Adozione: l’allontanamento definitivo del minore dal suo nucleo familiare, tra frattura con il passato e la necessità di ricostruirlo
La disciplina sull’adozione risponde alla tutela dell’interesse del minore, che versa in uno stato di abbandono, a vivere e crescere in un ambiente favorevole al suo sviluppo.
La Convenzione di New York dei diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 dispone all’art. 21 che “Gli Stati parti che ammettono e/o autorizzano l’adozione, si accertano che l’interesse superiore del fanciullo sia la considerazione fondamentale in materia”.
La Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale de L’Aja il 29 maggio 1993, ratificata in Italia con legge n. 476/1998, cita nel preambolo il the best interest of the child, “per lo sviluppo armonioso della sua personalità, il minore deve crescere in un ambiente familiare, in un clima di felicità, d’amore e di comprensione” e per il raggiungimento di tale finalità si sollecita l’intervento degli Stati affinché adottino le misure di volta in volta necessarie per far garantire al minore la vita all’interno del nucleo familiare d’origine.[1]
La disciplina internazionale e le norme interne sanciscono il diritto del minore a vivere nella propria famiglia considerando il suo allontanamento definitivo dal nucleo familiare come un trauma che deve essere evitato quando sia possibile un intervento meno incisivo; l’adozione, quindi, non soddisfa il bisogno degli adulti alla genitorialità, ma ha come prioritario fine quello di tutelare il minore. [2]
L’adozione introdotta nell’ordinamento dalla legge n. 184 del 1983 afferma come sia preminente il diritto del minore di crescere nel proprio nucleo familiare e soltanto quando questo non appare possibile, è opportuno che sviluppi la propria personalità in un contesto familiare idoneo al raggiungimento di tale scopo; l’adozione è un’extrema ratio che verrà disposta ogniqualvolta la situazione nella famiglia d’origine sia ritenuta lesiva, con la finalità di tutelare il minore assicurandogli di vivere in un contesto che, seppur diverso da quello familiare, sia idoneo a guidarlo nella sua crescita e in grado di intrattenere con lo stesso uno scambio affettivo reciproco.
I genitori adottivi sono investiti del difficile compito di fornire al figlio gli strumenti per la costruzione della sua identità personale creando una continuità con il passato e portando a conoscenza dello stesso della sua condizione; dovranno dialogare e stimolare il figlio nella crescita affinché si svolga nella maniera più armoniosa possibile alla ricerca del proprio sé e valorizzando capacità e aspirazioni.
Dovranno quindi essere guide presenti e costanti, capaci di offrire al minore quel clima sereno che la sua famiglia d’origine non era in grado di assicurare.
L’esperienza di ciascuno è contraddistinta dall’interrogarsi sulle proprie origini e sulla propria persona e questo bisogno di risposte è maggiormente sentito da colui che è stato adottato il quale, talvolta, si trova a scontrarsi con fantasmi del passato e traumi irrisolti.[3]
Il legame dell’adottato con la famiglia di origine si recide, ma la personalità del minore continuerà ad essere influenzata dalle figure e dalle esperienze che hanno caratterizzato il suo vissuto precedente all’adozione stessa[4]; i sentimenti che caratterizzano il passato della coppia che si avvicina all’adozione, talvolta connessi all’impossibilità della stessa di procreare naturalmente, si scontrano con il dolore del minore nel vivere l’abbandono, opportuno è un dialogo profondo tra il figlio e il nuovo nucleo genitoriale tale da essere alla base delle future relazioni che legheranno gli stessi.
