Agenti immobiliari: diritto alla provvigione e requisiti, concorso con altri mediatori e responsabilità dell’incarico di mediazione

Agenti immobiliari: diritto alla provvigione e requisiti, concorso con altri mediatori e responsabilità dell’incarico di mediazione

Sommario: 1. I requisiti giuridici dell’agente immobiliare – 2. Il diritto alla provvigione del mediatore – 2.1. Il concetto di “affare concluso” – 2.2. Il nesso causale tra l’opera del mediatore e l’affare concluso – 3. Il concorso tra più mediatori intervenuti nella trattativa – 4. Responsabilità dell’agente immobiliare e conseguenze del suo inadempimento sul diritto alla provvigione

 

Le operazioni di compravendita di beni immobili spesse volte sono agevolate dall’opera di intermediazione di un soggetto terzo, ovvero colui che in termini giuridici è definito come “mediatore”, mentre nel linguaggio comune più semplicemente come “agente immobiliare”, il quale è chiamato a mettere in contatto la parte venditrice con quella acquirente.

Nel contesto del diritto civile, la mediazione trova una sua prima fonte normativa nell’art. 1754 del Codice Civile, il quale dispone che “È mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”, specificandosi poi al successivo art. 1755 c.c. che “Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento” e che “La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità”.

Fatta questa doverosa premessa, si evidenzia come il contratto di mediazione abbia sin da sempre generato un notevole contenzioso giudiziario, focalizzatosi in prevalenza sulle seguenti quattro problematiche: 1) quando il mediatore possiede i requisiti giuridici per realizzare l’opera di intermediazione; 2) quando matura il diritto alla provvigione; 3) come si regola il concorso tra più mediatori intervenuti nella trattativa, ovvero chi tra di loro ha diritto alla provvigione ed in che misura; 4) quando il mediatore è responsabile per non aver adempiuto al contratto di mediazione e se tale responsabilità “vanifica” il suo diritto alla provvigione.

Senza pretesa di riscontrare esaurientemente ogni profilo dei complessi quesiti sopra esposti, con il presente elaborato si offre una rassegna di autorevole giurisprudenza di merito e di legittimità intervenuta al riguardo, allo scopo di esporre e di illustrare i principi di diritto sottesi alle invocate pronunce giurisprudenziali.

1. I requisiti giuridici dell’agente immobiliare

Come è noto, quella dell’agente immobiliare è una professione regolamentata che impone il conseguimento di una specifica abilitazione.

Solo chi avrà ottenuto tale riconoscimento potrà vantare il diritto al pagamento della provvigione; in caso contrario, nulla sarà dovuto dalle parti che hanno giovato dell’opera di intermediazione del mediatore “abusivo”.

A tal riguardo, la legge n. 39 del 3/2/1989 prescriveva l’iscrizione obbligatoria al ruolo degli agenti di affari in mediazione – istituito presso ciascuna CCIAA – per tutti coloro che svolgevano, o intendevano svolgere, attività di mediazione. Successivamente, l’art. 73 del D.Lgs. n. 59 del 26/3/2010, di attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (poi modificato anche dal D.Lgs. n. 147 del 6.8.2012; di seguito la riforma aggiornata), ha disposto la soppressione del ruolo di cui all’art. 2 della L. n. 39/1989 (comma 1), seppur sostituendolo con l’obbligo di segnalazione certificata di inizio attività presso la CCIAA competente, cui consegue la successiva iscrizione in Camera di Commercio del mediatore richiedente.

Ebbene, il disposto di cui all’art. 6 della legge n. 39 del 1989, secondo cui ”hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli”, va ora interpretato nel senso che -anche per i rapporti di mediazione sottoposti alla normativa prevista dal d.lgs. n. 59 del 2010- hanno diritto alla provvigione solo i mediatori che siano iscritti nei registri delle imprese, oppure nei repertori tenuti dalla Camera di Commercio (cfr. Cassazione Civile, Sez. III, 16.1.2014, n. 762).

L’onere della prova in giudizio dell’iscrizione nell’albo dei mediatori può essere assolto anche mediante la prova per testimoni o per presunzioni e, a tal fine, può valere il modulo di proposta di acquisto predisposto dal mediatore, dal quale risulti la suddetta iscrizione (Cassazione civile sez. II, 24/01/2024, n. 2359; Cassazione civile, Sez. III, 14/05/2013 n. 11539; Cassazione civile, sez. II, 19/07/2021, n. 20556; Cassazione civile, sez. III, 15/06/2023, n. 29056).

Nella specifica ipotesi in cui il sedicente mediatore non risulti iscritto alla CCIA competente non sorge comunque alcun contenzioso, essendo evidente che egli non può aver maturato alcun diritto a pretendere il pagamento di una provvigione, a discapito del buon esito dell’opera di intermediazione da lui svolta.

