Adunanza Plenaria, 5/2018: la responsabilità precontrattuale della P.A. prima dell’aggiudicazione
“Nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell’aggiudicazione, nell’ambito in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento.
La responsabilità precontrattuale della Pubblica amministrazione può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede.
Affinché nasca la responsabilità dell’amministrazione non è sufficiente che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva (ovvero che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose), ma occorrono gli ulteriori seguenti presupposti: a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà; b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo; c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’amministrazione.”
Con ordinanza n. 5492/17 del Consiglio di Stato, l’Adunanza Plenaria è stata chiamata ad individuare i precisi confini entro cui le condotte della Pubblica Amministrazione, tenute nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, possano dar luogo a responsabilità precontrattuale. L’ordinanza ha sollevato un duplice quesito di diritto: “1. Se la responsabilità precontrattuale sia o meno configurabile anteriormente alla scelta del contraente, vale a dire della sua individuazione, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono solo partecipanti ad una gara e possono vantare un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione. 2. Se, nel caso di risposta affermativa, la responsabilità precontrattuale debba riguardare esclusivamente il comportamento dell’amministrazione anteriore al bando, che ha fatto sì che quest’ultimo venisse comunque pubblicato nonostante fosse conosciuto, o dovesse essere conosciuto, che non ve ne erano i presupposti indefettibili, ovvero debba estendersi a qualsiasi comportamento successivo all’emanazione del bando e attinente alla procedura di evidenza pubblica, che ne ponga nel nulla gli effetti o ne ritardi l’eliminazione o la conclusione.”
Prima di analizzare quanto statuito dalla pronuncia n. 5 del 2018 dall’Adunanza Plenaria, è opportuno ripercorrere, brevemente, le tappe evolutive della responsabilità precontrattuale della P.A.
A partire dagli anni Sessanta, la giurisprudenza ha gradualmente superato la tesi di derivazione sandulliana, in base alla quale la posizione di supremazia della P.A. veniva considerata di intralcio alla piena operatività di molteplici norme di diritto privato. In particolare, l’agere pubblico, la discrezionalità amministrativa, la presunzione di correttezza della P.A., sono stati considerati per lungo tempo veri e propri ostacoli all’affermarsi della responsabilità precontrattuale in capo ad un soggetto pubblico.
I primi passi verso il superamento della tesi restrittiva, un tempo prevalente, si sono registrati nell’ambito dell’attività iure privatorum della P.A., ossia quella in cui l’amministrazione agisce come contraente, instaurando con i privati un rapporto assimilabile a quello che si viene a creare tra soggetti di diritto comune. Sicché, inizialmente, la giurisprudenza ha ritenuto configurabile una responsabilità precontrattuale della P.A. esclusivamente entro questi confini. Di converso, nell’ambito delle gare pubbliche, continuava ad essere negato ogni spazio applicativo alla culpa in contraendo ex artt. 1337 e 1338 c.c.
Successivamente, grazie all’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha attraversato l’intero diritto amministrativo, si è definitivamente affermata la compatibilità tra responsabilità precontrattuale della P.A. e procedimenti ad evidenza pubblica. A tal proposito, emblematica è la sentenza n. 11656/2008 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con cui si è risolutivamente stabilito che i doveri di correttezza e buona fede di cui all’art. 1337 c.c., non solo devono essere osservati anche dall’amministrazione, ma si attagliano perfettamente anche alle procedure ad evidenza pubblica. La responsabilità precontrattuale è “una responsabilità da comportamento e non da provvedimento che […] postula unicamente la lesione dell’affidamento dell’altra parte nella fase formativa del contratto”.[1] Dunque, anche in presenza di provvedimenti legittimi – come la revoca degli atti di gara – può configurarsi una responsabilità precontrattuale da comportamento illecito in capo all’amministrazione, sempre che la gara “sia giunta ad uno stadio tale da avere ingenerato nel concorrente la ragionevole aspettativa di stipulare il contratto” e “solo con l’aggiudicazione [definitiva] può dirsi sorto un affidamento meritevole di tutela e risarcibile a titolo di responsabilità precontrattuale”. (cfr. Consiglio di Stato n. 1864 del 2015).
