità civile risponde a esigenze e finalità diverse da quella penale.
La giurisprudenza, a proposito, ha osservato che non era più condivisibile la coincidenza dei concetti di causalità penale ben potendo la causalità civile, a differenza della prima, basarsi su regole di responsabilità dai criteri più elastici, secondo una lettura del rapporto causale collegata all’interazione dell’illecito con altre discipline siano esse scientifiche, economiche e sociali.
Approfondendo la ricerca dei criteri da utilizzarsi per accertare il legame esistente tra fatto illecito e danno si è rilevato che il quesito dell’accertamento del nesso eziologico concerne due distinti profili: un primo relativo alla ampiezza della responsabilità e un secondo relativo alle conseguenze dannose derivanti dalla predetta responsabilità.
A questi due profili giuridici corrispondono due distinti accertamenti eziologici e, conseguentemente, due diversi nessi di causa ossia il nesso di causalità relativa all’evento c.d. “causalità materiale” e il nesso relativo al consequenziale danno c.d.“causalità giuridica”.
A differenza del primo che intende stabilire se l’evento sia o meno addebitabile alla condotta materiale di un determinato soggetto, il secondo è diretto a assodarel’esistenza e l’ampiezza dei pregiudizi riconducibili all’evento dannoso.
Proprio con riferimento alle modalità di accertamento della c.d. causalità materiale si è recentemente espressa la Corte di Cassazione con la sentenza numero 16581 del 2019.
4. L’intervento della Corte. Il Supremo Consesso, intervenuto su un caso sottoposto alla sua attenzione, partendo dal presupposto che il nesso causale indica la misura della relazione probabilistica concreta tra condotta e fatto-evento dannoso in base alla quale un evento è da considerarsi causato da un altro allorquando non si sarebbe senza quest’ultimo verificato, ha riaffermato che al fine dell’accertamento del nesso materiale opera la regola della ascrivibilità in termini di preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non”.
Nello specifico, il predetto principio indica la misura della relazione probabilistica concreta intercorrente tra condotta ed evento dannoso mediante un apprezzamento non isolato bensì complessivo e organico dei singoli elementi indiziari o presuntivi a disposizione.
Di fatto, la Corte ha ritenuto necessario che nella valutazione della sussistenza o meno di un seppur minimo collegamento eziologico tra danno ed evento il giudice del merito deve improrogabilmente non limitarsi a un esame isolato di singoli rilevanti in quanto da soli insufficienti a fornire ragionevole certezza su una determinata situazione di fatto.
È auspicabile, anzi, che lo stesso compia una complessiva e organica valutazione nel quadro unitario dell’indagine probatoria, e il suo ragionamento non deve risultare viziato da illogicità o da errori giuridici, quale appunto è l’esame isolato dei singoli elementi della c.d. catena causale.
4. Conclusioni. Atteso che in sede civile non possono essere applicati i criteri utilizzati in sede penali, ove per la ricerca del nesso eziologico tra fatto e danno vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio”, ne discende che, in tema di illecito civile, il nesso di causalità materiale va accertato applicando il criterio del “più probabile che non” volto ad indicare la misura della relazione probabilistica intercorrente concretamente tra la condotta e l’evento dannoso unitamente all’apprezzamento complessivo e organico dei singoli elementi indiziari o presuntivi a disposizione.
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Gabriella Fabiani
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