Acquisizione per inottemperanza dell’opera abusiva
L’Art. 31 TUE (D.P.R. n. 380/2001) individua le caratteristiche che rendono abusivo un intervento edilizio. È tale quello eseguito in assenza o in totale difformità dal titolo abilitativo necessario ex lege (permesso di costruire o scia ai sensi dell’Art. 23 comma 01) ovvero quello realizzato con variazioni essenziali rispetto al progetto approvato ai sensi dell’Art. 32 comma 1 TUE. Qualora ciò si verifichi, il Comune sarà vincolato ad ingiungerne la rimozione o la demolizione, per mezzo di un’ordinanza immediatamente esecutiva, notificata sia al proprietario che al responsabile dell’abuso. Il termine assegnato ai destinatari per procedere all’ottemperanza dell’ordine comunale è di 90 giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento: l’accertamento dello spirare di tale termine senza che i destinatari si siano attivati per la rimozione ed il ripristino, legittima l’Amministrazione procedente ad acquisire di diritto ed in via gratuita al proprio patrimonio indisponibile sia l’opera abusiva e relativa area di sedime, sia l’area ulteriore ritenuta necessaria per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, per una misura massima pari a dieci volte la complessiva superficie abusivamente costruita. A ciò si aggiunge l’irrogazione di un sanzione pecuniaria ai sensi del comma 4bis dell’Art. 31 TUE.
In base alla normativa vigente, dunque, il Comune è legittimato ad intervenire in due momenti distinti: in prima battuta mediante notifica dell’ordinanza di rimozione e demolizione del manufatto abusivo e poi, solo in via eventuale – in caso inottemperanza dell’ordine da parte dei destinatari – mediante provvedimento di acquisizione gratuita dello stesso manufatto. Si tratta, in entrambi i casi, di sanzioni amministrative dotate però di natura giuridica e finalità differenti. L’ordinanza di ripristino ha carattere reale e funzione ripristinatoria, mentre il provvedimento di acquisizione gratuita successivo ed eventuale, ha natura punitivo – afflittiva e deterrente. L’ordinanza di ripristino, dato il suo carattere reale, prescinde da ogni valutazione circa la sussistenza o meno di requisiti soggettivi di attribuibilità dell’illecito in capo al trasgressore, applicandosi, dunque, anche a colui che non abbia materialmente commesso la violazione, ma che si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto con la res tale da rendere possibile il ripristino della situazione violata e la rimozione delle conseguenze antigiuridiche. Il secondo provvedimento, è, invece, eventuale ed autonomo rispetto al precedente ed ha natura giuridica sanzionatoria vera e propria, applicabile soltanto qualora possa essere mosso un giudizio di responsabilità in capo al destinatario per avere egli posto in essere la duplice condotta, costituita, dapprima, nell’esecuzione di un’opera abusiva, seguita da quella di inadempimento all’obbligo comunale di demolirla. Data la sua natura giuridica, consegue il doveroso rispetto da parte della Pubblica Amministrazione delle garanzie tipiche afferenti la categoria delle sanzioni di carattere punitivo – afflittivo di cui quest’ultima fa parte. Occorre, innanzi tutto, poter muovere un giudizio soggettivo di responsabilità in capo al destinatario del provvedimento: così, ad esempio, il proprietario dell’immobile abusivo non potrà subire la perdita di proprietà dell’area di sedime qualora dimostri di non essere l’autore dell’abuso e di non aver compartecipato alla sua realizzazione ovvero di essersi seriamente attivato nei confronti dell’autore che abbia la disponibilità del bene, mediante diffide o altre iniziative di carattere ultimativo, per costringerlo ad eseguire la demolizione. L’amministrazione comunale dovrà inoltre rispettare i principi di proporzionalità ed adeguatezza, in particolare per quanto attiene alla fase di determinazione della sanzione, dovendo procedere entro il limite massimo legale stabilito, con la misura che sacrifichi la posizione soggettiva del privato in modo adeguato, necessario e strettamente proporzionale all’obiettivo di interesse pubblico perseguito, di cui dare atto nella motivazione del provvedimento acquisitivo.
Il provvedimento de quo, così come l’ordinanza di demolizione e ripristino, non implica l’esercizio do una potestà discrezionale da parte dell’Amministrazione, essendo lo stesso un atto dovuto, attivabile in via automatica a seguito della constatazione dell’avvenuto inadempimento. Si tratta, dunque, di un provvedimento a carattere vincolato, con la conseguenza che esso non necessiterà, ai fini di legittimità, della comunicazione di avvio del procedimento ex Art. 7 L. n. 241/1991. Non assumeranno inoltre alcuna rilevanza né il tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso, né l’affidamento eventualmente riposto dall’interessato sulla legittimità delle opere realizzate, né l’assenza di motivazione specifica sulle ragioni di interesse pubblico perseguite attraverso l’acquisizione, con l’unico limite suddetto della proporzionalità ed adeguatezza della misura che si intende acquisire.
Quanto, infine, agli effetti giuridici del provvedimento di acquisizione, occorre osservare come essi si producano in via automatica, e determinino l’acquisto al patrimonio indisponibile dell’Ente comunale dell’opera abusiva, nonché dell’area di sedime e dell’ulteriore porzione ritenuta necessaria ai fini pubblici. Si tratta, dunque, di un atto ablatorio reale, con cui l’amministrazione procedente acquista di diritto, a titolo originario e gratuito l’asset di beni puntualmente individuati nella antecedente ordinanza di demolizione e ripristino. L’acquisto della proprietà a titolo originario comporta che l’ipoteca e gli altri eventuali pesi e vincoli preesistenti vengono caducati unitamente al precedente diritto dominicale. A riguardo, Cassazione civile, sez. VI, con ordinanza n° 23453/2017, ha specificato come sia opponibile al creditore procedente, che abbia regolarmente trascritto il pignoramento con oggetto l’immobile abusivo, l’acquisizione a titolo originario dello stesso da parte del Comune ai sensi dell’Art. 31 TUE. È stata ritenuta fondata, pertanto, l’opposizione di terzo ex Art. 619 c.p.c. proposta dall’Amministrazione comunale avverso il pignoramento di un manufatto abusivo, seppur oggetto di precedente trascrizione da parte del creditore procedente. I giudici di legittimità assimilano all’acquisizione del bene abusivo al patrimonio indisponibile dell’Ente il perimento della res: in entrambe le circostanze, infatti, l’ipoteca eventualmente iscritta sull’immobile si estingue (ai sensi dell’art. 2878 c. 1 n. 4 c.c.). Il bene abusivo può, quindi, essere demolito e perire materialmente oppure, nel caso di acquisizione al patrimonio comunale, perire “giuridicamente”, tramutandosi così in una res extra commercium. La pronuncia in commento ribadisce quanto già espresso in precedenza dalla stessa Cassazione – Sez. III, n. 1693/2006, secondo cui: «con l’acquisizione di diritto gratuita al patrimonio del comune di opera edilizia abusiva si verifica l’estinzione dell’ipoteca antecedentemente iscritta quale effetto della natura originaria del titolo di acquisto che comporta la caducazione del precedente diritto di proprietà con i relativi pesi e vincoli e del perimento in senso giuridico, del bene ipotecato, destinato ad essere demolito o a permanere in via eccezionale per preminenti interessi pubblici».
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