Invero, secondo un primo e risalente orientamento della Corte di Cassazione, seguito anche dalla giurisprudenza amministrativa, ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale della P.A., è necessario che, tra quest’ultima ed i privati, si instauri una specifica relazione assimilabile allo svolgimento delle trattative. Queste ultime, in un procedimento ad evidenza pubblica, sussistono soltanto dopo che sia intervenuta l’aggiudicazione della gara. La fase pubblicistica della procedura ad evidenza pubblica, infatti, è incompatibile con l’operatività dell’art. 1337 c.c., che a sua volta si riferisce alle trattative nella formazione del contratto. A ben vedere, attraverso la pubblicazione del bando, l’amministrazione non instaura alcun rapporto personalizzato con i privati, bensì effettua un’offerta ad incertam personam che può essere ritenuta in contrasto con i doveri di cui all’art. 1337 c.c. soltanto nell’ipotesi in cui la P.A., al momento dell’offerta, sia già consapevole di non poter portare a termine la procedura e stipulare il conseguente contratto. Non potendosi individuare alcuna trattativa nella fase che va dalla pubblicazione del bando alla aggiudicazione, nemmeno può ritenersi maturato quel legittimo affidamento alla conclusione del contratto, idoneo a fondare la richiesta dei danni nei confronti dell’amministrazione per violazione dell’art. 1337 c.c.
Invero, in capo al concorrente che non sia ancora aggiudicatario, non potrebbe delinearsi alcuna posizione di interesse legittimo o di diritto soggettivo, ma solo un interesse procedimentale alla correttezza dell’operato dell’amministrazione che, in un periodo storico in cui la giurisdizione amministrativa è indiscutibilmente a carattere soggettivo, non appare affatto risarcibile. Sicché, si è sempre sostenuto che, sebbene identificare il momento esatto in cui si configura l’affidamento del privato con il provvedimento di aggiudicazione, crei dei vuoti di tutela a discapito del concorrente, è altrettanto vero che questa lacuna deriva direttamente dalla natura degli interessi – procedimentali – che vengono in rilievo. Aderire ad una diversa tesi comporterebbe, del resto, una eccessiva e non giustificata estensione della responsabilità dell’amministrazione, oltremodo sbilanciata a favore del privato. Tanto, è ancor più evidente qualora si aderisca alla concezione – avvalorata dalla Suprema Corte con la sentenza n. 14188 del 2017 – per la quale la responsabilità precontrattuale della P.A. va sussunta entro gli schemi della responsabilità contrattuale da contatto sociale qualificato, con tutto quanto ne deriva in punto di prescrizione ed onere della prova.
A partire dal 2012, a quest’orientamento se n’è contrapposto un altro in base al quale l’intera fase della procedura ad evidenza pubblica, anche prima del provvedimento di aggiudicazione, si connota per una “duplice dimensione, pubblicistica e privatistica” e “la fase dell’evidenza pubblica non si colloca fuori dalle trattative, ma ne costituisce parte integrante[2]”. Nell’arco temporale che va dal bando all’aggiudicazione, la Pubblica Amministrazione pone in essere un comportamento unitario che non può affatto essere scisso limitando l’applicazione delle regole della responsabilità precontrattuale alla fase successiva all’aggiudicazione. L’art. 1337 c.c. è, dunque, destinato ad operare in tutta la procedura ad evidenza pubblica.
Inoltre, è proprio nella fase che va dal bando all’aggiudicazione che può ravvisarsi un iter procedimentale assimilabile alle trattative negoziali, non dopo di questa, quando, diversamente, non vi sono trattative, ma la parte può solo scegliere se stipulare o meno il contratto. Invero, il bando non può dirsi caratterizzato da una completezza contenutistica, invece prevista per l’offerta al pubblico e per la proposta ad incertam personam. Al contrario, esso può qualificarsi più come un invito ad offrire a seguito del quale i concorrenti, mediante le domande, partecipano all’individuazione del preciso oggetto del contratto futuro.