Si sono però verificate delle casistiche affini a quella “scolastica” sopra illustrata che hanno invece impegnato seriamente la giurisprudenza di merito e di legittimità, la quale è stata chiamata ad offrire la propria interpretazione delle norme vigenti.

Ci si è chiesti, ad esempio, se abbia diritto alla provvigione il mediatore in origine non regolarmente iscritto in Camera di Commercio, il quale abbia poi “sanato” la propria posizione in un momento antecedente alla conclusione dell’affare.

La Corte di Cassazione ha chiarito che in tal caso […] il mediatore ha diritto al compenso solo dal momento dell’iscrizione e, pertanto, è tenuto a restituire l’acconto percepito quando ancora non possedeva la qualifica, non potendo la sopravvenienza della stessa nel corso del rapporto, né l’unitarietà del compenso spettante al mediatore, legittimare “ex post” un pagamento non consentito dalla legge al momento della sua effettuazione” (Cassazione civile, Sez. II, 29/01/2016, n. 1735).

Altra questione di diritto assai interessante si verifica laddove l’attività di intermediazione non sia stata posta in essere integralmente da mediatori regolarmente abilitati, bensì anche da collaboratori o dipendenti che non vantino una qualifica giuridica come intermediari, o comunque non siano iscritti in Camera di Commercio.

Si pensi soprattutto all’ipotesi in cui ad essere iscritta in CCIA sia un’agenzia immobiliare organizzata in forma societaria, per cui sorge spontaneo chiedersi se pure i collaboratori ed i dipendenti della suddetta società debbano possedere l’abilitazione, nonché aver conseguito l’iscrizione come agenti immobiliari.

La Corte di Cassazione si è pronunciata anche in riferimento a tale casistica, chiarendo che ove l’attività di intermediazione sia svolta in forma societaria l’obbligo di iscrizione in CCIA grava in primo luogo sulla società in quanto tale e poi sui suoi legali rappresentanti, oltre che sul preposto a tale ramo d’attività e sugli ausiliari che svolgano l’attività mediatoria per conto della società medesima, i quali, tutti, devono possedere i requisiti previsti dalla legge 3 febbraio 1989, n.39 e dal regolamento di attuazione approvato con D.M. 21 dicembre 1990 n. 452 (v. Cassazione civile, 1/06/2020, n. 10350).

Quindi, i collaboratori ed i dipendenti dell’agenzia immobiliare organizzata in forma societaria certamente potranno svolgere una attività di assistenza nell’ambito della mediazione svolta dall’agenzia, risultando però indispensabile -per far sorgere il diritto alla provvigione- che l’attività tipica e caratterizzante l’opera di intermediazione sia svolta in via esclusiva dai soggetti abilitati, giacché “per gli ausiliari della società di mediazione è prescritta l’iscrizione nel ruolo solo quando, per conto della società, risultino assegnati allo svolgimento di attività mediatizia in senso proprio, della quale compiono gli atti a rilevanza esterna, con efficacia nei confronti dei soggetti intermediati, ed impegnativi per l’ente da cui dipendono; essa non è invece richiesta per quei dipendenti della società che esplicano attività accessoria e strumentale a quella di vera e propria mediazione, in funzione di ausilio ai soggetti a ciò preposti” (Cassazione civile, sez. III, 17/06/2002, n. 8697).

In concreto, tale fattispecie potrebbe verificarsi laddove l’intermediazione dell’agenzia immobiliare si sia limitata ad attività promozionali, quali ad esempio la pubblicizzazione dell’abitazione sul sito internet dell’agenzia, o l’illustrazione all’acquirente dell’offerta del venditore tramite la consegna al primo di un’apposita brochure. Anche in tali casi, infatti, potrebbe scattare il diritto alla provvigione del mediatore, sebbene quest’ultimo avrà l’onere di provare che le suddette attività siano state svolte materialmente da lui stesso o da altro soggetto abilitato all’attività di intermediazione, anziché da collaboratori o dipendenti dell’agenzia immobiliare sprovvisti di tale abilitazione (v. Tribunale di Venezia, 28 ottobre 2021, n. 2046).

Ulteriore fattispecie si verifica, poi, laddove la società non abbia i requisiti abilitanti la professione di agente immobiliare, bensì li possegga soltanto il legale rappresentante della medesima.

Si è ritenuto al riguardo che è insufficiente, affinché sorga il diritto alla provvigione in capo alla società non iscritta nell’apposito ruolo, l’iscrizione del relativo legale rappresentante quale persona fisica, in quanto ciò lo abilita a svolgere l’attività di mediazione ed a percepire la provvigione in nome proprio ma non anche a nome della società che rappresenta (Tribunale Arezzo, 04/07/2016, n. 808).

Non è invece necessario che il mediatore abbia ricevuto un formale conferimento di incarico per iscritto, in quanto tale formalità non è prevista obbligatoriamente dalla legge, fermo restando che in assenza di un formale contratto grava sull’agente immobiliare l’onere di provare di aver ricevuto l’incarico di intermediazione.

