Adempimenti fiscali nel sequestro antimafia
Il sequestro antimafia è disciplinato dal D.lgs. 159/2011 (anche Codice antimafia) all’art. 20, e viene disposto con decreto dell’autorità giudiziaria, principalmente quando si ha motivo di ritenere che i beni verso cui è rivolto siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Tale misura può coinvolgere anche le partecipazioni sociali e, quando disposta con riferimento alla totalità delle stesse, si parla di “sequestro tombale”, che si estende di diritto a tutta l’azienda.
Una volta disposta tale misura, si potrà avere, quale esito, o la confisca definitiva oppure la revoca del provvedimento, con la conseguenza – in tale ultimo caso – che il compendio sequestrato tornerà nella disponibilità del soggetto spossessato.
Le attuali disposizioni contenute nel Codice antimafia, distinguono la gestione dei beni diversi dalle aziende (art. 40) dalla gestione delle aziende sequestrate (art. 41), individuando specifiche direttive, principi e criteri ai quali il giudice, insieme all’Amministratore giudiziario, deve attenersi per tutta la durata della procedura.
Ci soffermeremo sulla seconda ipotesi.
La figura dell’Amministratore giudiziario interviene proprio con riferimento all’amministrazione dei beni oggetto di sequestro. L’incarico che questi viene chiamato a svolgere consiste, come disciplinato dal comma 5 dell’articolo 35 del D.lgs. 159 del 2011, nella “gestione, custodia e conservazione dei beni sequestrati anche nel corso degli eventuali giudizi di impugnazione, sotto la direzione del giudice delegato, al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni medesimi.”
Da tale dettame normativo si evince come la funzione di Amministratore giudiziario sia complessa ed impegnativa, assumendo questo, nel caso di sequestro di società, il coordinamento e la direzione delle stesse garantendone la prosecuzione laddove possibile, ai sensi dell’art. 41 del D.lgs. 159/2011.
Bisogna chiarire che il sequestro dell’azienda non incide sull’organizzazione delle società di capitale e sulle regole societarie, non operando alcuna revoca dell’organo amministrativo né alcun mutamento delle cariche sociali, in quanto, semplicemente, gli amministratori della società titolari dell’azienda sequestrata vengono sospesi dalle loro funzioni fino ad eventuale confisca o revoca della misura cautelare. Ed è proprio in conseguenza di ciò che per tutta la durata del sequestro, grava in capo agli Amministratori giudiziari il dovere di compiere una serie di attività dirette ad una diligente gestione e conservazione del compendio oggetto del provvedimento del giudice, facendo opportuna rendicontazione periodica allo stesso (comma 3 dell’art. 36 del D.lgs. 159/2011) alla quale si accosta poi, al termine del proprio operato, la relazione circa il rendiconto di gestione ex art. 43 D.lgs. 159/2011.
Nella maggior parte di tale amministrazione, per anni hanno rappresentato un problema: la disciplina degli adempimenti fiscali e l’individuazione del soggetto su cui questi gravavano.
Si tenga presente, d’altronde, che l’obbligato a tali adempimenti non corrisponde necessariamente al soggetto passivo delle imposte, trattandosi di due posizioni completamente diverse.
Facendo chiarezza sul punto infatti, si può definire – in via semplicistica – il primo come colui che è tenuto a presentare le dichiarazioni ai fini delle imposte ed al relativo pagamento, ed il secondo come il soggetto che ha prodotto o percepito un reddito su cui lo Stato è titolare di un credito.
Dunque nel caso di sequestro, viene meno – in capo al soggetto passivo – il presupposto essenziale per l’imposizione diretta che è quello sancito agli artt. 1 e 72 del TUIR consistente nel possesso dei redditi, dato che lo stesso dipende dall’incerto esito della procedura che potrebbe concludersi col passaggio della titolarità in capo allo Stato (in caso di confisca definitiva e quindi si avrebbe l’estinzione per confusione della posizione passiva ed attiva delle imposte), o col ritorno in capo al soggetto precedentemente titolare (in caso di revoca della misura). Ne diviene che l’Amministratore giudiziario opera in veste di rappresentante in incertam personam ovverosia un soggetto non ancora identificabile al momento dello svolgimento dell’incarico.
L’assenza di una normativa in grado di far chiarezza sulla problematica – eccezion fatta per l’art. 51, comma 3 bis, D.lgs. 1599/2011 – ha dato seguito ad una serie di interrogativi.
Primo fra tutti era quello di capire se fossero soggetti a tassazione i beni sequestrati e successivamente, in caso di risposta positiva, a chi facessero capo i relativi adempimenti.