Proprio al fine di dirimere il contrasto giurisprudenziale sorto in merito all’ammissibilità della responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione anche prima che dell’aggiudicazione della gara, è intervenuta l’Adunanza Plenaria con sent. n. 5/2018.
In premessa, viene innanzitutto affermato che la funzione sottesa agli artt. 1337 e 1338 c.c., in conformità con l’evoluzione storico-sociale, è ormai diversa da quella svolta dagli stessi articoli all’epoca di emanazione del codice civile. I doveri di correttezza e buona fede hanno esteso la loro portata, sostanziandosi oggi “non più tanto (o solo) in quella di favorire la conclusione di un contratto (valido) e socialmente utile. Nel disegno costituzionale, che pone al centro l’individuo (art. 2 Cost.), l’attenzione si sposta dal perseguimento dell’utilità sociale alla tutela della persona e delle sue libertà. […] Il nuovo legame che così si instaura tra dovere di correttezza e libertà di autodeterminazione negoziale (che va a sostituire l’impostazione precedente che legava alla correttezza la tutela dell’interesse nazionale) impedisce allora di restringerne lo spazio applicativo alle sole situazioni in cui sia stato avviato un vero e proprio procedimento di formazione del contratto o, comunque, esista una trattativa che abbia raggiunto già una fase molto avanzata, tanto da far sorgere il ragionevole affidamento circa la conclusione del contratto”.
L’Adunanza Plenaria prosegue sottolineando il progressivo ampliamento che ha investito il dovere di correttezza sia in ambito civile che in ambito amministrativo: un dovere che, sempre più spesso, viene in rilievo a prescindere da concrete trattative in senso stretto. A ben vedere, “la disciplina in materia di culpa in contrahendo non necessita, infatti, di un rapporto personalizzato tra p.a. e privato, che troverebbe la sua unica fonte nel provvedimento di aggiudicazione, ma è posta a tutela del legittimo affidamento nella correttezza della controparte, che sorge sin dall’inizio del procedimento. Diversamente argomentando, l’interprete sarebbe invece costretto a scindere un comportamento che si presenta unitario e che conseguentemente non può che essere valutato nella sua complessità” (v. Cass. Civ., SS.UU., n. 15260/2014).
L’art. 1337 c.c. ruota attorno alla clausola generale della buona fede ed ai principi di solidarietà sociale e reciprocità, ponendosi come fine ultimo non quello di tutelare l’interesse a contrarre, bensì di presidiare l’affidamento della controparte. La responsabilità precontrattuale è responsabilità che tutela la libertà negoziale attraverso il legittimo affidamento. Chiari esempi di evoluzione del sistema sono sia la responsabilità da contratto valido ma svantaggioso, sia la responsabilità ex artt. 1337 e 1338 c.c. in capo ai terzi estranei al contratto da stipulare.
Con specifico riguardo alla responsabilità precontrattuale della P.A., la sentenza in commento non manca di evidenziare come nel procedimento amministrativo, e in quello ad evidenza pubblica, non sia corretto individuare una netta separazione temporale tra segmenti procedimentali governati da soli principi di natura pubblicistica e segmenti procedimentali retti dalle norme di stampo privatistico. Non vi è più alcun dubbio che le norme del codice civile e quelle che reggono il sistema amministrativo vadano considerate contestualmente esistenti, secondo un rapporto sinergico e non di avvicendamento temporale. In particolare, le regole di diritto pubblico disciplinano la validità dei provvedimenti mentre quelle di diritto privato la correttezza dei comportamenti complessivamente considerati. La violazione delle prime dà luogo ad invalidità del provvedimento amministrativo, la violazione delle seconde viene sanzionata con la responsabilità.
A tal proposito, non va dimenticato che, in ipotesi di rilascio di un provvedimento ampliativo illegittimo, poi legittimamente revocato in autotutela, la giurisprudenza ha ritenuto configurabile la responsabilità della P.A. a fronte di un provvedimento illegittimo favorevole però inserito in un più ampio comportamento scorretto idoneo a ledere il diritto soggettivo del privato all’integrità patrimoniale.