Tra l’altro, la Suprema Corte ha rilevato che “Ai fini della configurabilità del rapporto di mediazione, non è necessaria l’esistenza di un preventivo conferimento di incarico per la ricerca di un acquirente o di un venditore, ma è sufficiente che la parte abbia accettato l’attività del mediatore avvantaggiandosene” (Cassazione civile, Sez. II, 14/05/2018, n. 11656).

Dato che il diritto del mediatore alla provvigione si ricollega all’efficacia del suo intervento nel favorire la conclusione dell’affare e non alle forme giuridiche mediante le quali l’affare medesimo è concluso, né alla coincidenza soggettiva tra fase delle trattative e formalizzazione del negozio, il mediatore può domandare la provvigione alla persona che gli ha affidato l’incarico e che ha condotto le trattative, la quale risponde in proprio, tranne che abbia dichiarato fin dall’origine di agire in rappresentanza di un terzo (Cassazione civile, Sez. VI, 23/03/2012, n. 4758).

2. Il diritto alla provvigione del mediatore

Si è visto che l’articolo 1754 c.c. descrive la figura del mediatore come colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di essa da rapporti di collaborazione.

Per “conclusione dell’affare”, come più volte specificato dalla giurisprudenza, non si deve intendere la conclusione del contratto ma più in generale un’operazione economica che ha portato le parti a soddisfare i loro reciproci interessi.

L’articolo 1755 c.c. dispone in particolare che il mediatore ha diritto alla provvigione se l’affare è concluso “per effetto del suo intervento”.

Stabilire, quindi, se il mediatore abbia o meno diritto alla provvigione richiede di valutare, preliminarmente, quali fattispecie rientrino nell’accezione di “affare” e quando possa ritenersi integrato il nesso causale tra l’opera del mediatore e l’affare concluso.

2.1. Il concetto di “affare concluso”

Per “conclusione dell’affare” si intende il compimento di un’operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento o, in difetto, per il risarcimento del danno (Cassazione civile, sez. III, 17/01/2017, n. 923; Cassazione civile sez. VI, 30/11/2015, n. 24399; Cassazione civile, sez. III, 09/04/2009, n. 8676).

Anche la stipulazione di un contratto preliminare – pertanto – è sufficiente a far sorgere tale diritto, sempre che si tratti di un contratto definitivo o di un preliminare validamente concluso e rivestito dei prescritti requisiti e, quindi, di forma scritta ove richiesta ad substantiam a norma degli artt. 1350 e 1351 c.c. (cfr., in termini, ex multis, Cassazione civile sez. VI, 30/11/2015, n. 24399; Cassazione civile, Sez. III, 16/06/1992, n. 7400).

Difatti la conclusione dell’affare non deve coincidere con la vendita dell’immobile, tant’è che il mediatore ha diritto alla provvigione anche se la vendita è poi stata conclusa direttamente dal venditore dopo la disdetta del contratto di mediazione, sempre che l’acquirente abbia visionato l’immobile per il tramite dell’agenzia immobiliare prima della scadenza del contratto di mediazione (Tribunale Roma sez. X, 02/12/2016, n. 22466), oppure anche qualora al contratto di preliminare di vendita non sia poi seguita la stipula del contratto definitivo (Cassazione civile, Sez. III, 16/06/1992, n. 7400), risultando altresì irrilevante l’ipotesi in cui le parti originarie abbiano sostituito altri a sé nell’operazione conclusiva (Cassazione Civile, Sez. III, 21/05/2010, n. 12527; Cassazione civile, Sez. III, 2/11/2010, n. 22273).

Sul punto, si deve specificare che “qualora il contratto preliminare preveda che il definitivo debba essere stipulato entro un termine finale, il diritto alla provvigione sorge alla data della stipula del preliminare, non a quella coincidente con il termine finale di efficacia e, nel caso in cui il promittente acquirente abbia la facoltà di recedere, poiché detta facoltà integra, sostanzialmente, una condizione risolutiva, il suo eventuale esercizio non fa venire meno il diritto del mediatore alla provvigione (Cassazione civile, Sez. III, 06/08/2004, n. 15161).

Va però precisato che nel contratto di mediazione le parti hanno piena facoltà di derogare alla disciplina dell’art. 1755 c.c., condizionando il diritto del mediatore alla provvigione ad eventi diversi dalla conclusione dell’affare (Cassazione civile sez. II, 24/01/2024, n. 2359, in riferimento a una fattispecie in cui la comune intenzione delle parti era quella di differire il pagamento della provvigione del mediatore al momento di conclusione del contratto definitivo).

Inoltre, nella diversa ipotesi in cui il contratto concluso per effetto dell’intervento del mediatore sia sottoposto a condizione, dovrà applicarsi la disciplina normativa di cui all’art. 1757 c.c., commi 1 e 2, secondo cui “Se il contratto è sottoposto a condizione sospensiva, il diritto alla provvigione sorge nel momento in cui si verifica la condizione”, mentre “Se il contratto è sottoposto a condizione risolutiva, il diritto alla provvigione non viene meno col verificarsi della condizione”.