Di grande utilità è stato l’intervento del Ministero delle finanze che nel 2000, con la circolare n. 156/E, ha chiarito come non si possa far beneficiare di alcuna esenzione i redditi prodotti lecitamente dai beni sequestrati, e che dunque gli stessi devono necessariamente essere assoggettati a tassazione, facendo riferimento alle ordinarie categorie di reddito previste dal TUIR In caso contrario infatti, qualora la procedura instaurata dovesse concludersi con la revoca del sequestro, si verrebbe a configurare – per il soggetto indiziato – un’ingiustificata esenzione fiscale per i redditi prodotti durante la fase cautelare.
Con riferimento al soggetto obbligato agli adempimenti fiscali invece, la stessa circolare ha ritenuto applicabile all’amministrazione giudiziaria la medesima disciplina relativa all’eredità giacente, per come delineata all’articolo 187 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), ed all’articolo 5-ter del DPR 22 luglio 1998, n. 322. Ciò comportando l’assimilazione della figura dell’Amministratore giudiziario a quella del Curatore dell’eredità giacente; mentre il soggetto passivo d’imposta sarà, retroattivamente o l’indiziato, o lo Stato in base all’esito – come già detto – della procedura in corso.
In conseguenza di ciò, applicando in via analogica l’art. 5-ter del DPR n. 322/1998, si manifesta l’obbligo per l’Amministratore giudiziario di presentare, nei termini ordinari, le dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta interessati dall’amministrazione giudiziaria, ad esclusione del periodo d’imposta nel corso del quale la stessa cessare. Chiaramente quanto appena detto vale solo nel caso di sequestro tombale, perché laddove la misura dovrebbe essere stata applicata solo ad un ramo d’azienda, gli obblighi di cui trattasi permarranno in capo all’indiziato per la parte su cui conserva l’amministrazione.
In tale ultima circostanza sarà opportuno adottare una contabilità separata ex art. 36 del d.P.R. n. 633 del 1972, in modo da evitare confusione soprattutto con riferimento ad eventuali violazioni poste in essere dall’indiziato o dall’Amministratore giudiziario che ne risponde, parimenti al primo, ai sensi del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
Anche l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 70/E del 29 ottobre 2020 è intervenuta sugli adempimenti fiscali in caso di sequestro, chiarendo come l’Amministratore giudiziario fosse tenuto a:
presentare le dichiarazioni relative al periodo d’imposta anteriore a quello in cui è stata adottata la misura cautelare, per le quali non sia scaduto il relativo termine di presentazione alla data di consegna dei beni;
Determinare, in via provvisoria, la redditività dei beni sequestrati, assoggettandoli a tassazione con riferimento alle categorie di reddito previste dall’articolo 6 del TUIR, con le medesime modalità applicate prima del sequestro (fatta eccezione per la determinazione del reddito dei beni immobili oggetto di sequestro, che è invece disciplinato dal già citato art. 51, comma 3-bis, del Codice delle leggi antimafia);
presentare, nei termini ordinari, le dichiarazioni relative ai periodi d’imposta interessati dall’amministrazione giudiziaria – eccezion fatta per il periodo d’imposta in cui la stessa cessa – ed infine versarne le relative imposte.
Un intervento, questo, che con una certa incisività ha impattato nelle tematiche analizzate nel presente articolo, e che ha trovato ulteriore conferma nel recente interpello n. 277 del 19 maggio 2022 (sempre dell’Agenzia delle Entrate), in cui si è nuovamente ribadito tale assunto, riconoscendo nell’Amministratore giudiziario nominato dal giudice la persona in capo alla quale spetta l’onere di adempiere agli obblighi di fatturazione, registrazione, liquidazione e presentazione della comunicazione delle liquidazioni periodiche e della dichiarazione annuale, in luogo e per conto del soggetto spossessato, per l’intero periodo di affidamento dell’incarico risultante dal provvedimento del giudice.
In conclusione si può dunque affermare che la nomina ad Amministratore giudiziario, nel caso di sequestro tombale, comporta l’ingresso in tutte le dinamiche facenti capo all’indagato spossessato, che permangono in capo al soggetto incaricato fino alla revoca della misura applicata con esclusione dell’anno di esercizio in corso. E chiaramente, come abbiamo visto dalla disamina effettuata, gli adempimenti fiscali nelle more di tale procedura, non solo permangono, ma fanno capo alla figura dell’Amministratore giudiziario che vi dovrà provvedere autonomamente insieme a tutti gli altri atti di ordinaria amministrazione.
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Avv. Emmanuele Zappatore
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