Ugualmente, si è sostenuta la configurabilità della responsabilità della P.A. da comportamento scorretto qualora non siano rispettati i termini di conclusione del procedimento ex art. 2 bis L. n. 241/90, sebbene non sia fondata la pretesa sostanziale del ricorrente. In caso di danno da ritardo c.d. mero, sganciato cioè dalla fondatezza della pretesa del privato, la giurisprudenza maggioritaria è ormai concorde nel ritenere la sussistenza della responsabilità dell’amministrazione per aver dato luogo, mediante un comportamento scorretto, negligente, alla lesione del diritto soggettivo all’autodeterminazione negoziale.
Ciò premesso, è evenienza certamente plausibile quella in cui, nonostante la legittimità dei provvedimenti, si realizzi un comportamento scorretto del soggetto pubblico, lesivo di un diritto soggettivo del privato. E, tanto, anche a prescindere dell’esistenza di vere e proprie trattative volte alla conclusione di un contratto.
È chiaro che, stando così le cose, continuare a non ammettere la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione anche ante aggiudica, sarebbe in controtendenza rispetto alle recenti impostazioni giurisprudenziali che, negli altri settori del diritto amministrativo o nell’ambito del diritto civile, sono volte al progressivo ampliamento dell’ambito applicativo dei doveri di correttezza e buona fede. Inoltre, continuando a sostenere l’orientamento tradizionale più restrittivo, “si finirebbero per creare a favore del soggetto pubblico “zone franche” di responsabilità, introducendo in via pretoria un regime “speciale” e “privilegiato”, che si porrebbe in significativo contrasto con i principi generali dell’ordinamento civile e con la chiara tendenza al progressivo ampliamento dei doveri di correttezza emergente dal percorso giurisprudenziale e normativo di cui si è dato atto.”
Sicché, a parere dell’Adunanza Plenaria, stabilire con affermazioni aprioristiche che la responsabilità precontrattuale ed il legittimo affidamento del privato possano venire ad esistenza soltanto dopo l’aggiudicazione, risulta una soluzione non predicabile.
Ciononostante, se da un lato è forte l’esigenza di garantire l’effettività della tutela delle posizioni giuridiche soggettive – in onore al principio cardine desumibile dall’art. 24 Cost. –, da un altro è ugualmente necessario garantire anche la libertà di autodeterminazione del soggetto il quale, dopo aver formulato una proposta contrattuale, decida poi, nel rispetto delle condizioni legislativamente imposte, di ritirare la proposta. Del pari, così come è necessario accordare tutela alla libertà negoziale e di autodeterminazione del privato concorrente alla gara, è altrettanto indispensabile tutelare l’eguale diritto alla libertà negoziale della P.A. ed il suo conseguente potere di revocare gli atti di gara qualora insorgano esigenze nuove che meglio permettono il perseguimento dell’interesse pubblico. Si tratta, di un bilanciamento, da effettuare in concreto, tra opposte situazioni entrambe meritevoli di tutela.
Da ultimo, la sentenza in commento si preoccupa di individuare attentamente quali debbano essere i requisiti necessari per poter configurare la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, non essendo sufficiente la buona fede soggettiva del privato. A quest’ultima, invero, è indispensabile che si affianchino ulteriori presupposti, come ad esempio: “a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà; b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo; c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’amministrazione.”
Viene tralasciata, poiché estranea all’ordinanza di rimessione, la disamina del regime entro cui sussumere la responsabilità precontrattuale. Pertanto, tra gli interpreti, residuano notevoli margini di incertezza su quale debba essere la disciplina della responsabilità precontrattuale, ed in particolar modo, sulla possibilità di considerare tale responsabilità come da contatto sociale qualificato e, dunque, regolata dall’art. 1218 c.c. (v. Cass. Civ., Sez. 1^, n. 14188/2017).
[1] Cass. civ. Sez. Unite, sent. n. 11656/2008.
[2] Ex multis Consiglio di Stato, sent. n. 4236/2012.
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