Il diritto del mediatore alla provvigione per l’avvenuta conclusione dell’affare non viene meno, però, laddove un primo contratto preliminare, già perfezionatosi con l’accettazione di una proposta irrevocabile di acquisto, sia successivamente modificato con la stipula di un nuovo contratto preliminare, questa volta sottoposto a una condizione sospensiva non verificatasi (Cassazione civile, Sez. II, 09/01/2024, n. 680).

Ciò chiarito, si ritiene invece che NON faccia maturare il diritto alla provvigione la stipula del c.d. “contratto preliminare di preliminare”, ovvero di quell’accordo con cui le parti -servendosi dei moduli predisposti dal mediatore- sottoscrivono una scrittura privata, così manifestando l’interesse alla stipula del contratto preliminare del definitivo e successivamente al perfezionamento dell’accordo definitivo.

La Suprema Corte (Cassazione civile, Sez. VI, 30/11/2015, n. 24397), sulla scorta del celebre arresto delle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 6/03/2015, n. 4628) che avevano riconosciuto la validità del c.d. “preliminare di preliminare” in materia di compravendita immobiliare, aveva inizialmente affermato che “la conclusione dell’affare, quale fonte del diritto del mediatore alla provvigione, è il compimento dell’atto che dà all’intermediario il diritto di agire per l’adempimento o il risarcimento, sicché anche una proposta di acquisto integrante ‘preliminare di preliminare’ può far sorgere il diritto alla provvigione” (Cassazione civile, Sez. VI, 30/11/2015, n. 24397).

Tale approdo è stato però oggetto di un successivo ripensamento da parte della stessa Corte Suprema, la quale, ribaltando di fatto il precedente filone interpretativo, ritiene ora che il contratto preliminare di preliminare non sia un negozio giuridico idoneo a far maturare il diritto alla provvigione del mediatore.

Ciò, in quanto si è ritenuto che la conclusione dell’”affare” che fa scattare il diritto alla provvigione si verifica quando tra le parti poste in relazione dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che le abiliti ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 c.c. o con il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Per contro, si deve conseguentemente escludere il diritto alla provvigione se tra le parti si sia costituito solo un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell’affare, come accade nel caso in cui sia stato stipulato un cd. “preliminare di preliminare”, il quale pur essendo di per sé stesso valido ed efficace non legittima la parte ad esercitare gli strumenti di tutela finalizzati a realizzare in forma specifica, o per equivalente, l’oggetto finale del progetto negoziale abortito, bensì soltanto ad invocare una responsabilità contrattuale risarcitoria verso la parte inadempiente (v. Cassazione Civile, Sez. II, 19/11/2019, n. 30083).

Detta decisione è stata poi seguita da una nutrita serie di pronunce che si sono susseguite sulla medesima scia (Cass. Sez. 6- 2, Ordinanza n. 8879 del 5/10/2022, Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7781 del 2020; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 39377 del 2021; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 15559 del 2022; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22012 del 2023), determinandosi, quindi, la formazione di un orientamento – ormai diventato essenzialmente uniforme – contrario al riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, nel caso di conclusione di un mero contratto “preliminare di preliminare”.

Peraltro, recente giurisprudenza ha altresì chiarito che laddove il contratto di mediazione anticipi il diritto alla provvigione ad un momento antecedente alla conclusione dell’affare, quale è ad esempio la stipula di un contratto preliminare di preliminare, una clausola di siffatto genere deve considerarsi come non apposta per nullità parziale di protezione, ex art. 36, comma 1, del d.lgs. n. 206 del 2005, poiché determina un significativo squilibrio normativo ex art. 33, comma 1, del medesimo Codice del Consumo, così stravolgendo il fondamento causale dell’operazione economica posta in essere dalle parti (Cassazione civile sez. II, 11/04/2023, n. 9612).

Altrettanto vessatoria ex art. 1341 c.c. e art. 33 del Codice del Consumo è stata reputata la clausola predisposta unilateralmente dal mediatore, la quale preveda il diritto del compenso provvigionale dopo la scadenza del contratto e senza limiti di tempo, da parte di un soggetto che si sia avvalso della sua attività, qualora l’affare sia stato successivamente concluso da un familiare, società o persona “riconducibile”; difatti essa determina un significativo squilibrio a carico del consumatore obbligato ad una prestazione in favore del professionista indipendentemente da ogni accertamento, anche in via presuntiva, del preventivo accordo con il soggetto che ha concluso l’affare, o di ogni altra circostanza concreta, da cui risulti che l’affare sia stato agevolato in ragione dei rapporti familiari o personali tra le parti (Cassazione civile, Sez. II, 09/01/2024, n. 785).