Un dialogo necessario affinché il minore possa sentirsi amato e accettato, e che non tenti di cancellare gli elementi connessi alla sua identità biologica ma che ne tenga conto nei limiti essenziali per costruire il proprio sé serenamente, libero da condizionamenti del passato; il figlio adottivo in quanto figura più fragile e sensibile del nucleo familiare necessita una particolare tutela e attenzione.[5]
L’adozione si definisce piena o legittimante quando il minore è collocato in un contesto familiare, diverso da quello di origine, che appare dotato degli strumenti necessari per il suo sviluppo materiale e spirituale, il legame con la famiglia d’origine viene spezzato definitivamente e sopraggiungerà un nuovo legame con le figure degli adottanti; contestualmente alla pronuncia di adozione non continueranno a sussistere rapporti giuridici e di fatto tra minore e famiglia d’origine, ciò in quanto si ritiene che una frattura così netta con il passato possa produrre degli effetti positivi per il buon esito dell’adozione e per il minore stesso.
L’adozione internazionale, si contraddistingue dalla possibilità di adottare un minore da parte di coniugi residenti in uno Stato diverso da quello del bambino.
È l’ipotesi in cui il minore abbia una nazionalità diversa rispetto ai genitori adottivi; secondo l’art. 21 lett. b della Convenzione dei diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 “l’adozione all’estero può essere presa in considerazione come un altro mezzo per garantire le cure necessarie al fanciullo, qualora quest’ultimo non possa essere messo a balia in una famiglia, oppure in una famiglia di adozione, oppure essere allevato in maniera adeguata”.
Nel preambolo della Convenzione de L’Aja del 29 maggio 1993 si sottolinea come “l’adozione internazionale può offrire l’opportunità di dare una famiglia permanente a quei minori per i quali non può essere trovata una famiglia idonea nel loro Stato di origine”.
Con la sentenza di adozione si produrranno gli effetti di cessazione dei rapporti con la famiglia di origine, l’adozione, infatti, determina il mutamento dello status familiare del soggetto coinvolto in quanto questo conseguirà lo status di figlio degli adottanti acquisendone il cognome; ne conseguiranno una serie di rapporti tanto personali che patrimoniali e agli adottanti spetteranno i doveri indicati all’articolo 147 del Codice civile[6], l’adempimento dei quali era in capo ai genitori biologici.
Affinché si possa procedere all’adozione necessario è il possesso di alcuni requisiti indicati all’articolo 6 della legge n. 184 del 1983, i coniugi devono essere uniti in matrimonio da almeno tre anni e non deve sussistere tra gli stessi una separazione personale, la richiesta di adozione deve essere congiunta e devono essere considerati spiritualmente[7] e materialmente idonei per la guida del minore nello sviluppo della sua personalità e crescita, secondo quanto disposto dall’articolo 6 comma 2 e, infine, devono avere un’età che superi di almeno diciotto anni e non più di quarantacinque quella dell’adottando.
Il soggetto che sarà adottato deve rispondere alle caratteristiche indicate all’articolo 7; deve essere minore di età al momento dell’affidamento preadottivo, se il minore ha compiuto 14 anni l’adozione dovrà sottostare al suo preventivo consenso, se ha compiuto 12 anni deve essere sentito e se di età inferiore sarà ascoltato valorizzando la sua capacità di discernimento, la norma vuole così valorizzare il ruolo del minore tenendo conto della sua volontà al momento dell’adozione.[8]
Il minore deve trovarsi in una situazione di abbandono[9] e, per poter procedere all’adozione, è necessaria la dichiarazione resa dal tribunale dei minorenni riguardante il suo stato di adottabilità; l’iter procedimentale che contraddistingue l’adozione si compone in tre momenti: la dichiarazione di adottabilità a cui segue l’affidamento preadottivo che culminerà con il provvedimento di adozione vero e proprio, conclusivo del procedimento.
L’adozione in casi particolari è, invece, contraddistinta dalla creazione di un rapporto di filiazione adottiva che si aggiunge ma non si sostituisce al rapporto con la famiglia d’origine; è idonea ad intervenire ogniqualvolta per tutelare il diritto del minore a crescere in un nucleo familiare non sussistono le condizioni per l’adozione piena, ma comunque è opportuno procedere all’adozione.[10]
L’art. 44 della legge n. 184 del 1983 disciplina quattro ipotesi di adozione in casi particolari; le ipotesi previste sono tassative, residuali e delimitate in maniera precisa, quanto, invece, disciplinato alla lettera D dall’art. 44 prevede la possibilità di un’interpretazione elastica idonea a tutelare situazioni non rientranti nell’adozione legittimante.
