Accesso civico generalizzato agli atti di esecuzione del contratto pubblico da parte del soggetto non aggiudicatario
La legge n. 241/90 sul procedimento amministrativo ha introdotto nell’ordinamento l’istituto dell’accesso procedimentale, volto a rendere effettivo il principio di trasparenza dell’attività amministrativa espressamente contemplato dall’articolo 1, comma 1 della suddetta legge. L’istituto de quo si pone come come strumento di controllo dell’attività amministrativa, ed altresì come livello essenziale di prestazioni che deve essere garantito al cittadino ex articolo 117, comma 2 della Costituzione.
Il diritto di accesso procedimentale viene disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge n.241 del 1990, la quale richiede per l’esercizio di suddetto diritto, che il soggetto vanti un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto di accedere. Vi deve cioè essere una situazione di meritevolezza del diritto di accesso vantato dal privato.
Sicché tale figura di accesso si differenzia, quanto al profilo soggettivo, dalle figure di accesso introdotte dall’articolo 5 del decreto legislativo n. 33/2013. Proprio tale norma ha introdotto nel nostro ordinamento due fattispecie differenti di accesso: il primo comma, infatti, prevede l’ipotesi di accesso civico, mentre il secondo comma contempla l’accesso civico generalizzato, entrambe con lo scopo di consentire un controllo diffuso sull’operato della P.A.
Tali forme di accesso si differenziano da quello procedimentale poiché non richiedono alcuna forma di legittimazione, potendo essere esercitate da chiunque. La ratio di ciò è evidente: il legislatore con tali forme di accesso civico ha voluto tutelare anche gli interessi che potrebbero essere pregiudicati dall’accesso ai documenti detenuti dalla P.A. in base alla legge n. 241/1990, permettendo così ai privati di accedere ai dati ed ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni anche ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione.
Proprio le differenze sostanziali tra le diverse figure di accesso presenti nel nostro ordinamento, hanno spinto la giurisprudenza ad aprire un acceso dibattito circa la loro applicabilità o meno nell’ambito della disciplina di esecuzione dei contratti pubblici delineata dall’articolo 53 del d. lgs. n. 50/2016.
Invero, l’articolo de quo afferma espressamente che, salvo quanto diversamente espresso nel codice dei contratti pubblici, il diritto di accesso che può essere esercitato nei confronti degli atti e delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è esclusivamente quello di tipo procedimentale ex art. 22 e seguenti della legge n. 241/1990.
Orbene, con riferimento al tenore letterale della norma sopra riportata, la giurisprudenza si è di recente interrogata sulla possibilità o meno per l’impresa non aggiudicataria di esercitare il diritto di accesso in relazione agli atti di esecuzione del contratto pubblico, pur difettando la stessa del requisito della legittimazione all’accesso richiesta dalla legge n. 241/1990 richiamata espressamente dall’articolo 53 del d.lgs. n. 50/2016.
Secondo un orientamento risalente del Consiglio di Stato, in tal caso, sarebbe precluso all’impresa non aggiudicataria arrivata seconda alla gara l’accesso agli atti di esecuzione del contratto pubblico, poiché prevarrebbe il dato letterale della norma che, richiamando l’articolo 22 della legge n. 241/1990, inevitabilmente richiamerebbe il presupposto di un interesse diretto concreto ed attuale ai fini dell’esercizio del diritto di accesso. Sicché, a parere di tale orientamento giurisprudenziale neppure sarebbe possibile esercitare le forme di accesso di cui all’articolo 5 comma 1 e 2 del d.lgs. n. 33/2013.
Più di recente, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è pervenuta ad ammettere la possibilità per l’impresa non aggiudicataria di esercitare il diritto di accesso generalizzato agli atti di esecuzione del contratto sulla base di un’interpretazione del diritto di accesso esercitato dalla impresa non aggiudicataria.
In particolare, Il consiglio di Stato, coerentemente con l’interpretazione giurisprudenziale della Corte di giustizia dell’Unione europea, ha interpretato l’interesse della non aggiudicataria come un interesse strumentale, finalizzato ad ottenere la caducazione del precedente contratto con l’aggiudicataria per inadempimento delle norme che regolano l’esecuzione, ottenendo così l’aggiudicazione della gara. (Cds sentenza n. 10/2020)
Sulla base di ciò, il Consiglio di Stato ha osservato che è consentito al non aggiudicatario di esercitare l’accesso civico generalizzato in assenza di una legittimazione ad esperire l’accesso ex l. n. 241/1990 in relazione agli atti attinenti alla gara e la documentazione relativa all’offerta. Non vi sarebbe alcun dubbio che quello stesso interesse ad accedere possa essere esercitato con l’accesso generalizzato in relazione agli atti di esecuzione del contratto.
Ciò perché, a parere di tale orientamento giurisprudenziale, l’interesse che è alla base dell’accesso agli atti della gara è il medesimo che viene esercitato successivamente all’aggiudicazione in relazione agli atti di esecuzione del contratto.
Muovendo da questa considerazione l’orientamento prevalente della giurisprudenza ha ritenuto che la norma dell’articolo 53 del d.lgs. n. 50/2016 vada interpretata come norma di tipo dinamico in grado di recepire, per effetto del rinvio alla legge 241/90 tutte le novità introdotte con l’accesso civico generalizzato, assicurando così l’effettiva vigenza del principio di trasparenza dell’attività amministrativa. Sicché, sulla base di tali considerazioni la giurisprudenza ha ammesso la riqualificazione da parte del giudice della domanda di accesso ex art. 22 della legge n. 241/1990 in accesso civico generalizzato laddove la domanda difetti dei requisiti previsti per l’accesso procedimentale.
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Sharon Serena Felaco
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