2.2. Il nesso causale tra l’opera del mediatore e l’affare concluso

Chiarito quanto sopra circa l’accezione di “affare concluso”, si rileva come la seconda componente indispensabile per far maturare il diritto alla provvigione del mediatore consista nel nesso causale che deve necessariamente intercorrere tra l’attività dell’agente immobiliare e la conclusione dell’affare stesso.

A ben vedere, il diritto alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, anche laddove il processo di formazione della volontà delle parti sia complesso e protratto nel tempo ed altri soggetti si adoperino per la conclusione del medesimo affare.

In altri termini, è sufficiente che la “messa in relazione” da parte del mediatore costituisca l’antecedente necessario per pervenire -anche attraverso fasi e vicende successive- alla conclusione dell’affare medesimo (Cassazione civile, Sez. III, 6/09/2001 n. 11467, e Cassazione civile, Sez. III, 2/08/2001 n. 10606), derivandone pertanto che il diritto del mediatore alla provvigione sorge allorquando la conclusione dell’ affare sia in rapporto causale con l’opera dello stesso svolta, senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative fino all’accordo definitivo; quindi, anche la semplice attività consistente nel reperimento e nella indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’ affare, legittima il diritto alla provvigione, sempre che la descritta attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore e poi valorizzata dalle parti; né, una volta concluso l’affare, assume rilevanza, sotto il profilo della incidenza sulla efficienza causale esclusiva o concorrente dell’opera di detto mediatore, la assoluta identità delle condizioni alle quali la trattativa sia stata portata a termine solo successivamente e con l’intervento di altro mediatore, non essendo un unico elemento di parziale differenziazione, da solo, idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra l’attività originariamente svolta dal soggetto che per primo aveva messo le parti in relazione tra loro e l’ affare tra le stesse concluso (Cassazione civile, Sez. II, 21/11/2000 n. 15014).

Ancor più nello specifico, si osservi che non costituiscono circostanze di per sé idonee ad interrompere tale nesso di causalità il fatto che il contratto di vendita dell’immobile venga sottoscritto subito dopo la scadenza del termine previsto nell’incarico di mediazione sottoscritto dal venditore (v. Tribunale Larino, 05/06/2018, n. 180), né che la vendita si sia perfezionata ad un prezzo inferiore a quello indicato dall’agenzia immobiliare (Tribunale Modena sez. I, 05/01/2016, n. 27), né assume rilievo l’eventualità che le parti abbiano deciso di modificare i termini nell’accordo o di sottoporre lo stesso a condizione sospensiva (Cassazione civile sez. III, 02/11/2010, n. 22273), rilevando unicamente che il mediatore abbia posto le parti dell’accordo in relazione tra loro (Tribunale Pescara, 22/05/2018, n. 758).

Sulla scorta dei sopra esposti principi di diritto, si è ritenuto configurato il diritto al pagamento della provvigione in una casistica in cui l’intermediaria aveva posto in contatto l’acquirente ed il venditore di un appartamento semplicemente mediante pubblicazione di un annuncio sul giornale e sul sito internet della propria agenzia immobiliare, poiché l’attività del mediatore costituiva l’antecedente necessario per addivenire alla conclusione dell’affare (Tribunale Trento, 20/09/2011, n. 792).

Peraltro, l’incarico di mediazione ed il relativo diritto al compenso è riconosciuto anche in caso di mediazione unilaterale, ovvero allorquando l’incarico provenga da una sola delle parti, potendo l’altra esserne anche all’oscuro (Cass Sez. Unite 2.08.2017 n. 19161) ed il mediatore acquista il diritto alla provvigione ogni qual volta l’affare sia stato concluso per il tramite della sua opera, a nulla rilevando che l’incarico unilateralmente conferitogli preveda una clausola di esclusiva e che questa sia stata violata dall’intermediato, se il contratto non prevedeva espressamente l’obbligo di quest’ultimo di corrispondere la provvigione anche nel caso di violazione del patto di esclusiva (Cassazione civile sez. III, 22/04/2009, n. 9547).

In ultima analisi, si osservi come il mediatore che trattenga a titolo di provvigione parte della somma di denaro consegnatagli dal potenziale acquirente prima della conclusione effettiva dell’affare con la stipulazione del contratto – anche preliminare – può essere condannato per il delitto di appropriazione indebita (Cassazione penale sez. II, 23/01/2024, n. 6864).

3. Il concorso tra più mediatori intervenuti nella trattativa

In ipotesi di pluralità di agenti immobiliari intervenuti nella trattativa che ha portato alla conclusione di un medesimo affare, occorre chiedersi poi se entrambi abbiano diritto alla provvigione.

Ebbene, si è affermato al riguardo che il diritto alla divisione della provvigione tra questi sussiste nelle ipotesi di cooperazione simultanea e di comune intesa, ovvero nel caso di attività autonoma ma espletata giovandosi l’uno dell’attività dell’altro, in maniera tale da non potersi negare un nesso di concausalità oggettiva tra i loro interventi e la conclusione dell’affare.

