Airbnb, patologia della sostituzione d’imposta
La recente vicenda del sequestro preventivo disposto dalla magistratura penale nei confronti di Airbnb, per le ritenute che avrebbero dovuto essere operate sulle locazioni brevi intermediate dalla piattaforma digitale, è una buona occasione per fare il punto sugli aspetti patologici della tassazione alla fonte, ovvero sull’eventualità che si inceppino i meccanismi della sostituzione d’imposta.
È noto che nel nostro ordinamento può assumere la veste di sostituto d’imposta (art. 64 d.P.R. n. 600/1973) chi viene obbligato dalla legge al pagamento di imposte “in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto”, dovendo in tal caso esercitare obbligatoriamente la rivalsa a meno che non sia diversamente stabilito in modo espresso.
L’obbligo di sostituzione si concretizza, nella sostanza, in un obbligo di effettuare una ritenuta al momento del pagamento di un compenso costituente reddito per il percettore, come accade ad esempio per il datore di lavoro che eroga gli stipendi ai propri dipendenti, per l’impresa che paga dei compensi di lavoro autonomo e in tante altre situazioni. Quando la ritenuta è effettuata “a titolo di acconto”, il percettore deve comunque includere i redditi ricevuti nella propria dichiarazione e, dopo aver liquidato l’imposta lorda su di essi dovuta, procedere allo scomputo della ritenuta subita.
Il meccanismo della sostituzione tributaria può tuttavia incorrere in malfunzionamenti, come accade quando il sostituto ometta di effettuare le ritenute cui era obbligato, oppure, avendole effettuate, ometta di versarle all’erario.
Quest’ultima eventualità, ovvero il mancato versamento, da parte del sostituto, delle ritenute che sono state effettivamente operate, appare la situazione più agevole da gestire sul piano accertativo e della riscossione. Dopo la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 10378 del 2019, è ormai acquisito che nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme per le quali ha operato le ritenute d’acconto, il percettore-sostituito non ha alcun obbligo solidale in sede di riscossione, giacché la responsabilità solidale è prevista unicamente per le ipotesi in cui non è stata effettuata la ritenuta, e solo quando questa è “a titolo di imposta”, non potendo in tal caso l’imposta essere assolta attraverso la dichiarazione dei redditi del contribuente sostituito. Ed è altresì assodato che il contribuente-sostituito può scomputare la ritenuta subita in sede di dichiarazione dei suoi redditi, indipendentemente dal fatto che il sostituito abbia o meno provveduto a versare la ritenuta all’erario.
Il contribuente che percepisce un reddito assoggettabile a ritenuta in acconto non concorre in effetti agli obblighi di sostituzione, trovandosi rispetto a tali obblighi in una posizione passiva, appunto di soggezione. Tenendo conto di questa premessa, è possibile affrontare in modo sistematicamente corretto anche la diversa ipotesi patologica che ricorre quando il sostituto, pur essendovi obbligato, non effettua le ritenute in acconto, erogando al percipiente-sostituto l’intero compenso, senza appunto decurtarlo dalle ritenute.
In tale circostanza la gestione da parte dell’Amministrazione finanziaria della fase accertativa e della riscossione è più complessa. Come si è detto l’importo della ritenuta (non effettuata) non può essere chiesta al contribuente-sostituito, tranne nei casi in cui si tratti di ritenute a titolo di imposta, cioè con carattere definitivo, come si desume dall’art. 35 del d.P.R. n. 602/1973 (“Quando il sostituto… non ha effettuato né le ritenute a titolo di imposta né i relativi versamenti, il sostituito è coobbligato in solido”).
Dunque la ritenuta in acconto non effettuata, unitamente alle sanzioni per l’inadempimento dell’obbligo, può essere chiesta dall’Amministrazione soltanto al sostituto. Ciò può tuttavia dar luogo a rischi di doppia imposizione: se infatti il contribuente percettore ha dichiarato il reddito ricevuto e versato l’imposta ad esso relativa, l’erario ha già interamente incassato il tributo dovuto su quel reddito, e la richiesta al sostituto di un importo corrispondente alla ritenuta non effettuata darebbe luogo appunto a una doppia imposizione dello stesso reddito, vietata dall’art. 163 del Tuir.
Ne deriva che l’Amministrazione, in queste situazioni, dovrebbe, prima di recuperare la ritenuta non effettuata a carico del sostituto, verificare se il sostituito abbia assolto all’obbligo di dichiarare i propri redditi e pagare le relative imposte, e in caso affermativo astenersi dal recuperare l’importo corrispondente alla ritenuta. In caso contrario si verificherebbe un cumulo di prelievi, con un’ulteriore possibile conseguenza: come sappiamo gli obblighi di sostituzione si accompagnano normalmente ad un obbligo di rivalsa, che normalmente è preventiva, cioè operata contestualmente all’erogazione dei compensi al sostituito. Se tuttavia il sostituto non effettua la ritenuta in acconto, e questa gli viene chiesta dall’Amministrazione finanziaria, si pone il problema se il sostituto possa o debba comunque esercitare la rivalsa a posteriori, richiedendo il relativo importo al sostituito. La questione non è di facile soluzione: l’obbligo di rivalsa serve ad assicurare un corretto collegamento soggettivo tra l’indice di capacità contributiva (il reddito, in questo caso) e il soggetto passivo che lo manifesta e deve perciò sopportare l’onere impositivo, e tale soggetto va individuato nel contribuente-percettore del reddito; può tuttavia accadere che il contribuente-sostituito abbia già interamente assolto al suo onere tributario in dichiarazione, e in tal caso l’esercizio dell’azione di regresso da parte del sostituto che eserciti una rivalsa postuma darebbe luogo a una ingiustificata doppia imposizione a carico del contribuente percettore. Ciò rende ancor più urgente il coordinamento tra l’azione di riscossione nei confronti del sostituto, in relazione alle ritenute da questi non operate, con l’eventualità che l’imposta sia nella sostanza già stata interamente assolta dal sostituito in sede dichiarativa, astenendosi in tal caso dal recuperare la ritenuta (ferme restando le sanzioni irrogabili al sostituto d’imposta per le violazioni da questo commesse).
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Michela Casarsa
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