Affidamento in house e sopravvenienze. In particolare, il riassetto dei servizi pubblici.
La prestazione di servizi pubblici rappresenta un caposaldo dello Stato sociale. Si tratta spesso di servizi pubblici offerti dagli enti territoriali (c.d. Servizio pubblico locale), oggetto di diverse rivisitazioni normative. In passato, la “municipalizzazione dei servizi” costituiva una risposta degli enti locali all’esigenza di assicurare a tutti beni e servizi essenziali, che non il mercato non poteva garantire (illuminazione, smaltimento dei rifiuti, comunicazioni). Nel periodo postunitario si è assistito perciò alla moltiplicazione degli enti e, in seguito, alla concessione ai privati di taluni servizi.
La tendenza recente è nel senso della semplificazione e razionalizzazione degli enti. In alcuni casi, questo porta alla soppressione e all’accorpamento di enti preesistenti; l’ente nuovo che accorpa in sé le funzioni di quelli soppressi è a sua volta un ente pubblico o un soggetto privato.
In tale ultimo caso, l’affidamento del servizi da parte della p.a. deve soggiacere alle regole dell’evidenza pubblica, finalizzate a garantire la trasparenza e l’integrità della concorrenza. Affinché la scelta del soggetto affidatario si svolga in linea con questi canoni, la selezione del contraente avviene mediante la procedura pubblica di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici).
La procedura pubblica non è necessaria, perciò, ogni qual volta il servizio non è affidato a un soggetto “esterno” alla p.a. appaltante. Qualora la p.a. affidi un servizio a un soggetto sottoposto a un controllo particolarmente penetrante da parte dell’amministrazione, non esiste quella “alterità” fra stazione appaltante e concessionario che giustifica l’espletazione della gara pubblica. In tali evenienze, a ben vedere, la p.a. non si rivolge al mercato, ma affida la commessa a un soggetto che è una mera articolazione dell’amministrazione (affidamento in house). Si parla anche di affidamento diretto.
L’in house è oggi codificata dal T.U. Società pubbliche e dal Codice dei contratti (d.lgs. n. 165/2016 e n. 50/2016). in particolare, vi è in house providing quando il soggetto affidatario è una persona giuridica sottoposta al c.d. controllo analogo, sempreché oltre l’80% dell’attività è svolta a favore della p.a. controllante (c.d. prevalenza) e nella controllata non via siano partecipazioni private (escluse quelle minoritarie che non comportano potere di controllo o di veto). A ben vedere, in questi casi la persona giudica affidataria si atteggia a vera e propria articolazione della p.a. aggiudicatrice, dalla quale è in toto e de facto controllata; si giustifica pertanto l’affidamento diretto senza procedura (art. 5, comma 1, Codice dei contratti).
Questione dibattuta dalla dottrina riguarda il caso di sopravvenienze che facciano venir meno uno dei requisiti dell’in house. Ciò si verifica quando il servizio è stato affidato direttamente alla controllata ma, in un secondo momento, questa cessa di essere sottoposta a controllo analogo ovvero di svolgere la sua attività prevalentemente a favore dell’amministrazione o, ancora, quando il privato abbia acquisito partecipazioni rilevanti nella società.
Secondo una prima tesi, la sopravvenienza di questi fatti non incide sull’affidamento del servizio. Infatti, al momento dell’affidamento la società possedeva i requisiti per ottenere il servizio; i requisiti a la validità dell’affidamento, infatti, andrebbero valutati con riferimento al momento genetico.
Secondo altra opinione, il sopravvenuto difetto di uno dei requisiti dell’in house rileva necessariamente nella vicenda. Infatti, scopo dell’evidenza pubblica è quello di assicurare il corretto ricorso al mercato da parte della p.a. la quale, nella scelta del contraente, deve garantire il corretto svolgimento della libera concorrenza e il buon andamento dell’azione amministrativa. L’affidamento diretto si giustifica nel fatto che la p.a. non si rivolge al mercato o a un soggetto altro, ma affida il servizio a un soggetto “interno” (per l’appunto, letteralmente in house). Ciò significa che al venir meno del controllo analogo o di altro requisito, l’affidamento del servizio deve essere “confermato” attraverso l’espletazione di una gara (rectius: conferito). Diversamente, verrebbe raggirato il fine dell’evidenza pubblica; infatti, si consentirebbe alla p.a. di affidare un servizio in modo mediato a un ente privato, attraverso l’attribuzione a una persona giuridica controllata che, poi, divenga a tutti gli effetti una società privata. Ne conseguirebbe perciò l’esclusione di altri operatori dalla competizione, a discapito della concorrenza e della qualità del servizio offerto (oltreché con raggiro della normativa anticorruzione).
Il riassetto dei servizi pubblici locali pone una questione simile. Infatti, la soppressione o l’aggregazione di enti preesistenti può portare alla fusione in un soggetto nuovo, ovvero alla creazione di un nuovo ente, anche privato, che succeda nel servizio di quelli precedenti. Questo meccanismo configurerebbe l’assegnazione tout court del servizio al nuovo ente gestore-società privata. Per queste ragioni, in tali ipotesi è preferibile che la selezione del nuovo ente concessionario avvenga tramite gara, onde evitare che questi diventi concessionario per successione a enti che hanno ricevuto affidamento diretto.
Sul punto si espressa anche la giurisprudenza, benché non sia stata data risposta univoca. Di recente il Consiglio di Stato con ordinanza 18 novembre 2020, n. 7161 ha rimesso alla Corte di Giustizia la questione “se l’art. 12 della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 osti ad una normativa nazionale la quale imponga un’aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a seguito della quale l’operatore economico succeduto al concessionario iniziale a seguito di operazioni societarie effettuate con procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni, prosegua nella gestione dei servizi sino alle scadenze previste”. In particolare, il caso prospettato dal Consiglio di Stato prevede che: a) il concessionario iniziale sia una società affidataria in house; b) l’operatore economico successore sia stato selezionato attraverso una pubblica gara; c) a seguito dell’operazione societaria di aggregazione, i requisiti del controllo analogo siano venuti meno.
Ad avviso del giudice amministrativo non sussiste incompatibilità con la normativa comunitaria se la società che è succeduta è stata selezionata come “operatore economico” all’esito di una pubblica gara. Così opinando, il Consiglio di Stato prende posizione a favore dell’espletamento della procedura in caso di sopravvenienza consistente nella successione di un soggetto senza le caratteristiche dell’in house nel rapporto di affidamento diretto già perfezionatosi.
La posizione del giudice amministrativo è, come si è detto sopra, in linea con il fine della normativa europea. Si può concludere, pertanto, che anche la Corte di giustizia confermerà con grande probabilità la tesi, formando un precedente importante sulla questione, ad oggi ancora discussa.
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Simone Risoli
Gennaio 1991, Avvocato, laureato nel 2015 presso l'Università degli Studi di Milano, già tirocinante presso le sezioni civili e penali del Tribunale di Milano e la Prima Corte di Assise, cultore della materia presso il Dipartimento Beccaria dell'Università degli studi di Milano, già collaboratore presso la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.
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