Per contro, il diritto al compenso non può essere riconosciuto quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell’affare per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate (v. tra le tante Cassazione civile, Sez. III, 22/01/2015, n. 1120 e Tribunale Vicenza, 25/07/2018, n. 1738, in relazione ad un’ipotesi in cui la vendita dell’immobile era seguita soltanto dopo due mesi dallo scadere del mandato della prima agenzia immobiliare incaricata, con la sola differenza della riduzione del prezzo, per cui il Tribunale aveva riconosciuto l’efficacia causale dell’attività della prima agenzia disponendo in favore di essa la metà della provvigione pagata dai contraenti alla seconda agenzia immobiliare).

Dunque quando l’affare sia stato concluso con l’intervento di più mediatori (congiunto o distinto, contemporaneo o successivo, concordato o autonomo, in base allo stesso o a più incarichi), anche all’insaputa l’uno dell’altro, non cooperando né giovandosi ciascuno dell’attività dell’altro per la conclusione dell’affare, spetta ad entrambi il compenso pro quota ex art. 1758 c.c. (Cassazione civile, Sez. III, 24/01/2007 n. 1507).

In merito all’ammontare della provvigione, in ipotesi di concorso tra più mediatori causalmente intervenuti nella trattativa che ha portato alla conclusione dell’affare, è stato stabilito che essa va quantificata in base all’importanza dell’opera prestata da ciascuno di essi, trattandosi di obbligazione divisibile ai sensi dell’art. 1314 c.c.

Qualora invece la provvigione sia stata pagata ad un solo mediatore per l’intero, resta ferma la responsabilità delle parti per il pagamento delle quote spettanti all’altro, con esclusione di ogni azione di rivalsa nei confronti di chi abbia percepito la provvigione nella sua interezza (Cassazione civile, Sez. III, 11.6.2008 n. 15484).

Nell’ipotesi in cui una delle parti contraenti sia costituita da più soggetti in ragione della comunione nel diritto alienato o acquistato, è stato altresì stabilito che l’obbligo di pagare la provvigione al mediatore grava su tutti i contitolari, quand’anche taluno di essi non abbia conferito l’incarico, né abbia preso parte alla fase delle trattative, avendo comunque utilizzato i risultati dell’attività del mediatore, ed ha natura solidale tra la parte acquirente e la parte alienante, in applicazione della regola generale che vale per tutte le obbligazioni assunte da più soggetti ai sensi dell’art. 1755 c.c. (Cassazione civile sez. II, 24/01/2024, n. 2389).

Si osservi poi che in assenza di un divieto della legge, è ammissibile con riguardo all’autonomia negoziale la submediazione, cioè un rapporto di mediazione corrente tra il mediatore già incaricato ed un terzo, cui sia deferito dal primo l’incarico afferente alla conclusione dell’affare a lui affidato da altri soggetti.

In tal caso, mentre alla parte che in origine abbia dato incarico al mediatore spetta — in applicazione analogica dell’art. 1595 c.c. — la facoltà di agire per la tutela dei suoi diritti anche nei confronti del submediatore, l’obbligo di corrispondere la provvigione al submediatore resta a carico del solo mediatore che direttamente gli ha conferito l’incarico, senza che possa trovare applicazione la disciplina dell’art. 1758 c.c. che riguarda l’ipotesi di più mediatori incaricati dalla medesima parte (Cassazione civile, Sez. II, 3/09/1991, n. 9350; Cassazione civile, Sez. III, 8/03/2002, n. 3437).

4. Responsabilità dell’agente immobiliare e conseguenze del suo inadempimento sul diritto alla provvigione

Occorre chiarire, in ultimo, quali siano i limiti ed i confini delle responsabilità che l’agente immobiliare assume nell’espletamento della propria attività di intermediazione.

Al riguardo, il primo comma dell’art. 1759 c.c. impone a suo carico degli obblighi informativi verso le parti, laddove viene previsto che “Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso”.

Tale disposto normativo si ricollega alle clausole generali che incombono sulle parti di qualsiasi rapporto obbligatorio e che concernono l’ordinaria diligenza di cui all’art. 1176 c.c. (secondo cui nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia, fermo restando che la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata), nonché il dovere di buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali a norma dell’art. 1175 c.c.

Ciò premesso, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che non rientra nella nozione di “ordinaria diligenza” lo svolgimento, in difetto di particolare incarico, di specifiche indagini di tipo tecnico giuridico, per cui non risulta ricompreso nella prestazione professionale del mediatore l’obbligo di accertare -previo esame dei registri immobiliari- la libertà del bene oggetto della trattativa da trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli (Cassazione civile, Sez. II, 5/04/2017, n. 8849).

In egual misura, in difetto di una diversa ed espressa richiesta del cliente in tal senso, il mediatore professionale immobiliare NON è tenuto ad esaminare le conservatorie dei registri immobiliari, onde verificare in quale categoria catastale rientri l’immobile, e, di conseguenza, se l’acquisto di esso consentirà all’acquirente il godimento dei benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa (Cassazione civile, Sez. III, 8/05/2012, n. 6926).

