Adozione di minore, tra normative e pronunce giurisprudenziali

Adozione di minore, tra normative e pronunce giurisprudenziali

Sommario: 1. Profilo generale dell’istituto – 2. Adozione di minore – 3. Adozione in casi particolari – 4. Adozioni internazionali

 

1. Profilo generale dell’istituto

La legislazione inerente al diritto delle adozioni è mutata notevolmente nel corso degli anni. Tuttavia, una delle innovazioni più grandi è quella che rappresenta la motivazione all’adozione. Inizialmente l’adozione aveva lo scopo di consentire ad un soggetto, senza figli, di età pari o superiore a cinquant’anni, di adottare una persona a cui trasmettere il proprio cognome ed i propri beni. L’interesse primario era quindi rivolto al genitore adottivo. La grande innovazione sarà quella di passare da una visione totalmente incentrata sulla figura adottante, ad un sistema incentrato sull’esclusivo interesse dell’adottato, con particolare attenzione alla sua tutela e ad assicurare la migliore condizione possibile nel nuovo contesto familiare cui andrà a vivere.

Da un punto di vista normativo, oltre agli articoli presenti nel titolo VIII del codice civile, la materia è disciplinata dalla legge n°184 del 4 maggio 1983, in parte ampliata con la successiva legge n°149 del 2001.

L’adozione può avvenire entro i confini nazionali o procedere con un’adozione internazionale. Organo predisposto è il tribunale dei minorenni, in collaborazione con i servizi sociali, i quali hanno il delicato compito di valutare il grado di affidabilità dei futuri genitori. In caso di responso positivo da parte dei servizi sociali, il giudice dichiara l’idoneità della coppia all’adozione. 

La coppia deve essere sposata da un minimo di tre anni. Inoltre, sono da tenere presenti i limiti di età, infatti chi intende adottare deve avere una differenza di età con l’adottato di almeno diciotto anni, e non più di quarantacinque. 

2. Adozione di minore

Il fine dell’adozione è quello di inserire il minore in un contesto familiare capace di accudirlo, educarlo ed istruirlo. Il fanciullo può essere adottato quando il tribunale per i minorenni attesta lo stato di abbandono da parte della famiglia biologica. Lo stato di abbandono si sostanzia non solamente con l’abbandono materiale ma anche sotto il profilo morale. C’è quindi necessità di trovare una nuova famiglia che sostanzialmente si occupi del soggetto in questione. È doveroso precisare che lo stato di abbandono si deve protrarre nel tempo per un periodo illimitato e non per un breve periodo causato da eventi non imputabili ai genitori. 

Lo stato di abbandono è accertato dal tribunale dopo attenta indagine e, dove possibile, sentiti anche i genitori biologici. 

Trovata la famiglia desiderosa di adottare, prima dell’effettiva adozione vi è un periodo di affidamento preventivo (della durata di un anno) con lo scopo di verificare l’inserimento del minore nel nuovo contesto abitativo. Nell’ipotesi di esito positivo di tale periodo “di prova” il minore cesserà ogni relazione con la famiglia di origine e diventerà figlio dei coniugi adottanti con il riconoscimento di tutti i diritti attribuiti ai figli naturali.

Con il trascorrere del tempo, nello specifico con la crescita del bambino, capita sempre più frequentemente che l’adottato voglia venire a conoscenza delle proprie origini, ovvero sapere chi sono i genitori biologici e le motivazioni che lo hanno condotto lontano da loro per essere inserito in una nuova famiglia. 

Tali informazioni se richieste ai genitori adottivi, questi sono tenuti a fornire le risposte con modalità atte a non creare situazioni traumatiche al figlio, altrimenti, possono essere richieste dall’adottato al compimento del venticinquesimo anno di vita o con il raggiungimento della maggiore età  (se ci sono motivi legati alla sfera psico – fisica del soggetto) a enti privati o pubblici, i quali possono presentare documenti o rilasciare le informazioni richieste solamente a seguito di autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria. 

La Corte Costituzionale ha dichiarato con sentenza n° 278 del 2013, illegittimo l’art. 28 comma 7 della legge 184/1983 relativo all’accesso alle informazioni verso la madre rimasta anonima dopo il parto. A seguito di tale pronuncia, è intervenuta anche la Corte di Cassazione, infatti, in tale contesto, rilievo assume la sentenza del 2017 n°1946 (Corte di Cassazione) ove viene stabilito che il giudice può interpellare ove sia stata rintracciata, a seguito di richiesta dell’adottato, la madre biologica anche laddove questa abbia richiesto di rimanere anonima nel momento del parto. Compito del giudice, più in generale del tribunale per i minorenni, nel momento in cui viene interpellata la madre biologica, è chiederle se vuole continuare a mantenere il suo status o se vuole conoscere suo figlio. La madre ancora certa di mantenere l’anonimato ha il diritto di rimanere tale, tutelata anche dal diritto alla riservatezza.

3. Adozioni in casi particolari

La disciplina in questione è regolamentata dagli articoli da 44 a 57 della già citata legge 184/1983.