L’esperienza dell’adozione mite è per certi versi simile alle forme inglesi e statunitensi dell’open adoption, l’adozione aperta, rientrante nelle ipotesi previste dell’adozione in casi particolari, art. 44, lett. d. legge n. 148/1983; si contraddistingue dalla continuità dei rapporti giuridici tra minori e genitori biologici a cui si aggiungerà la relazione che lega il minore agli adottanti.
L’adozione aperta non può essere definita come una seconda nascita ma valorizza la continuità identitaria del minore, assicurando in tal modo il suo sviluppo.[11]
Non recidendo i rapporti con la famiglia viene definita con la terminologia mite, contrapponendola all’adozione legittimante definita come forte, mediante la quale si interrompono risolutivamente i rapporti con i genitori biologici.
L’adozione mite si svolge mediante un lento passaggio del minore dal nucleo familiare d’origine a quello adottivo in quanto, sussistendo una situazione di semiabbandono permanente, il bambino necessita di un nuovo nucleo familiare; i rapporti tra minore e i due nuclei familiari dovranno primariamente perseguire l’interesse del minore.[12]
Continuando a sussistere i rapporti tra minore e genitori biologici, nonostante sia intervenuta l’adozione, i minori non perdono un pezzo importante della loro identità; direttamente o mediante l’intervento dei servizi sociali il minore potrà mettersi in contatto con la famiglia di origine per avere notizie sulla stessa ed è, talvolta, possibile concordare incontri tra gli stessi.[13]
L’adozione mite trova applicazione quando il minore abbandonato sia collocato in un’altra famiglia con la quale ha instaurato un rapporto affettivo tale che un eventuale allontanamento dalla stessa comporterebbe un danno irreparabile; in questa situazione sussiste l’impossibilità di procedere con l’affidamento preadottivo in quanto sarebbe in contrasto con l’interesse del minore stesso. [14]
L’esperienza dell’adozione mite ha origine nel giugno del 2003 come prassi giudiziaria autorizzata dal Consiglio superiore della magistratura nel Tribunale per i minorenni di Bari, con l’obiettivo di promuovere la deistituzionalizzazione dei minori, che si sarebbe dovuta concludere nel dicembre del 2006, e di trovare una soluzione idonea per far fronte a peculiari circostanze con riferimento all’adozione e all’affidamento familiare.[15]
[1] Tale disciplina è ripresa dall’art 1 della legge n. 184/1983
[2]E. AVEZZU’, L’interesse del minore nelle procedure di adozione nazionale e internazionale, Minori Giustizia: Rivista interdisciplinare di studi giuridici, psicologici, pedagogici e sociali sulla relazione fra minorenni e giustizia, Franco Angeli, Milano, 2011, p. 192-200
[3]R. NISTRI, C. ADAMI LAMI, Adozione e identità, Rivista di sessuologia. GEN./MAR., CLUEB, Bologna, 2001, pp. 32-36
[4]F. VITRANO, E. MORELLO, I legami affettivi nell’adozione tra trauma di maltrattamento e trauma di abbandono, Minori Giustizia: Rivista interdisciplinare di studi giuridici, psicologici, pedagogici e sociali sulla relazione fra minorenni e giustizia, Franco Angeli, Milano, 2009, pp. 1-13
[5]F. CERULLO, Crisi nelle adozioni e tutela dei minori, Minori Giustizia Rivista interdisciplinare di studi giuridici, psicologici, pedagogici e sociali sulla relazione fra minorenni e giustizia, Franco Angeli, Milano, 2020, pp. 142-147
[6] L’art. 30 della Costituzione ha concreta attuazione nell’art. 147 del c.c. secondo il quale spettano ai coniugi i doveri di mantenimento, istruzione e educazione dei figli.