Dunque, in occasione della stipula di un preliminare di vendita, il mediatore ha l’obbligo di comunicare al promissario acquirente le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza richiesta in relazione al tipo di prestazione, non essendo egli tenuto, in difetto di uno specifico incarico, a svolgere particolari indagini di natura tecnico-giuridica (v. Cassazione civile, Sez. II, 12/11/2019, n. 29229, ove in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha condiviso la decisione della corte territoriale che, in una fattispecie in cui l’immobile promesso in vendita era risultato edificato in assenza di concessione edilizia e la domanda di sanatoria allegata al titolo d’acquisto della promittente venditrice era stata falsificata, aveva escluso la responsabilità del mediatore sul presupposto che la falsificazione non fosse agevolmente riscontrabile).

Pur tuttavia, è stato osservato che il limite dell’obbligo d’informazione che l’art. 1759, primo comma, c.c. pone a carico del mediatore non esclude affatto la possibilità di configurare la sua responsabilità per avere dato ad uno dei contraenti informazioni obiettivamente non vere, segnatamente se esse vertano su circostanze d’indubbio rilievo, quali quelle attinenti tra l’altro all’affermata ed inveridica assenza d’iscrizioni ipotecarie sull’immobile; ciò in quanto il generale dovere di correttezza, cui fa riscontro l’affidamento della parte nella veridicità delle affermazioni del mediatore sullo stato e sulle caratteristiche essenziali dell’immobile, gli impone per contro d’informare chi sia interessato all’acquisto della propria inconsapevolezza in ordine alla verità di quanto egli affermi, chiarendo che le notizie fornite sono incontrollate. Infatti, l’affermazione di un fatto ne presuppone normalmente la conoscenza e non certo l’ignoranza; per converso, un fatto ignorato è normalmente taciuto e non anche affermato (Cassazione civile, Sez. III, 15/05/2001, n. 6714).

Ciò vale anche se il mediatore si spinge a fornire alla parte interessata alla conclusione dell’affare informazioni sulla regolarità urbanistica dell’immobile, omettendo di controllare la veridicità di quelle ricevute (nella specie, la natura abusiva della veranda, adibita a cucina e in posizione centrale rispetto agli altri locali, e, quindi, neppure condonabile), in quanto così facendo egli non assolve all’obbligo di corretta informazione in base al criterio della media diligenza professionale, il quale comprende non solo l’obbligo di comunicare le circostanze note (o conoscibili secondo la comune diligenza) al professionista ma anche il divieto di fornire quelle sulle quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, sicché è responsabile per i danni sofferti dal cliente (Cassazione civile, Sez. II, 16/09/2015, n. 18140). Tra l’altro, laddove l’irregolarità urbanistica non ancora sanata riferita all’immobile oggetto della promessa di vendita risulti di palese evidenza -in quanto agevolmente desumibile dal riscontro tra la descrizione dell’immobile contenuta nell’atto di provenienza e lo stato effettivo dei luoghi- il mediatore è tenuto ad esserne edotto e pertanto è legittimo in tale ipotesi il rifiuto del promissario acquirente di corrispondere la provvigione (Cassazione civile, Sez. III, 16/07/2010, n. 16623).

Si applicano i medesimi principi di diritto laddove l’immobile oggetto del preliminare risulti privo del certificato di abitabilità: il mediatore avrà comunque diritto alla provvigione ove non consti che gli fosse a conoscenza di detta circostanza e abbia quindi taciuto o mentito, né risulti che lo stesso, specificamente incaricato di procedere a una verifica in tal senso, abbia omesso la relativa indagine o l’abbia eseguita in modo erroneo (Cassazione civile, Sez. II, 21/02/2017, n. 4415).

Ancora, il mediatore ha l’obbligo di informare gli acquirenti se è a conoscenza che l’immobile compravenduto provenga da donazione in favore della figlia dei promittenti venditori, coniugi tra loro e quindi reciprocamente legittimari in concorso con la figlia, posto che quest’ultima circostanza rende instabile l’acquisto dei promissari acquirenti, esponendoli all’eventuale azione di riduzione e rendendo difficile l’accesso al credito garantito da ipoteca (Cassazione civile, Sez. II, 16/01/2019, n. 965).

Difatti la provenienza del bene da donazione, anche se non comporta per sé stessa un pericolo concreto e attuale di perdita del bene, tale da abilitare il promissario ad avvalersi del rimedio dell’art. 1481 c.c., è comunque circostanza influente sulla sicurezza, la stabilità e le potenzialità dell’acquisto programmato con il preliminare e non può essere taciuta dal promittente venditore, pena la possibilità che il promissario acquirente, ignaro della provenienza, rifiuti la stipula del contratto definitivo, avvalendosi del rimedio generale previsto dell’art. 1460 c.c. (Cassazione civile, Sez. II, 12/11/2019, n. 29229).