Tra i casi particolari di adozione rientra: il minore rimasto orfano di ambedue i genitori, il quale può essere adottato  anche da parenti o comunque da soggetti con cui già aveva un rapporto stabile; l’adozione del figlio da parte di uno dei genitori biologici, ora coniugato con altra persona; il minore orfano di tutti e due i genitori ed affetto da handicap.

Il minore adottato, in tali ipotesi, acquisterà il cognome della famiglia adottiva anteposto però al cognome originario, in quanto i rapporti con la parentela d’origine non vengono a mancare come invece avviene nell’adozione ordinaria.

In tale scenario non possono non essere citate alcune recenti pronunce giurisprudenziali, nello specifico le sentenze n° 79 del 2022 della Corte Costituzionale e la n° 12962 del 2016 della Corte di Cassazione. 

La pronuncia della Corte Costituzionale rappresenta un ulteriore passo avanti nell’equiparazione tra i figli naturali e quelli adottati. Tale pronuncia infatti dichiara illegittimo l’art. 55 della legge 184/1983, in quanto tale articolo rappresenta una discriminazione verso il minore adottato in casi particolari poiché non gli viene concessa la possibilità di avere rapporti legittimi con i parenti dell’adottante. Il non avere relazioni (giuridiche) con i parenti non garantisce la totale appartenenza al nucleo familiare dell’adottante e, oltre ciò, vi è un contrasto con i principi sanciti a livello costituzionale negli art. 3,30,31 della nostra Costituzione.

La pronuncia della Corte di Cassazione (la 12962/2016) va a lambire una tematica al giorno d’oggi molto attuale: le unioni civili. Nello specifico, la sentenza riguarda l’adozione della figlia (nata tramite fecondazione assistita) della compagna dell’adottante. Viene qua fatto riferimento al fenomeno dello “stepchild adoption” (adozione del figlio da parte dell’altro partner nelle coppie formate da soggetti dello stesso sesso). Tale pronuncia segna indubbiamente un progresso dell’istituto delle adozioni (in casi particolari) ampliando il novero dei soggetti legittimati ad adottare ed allo stesso tempo rappresenta un ampliamento dei diritti delle unioni civili (riconosciute dallo Stato con la legge n° 76 del 20/05/2016).  

4. Adozioni internazionali

L’istituto ha l’intento di rendere concreto il desiderio dei genitori che hanno l’intenzione di adottare un minore al di fuori dei confini nazionali. 

Quando viene fatto riferimento a tale tipologia di adozione viene presa in considerazione l’adozione di minore straniero da parte di genitori italiani, e l’adozione di minore italiano da parte di genitori stranieri o residenti all’estero. Le relazioni tra Stati, che necessariamente devono intercorrere, sono possibili anche grazie alla convenzione dell’Aja del 1993, e la successiva legge di attuazione n° 476 del 1998. 

I genitori italiani che intendono adottare un minore non italiano, devono presentare, presso il tribunale dei minori, una dichiarazione per la disponibilità ad adottare. Avvenuti i necessari accertamenti (per verificare l’idoneità all’adozione), il tribunale può decretare la loro compatibilità. I futuri genitori dovranno rivolgersi agli enti preposti per procedere con le successive pratiche tra cui l’incontro con il minore, e le formalità per il suo ingresso  in Italia. 

Con l’ingresso del minore nel nuovo contesto familiare, esso acquista, come statuito dalla legge n°91 del 1992, cittadinanza Italiana, in quanto l’adozione è avvenuta da cittadini italiani. 

Procedimento diverso invece si riscontra nella possibilità in cui il minore è italiano ma stranieri sono i genitori che intendo adottare. Qua, i genitori dovranno inviare la richiesta al console italiano presente nel loro paese, il quale provvederà a farla pervenire al tribunale per i minorenni sito nel luogo in cui dimora il minore. 

Per il minorenne straniero, che risulta in stato di abbandono in territorio italiano, verrà ad applicarsi interamente la legge italiana in materia di adozione ed affidamento, come indicato all’art. 37 bis della legge n° 184/1983.

La Corte di Cassazione, a sezioni unite, si è espressa, ponendo un limite all’idoneità all’adozione. La sentenza di riferimento è la n°13332 del 2010. Tale pronuncia va ad incidere sull’emissione dei decreti di idoneità per l’adozione di minori. Nello specifico viene stabilito che laddove la coppia esprimesse preferenze discriminatorie per la scelta del minore, tali manifestazioni potranno essere valutate dal giudice per stabilire se la coppia è o non è idonea a creare un contesto familiare con un minore. Laddove la coppia adottante persiste sul profilo discriminatorio, il certificato di idoneità non sarà rilasciato.

Infatti, i genitori adottivi  non possono chiedere che per essere da loro adottato, il bambino o la bambina, corrisponda a caratteristiche da loro scelte, ma devono rispettare i tratti personali (sia psichici che fisici) del minore senza discriminazione alcuna.


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