[7] L’idoneità affettiva dei futuri genitori adottanti è valutata nell’interesse del minore, valutazione che avverrà caso per caso e non costituiscono cause di inidoneità il possesso di malattie o menomazioni fisiche o psichiche tali da non incidere sullo svolgimento dei doveri genitoriali che sussisteranno in capo agli adottanti. App. Napoli, 30 gennaio dal 2001 n. 563; App. Trento, 4 giugno 1999, in Famiglia e diritto, 1999, p. 564
[8] Cassazione civile, sezione I, 26 luglio 2000, n. 9802
[9] La situazione di abbandono fa riferimento all’assenza di assistenza spirituale e materiale da parte non soltanto del nucleo familiare ma anche dei parenti entro il quarto grado che sono per legge tenuti a tale adempimento; necessario è che tra minore e almeno una di tali figure sia in corso un rapporto significativo, in quanto la semplice volontà di adempiere ai suddetti compiti non soddisfa i requisiti richiesti. Questa situazione non è connessa all’impossibilità di provvedere all’assistenza materiale del minore, in quanto in tali casi sarà lo Stato a dover intervenire sostenendo le famiglie che si trovino in difficoltà, promuovendo il diritto del minore di crescere nel contesto familiare di appartenenza.
La Cassazione afferma come le carenze materiali ed affettive del minore dovranno essere valutate in seguito ad una accurata verifica e alla presenza di un grave pregiudizio per il minore che appare di impossibile risoluzione nel tempo: soltanto tale situazione è idonea al fine della dichiarazione di adottabilità. Cassazione civile, sezione I, 10 agosto 2006, n.18113, Cassazione civile, sezione I, 28 ottobre 2006, n. 18113. La situazione di abbandono sussiste anche quando “Vi sia una situazione di fatto di estrema conflittualità tra i componenti della famiglia di origine del minore, compresi i nonni” Cassazione civile, sezione I, 31 marzo 2010, n. 7961, in Giur. it, Utet, Torino, 2011, p.297
[10] L’adozione in casi particolari è ammessa in ipotesi tassativamente indicate dall’articolo 44 della legge 184 della 1983
[11] M. CASONATO, Adozione e mantenimento dei legami: una revisione della letteratura psicologica sull’adozione aperta, Minori Giustizia Rivista interdisciplinare di studi giuridici, psicologici, pedagogici e sociali sulla relazione fra minorenni e giustizia, Franco Angeli, Milano, 2014 pp. 41-49
[12]R. CASSIBBA, S. ABBRUZZESE, A. COSTANTINI, S. GATT, L’adozione mite: giudici professionali e giudici onorari a confronto, Minori Giustizia: Rivista interdisciplinare di studi giuridici, psicologici, pedagogici e sociali sulla relazione fra minorenni e giustizia, Franco Angeli, Milano, 2009, pp. 1-11
[13] C. BENINI, Adozione e ricerca delle origini ai tempi di Facebook, Terapia Familiare: Rivista interdisciplinare di ricerca ed intervento relazionale, Franco Angeli, Milano, 2017, pp. 27-46
[14] F. OCCHIOGROSSO, I percorsi comuni alle due adozioni, adozioni aperte e conoscenza delle origini, Minori Giustizia: Rivista interdisciplinare di studi giuridici, psicologici, pedagogici e sociali sulla relazione fra minorenni e giustizia, Franco Angeli, Milano, 2003, pp. 1-22
[15] Per approfondimenti sulle modalità e sulle origini dell’adozione mite: F. OCCHIOGROSSO, L’adozione mite due anni dopo, Minori Giustizia: Rivista interdisciplinare di studi giuridici, psicologici, pedagogici e sociali sulla relazione fra minorenni e giustizia, Franco Angeli, Milano, 2005, pp. 149 ss
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Alessia Gentile
Dott.ssa in Giurisprudenza, praticante avvocato abilitato al patrocinio sostitutivo.
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