Allo stalker non si può impedire la frequentazione del condominio dove risiede la sua vittima

Allo stalker non si può impedire la frequentazione del condominio dove risiede la sua vittima

Il reato di stalking, recentemente introdotto nel nostro Ordinamento, qualifica una serie di comportamenti reiterati di tipo persecutorio realizzati da un soggetto nei confronti della sua vittima. Comportamenti che possono raggrupparsi in una serie di condotte vessatorie quali forme di minaccia, molestia o atti lesivi continuati e tali da indurre nella persona che le subisce sia un disagio psichico e fisico sia un ragionevole senso di timore.

Il reato non è caratteristico di un fenomeno omogeneo né, tantomeno, di una condotta tipica e di un profilo tendenziale del cd. stalker.

Del reato di cui all’art. 612 bis c.p. si è nuovamente pronunciata la Suprema Corte con una recentissima Sentenza – la n. 30926 del 19/07/2016 – con la quale si afferma che nel caso in cui lo stalker e la sua vittima vivano all’interno dello stesso condominio, il primo non è obbligato a vivere altrove.

Anche se la casistica in astratto enucleabile mostra che vi sia spesso un legame di natura affettiva e sentimentale, il reato è classificato come comune e quindi commissibile da chiunque senza che si presupponga l’esistenza di interrelazioni soggettive specifiche (come affermato dalla stessa Corte di Cassazione con la Sent. n. 24575 del 2012).

La stessa giurisprudenza ha chiarito che la tipologia di reato, non necessariamente dettato da sole “questioni amorose”, può pure manifestarsi nel cd. stalking condominiale, inteso come quelle ripetute persecuzioni ai danni di un vicino di casa che inducano la vittima ad un perdurante stato di ansia e paura tanto da costringerla a modificare le proprie abitudini di vita.

Lo stalking e gli atti persecutori nel diritto penale e civile Copertina flessibile – 1 gen 2014

Anche la condotta dello stalker condominiale, seppur senza voler raggiungere un determinato obiettivo, dovrà porlo in una posizione di ingiustificata predominanza da cui possa conseguire uno specifico danno. È sufficiente quella costante consapevolezza, nel susseguirsi degli eventi, di ognuno degli attacchi e dell’apporto che ciascuno di essi arreca all’interesse protetto.

Il reato, essendo qualificabile come reato di evento a struttura causale e non di mera condotta, si caratterizza per la produzione di un evento di “danno” consistente, appunto, nell’alterazione delle abitudini di vita e in un perdurante e fondato stato di timore per la propria incolumità, per quella di un prossimo congiunto o di una persona alla quale il soggetto è legato da relazione affettiva.

Seppur vero che il reato di stalking condominiale è in fase di assorbimento rispetto al più ampio reato di stalking, poiché trattasi di una figura non codificata ma delineata da particolare ed estensiva applicazione giurisprudenziale della figura criminosa, il suo esercizio in ambito condominiale permette di apprestare un efficace strumento di tutela per tutti coloro che in via indiretta subiscono un turbamento alla propria tranquillità domestica e sono o si sentono costretti ad alterare il proprio modus vivendi.

Il giudice, quindi, qualora sussistano esigenze di tutela dell’incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima ovvero vietare di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza la sua autorizzazione.

Perché sia configurabile il reato di cui all’art. 612 c.p., non è tuttavia necessario che sia accertato uno stato patologico essendo sufficiente che gli atti persecutori abbiano avuto effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima.

L’obbligo di risiedere in altro luogo, invero, comporterebbe per lo stalker un eccessivo sacrificio tale da evidenziare contrarietà ai principi di proporzionalità tra illecito penale e sanzione.

La Cassazione, tuttavia, chiarisce che il divieto di dimora deve confrontarsi con le esigenza abitative del reo. Nel caso in cui quest’ultimo e la sua vittima vivano nello stesso edificio, non può operare il divieto menzionato restando valido – invece – quello di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa ovvero quello di allontanarsi da quest’ultima ogni volta che si possa in essa imbattere.

Lo stalking. Il reato di atti persecutori: aspetti sostanziali e processuali Copertina flessibile – 1 dic 2013

La vittima di stalking condominiale, afferma la Corte, può essere tutelata evitando che il reo si avvicini ma senza poter impedire che quest’ultimo entri ed esca da casa propria.

La ratio della decisione sta nell’equilibrare gli interessi di entrambe le parti interessate, evitando di limitare la vita sociale dello stalker e le sue libertà fondamentali a favore di una maggiore esigenza di tutela per la parte perseguitata.


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Rosa Rizzuto

Laurea Magistrale in Giurisprudenza conseguita con il massimo dei voti. Pratica forense svolta presso l'Avvocatura Comunale della Città di Torino. Aspirante avvocato e, attualmente, Giurista d'Impresa Junior.

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