E’ stato poi stabilito che il mediatore è tenuto -secondo il criterio della media diligenza professionale- a rendere le informazioni sul rendimento energetico (cd. classe energetica) dell’immobile oggetto dell’affare intermediato, fin dal momento in cui ne effettua la relativa pubblicità, trattandosi di informazioni funzionali alla determinazione dell’acquirente in ordine all’acquisto dell’immobile (Cassazione civile, Sez. II, 9/08/2022, n. 24534).

Inoltre, nel perimetro della responsabilità ex art. 1759 c.c. del mediatore professionale rientra altresì il profilo della capacità patrimoniale delle parti stesse, costituendo un elemento influente sulla sicurezza dell’affare, specie in presenza della dazione di una somma a titolo di anticipo di pagamento o di caparra (Cassazione civile, Sez. II, 29/09/2020, n. 20512).

In altri termini, il mediatore, nei confronti dell’intermediato, ha il duplice obbligo di dichiarare le circostanze rilevanti dell’affare delle quali sia a conoscenza e di tacere le circostanze delle quali egli non abbia sicura contezza; pertanto, viene meno a tali obblighi il mediatore che, richiesto dal venditore, dichiari la sicura affidabilità del compratore, pur non avendolo mai conosciuto (Cassazione civile, Sez. III, 18/07/2008, n. 19951).

* * *

Per quanto concerne poi le conseguenze dell’inadempimento del mediatore, si evidenza come non necessariamente esso precluda il diritto alla provvigione dell’agente immobiliare.

Occorre difatti verificare se la gravità del medesimo sia tale da legittimare la risoluzione del contratto di mediazione, o se invece consenta unicamente di ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla parte lesa, la quale dovrà comunque corrispondere la provvigione all’agente immobiliare (o non avrà il diritto ad ottenerne la restituzione).

Sul punto, si rammenta che l’azione di risoluzione del contratto per inadempimento e la relativa azione risarcitoria hanno differenti presupposti applicativi, giacché la prima esige che l’inadempimento di una delle parti non sia di scarsa importanza (avuto riguardo all’interesse dell’altra), mentre l’azione risarcitoria presuppone che l’inesatta esecuzione della prestazione abbia prodotto al creditore un danno; ne consegue che la condanna del mediatore al risarcimento del danno nei confronti di una delle parti per inadempimento del proprio dovere di informazione non implica automaticamente che il contratto debba essere risolto e che -di conseguenza- il mediatore perda il diritto alla provvigione (v. Cassazione civile, Sez. III, 20/08/2009, n. 18515, ove è stata confermata la sentenza di condanna dell’agente immobiliare al risarcimento del danno nei confronti del cliente per non averlo informato dell’esistenza di una locazione ultranovennale, regolarmente trascritta sull’immobile che questi aveva poi acquistato, con accertamento però del diritto del mediatore al pagamento della provvigione, poiché l’avvenuta conclusione del contratto dimostrava la scarsa importanza dell’inadempimento).

Analizzando poi un ulteriore caso concreto, si rileva come non sia stata accolta la domanda di annullamento di un contratto di mediazione volto all’acquisto di un immobile (con conseguente richiesta di condanna alla restituzione della somma versata a titolo di provvigione ed al risarcimento dei danni patiti), motivata dal fatto che nonostante le rassicurazioni più volte date dall’agenzia di mediazione sia stato costruito un autoparco non ricoperto da uno spazio verde, in quanto lo stesso non incide in maniera rilevante sulla godibilità del bene acquistato, il quale si trovava in una zona già di per sé popolata e trafficata della città (Tribunale Roma sez. X, 01/12/2016, n. 22413).

Si è stabilito in ultima analisi che in ipotesi di contratto preliminare di compravendita annullabile, poiché stipulato dall’esercente la potestà anche in nome e per conto del figlio minore, senza però l’autorizzazione del giudice tutelare ex art. 320, terzo comma, c.c., il mediatore non abbia diritto alla provvigione, essendo irrilevante che il genitore si fosse impegnato a chiedere l’autorizzazione giudiziale; ciò, in quanto tale circostanza non è idonea a rimuovere il detto connotato di invalidità, né il fatto che il preliminare in questione sia stato erroneamente ricondotto al diverso schema del contratto sottoposto alla condizione sospensiva del successivo intervento dell’autorizzazione, assumendo rilievo esclusivamente la circostanza che, in un giudizio promosso per la sua esecuzione, sia stata ad esso viceversa negata efficacia tra le parti (Cassazione civile, Sez. III, 15/05/2002, n. 7067).


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Avv. Davide Longo

Lo studio legale dell'Avv. Davide Longo (e-mail: avv.longo@icloud.com; tel.: 055/0516064) si trova a Firenze. L'Avvocato Longo si occupa di diritto civile, con particolare attenzione al Diritto Bancario ed al Diritto Finanziario, nonché al Risarcimento dei danni ed al recupero dei crediti.

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