AMBIENTE: l’applicazione di disposizioni peggiorative per il privato in tema di pianificazione territoriale è insindacabile
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 3 giugno 2015, n. 1293
a cura di Sara Scapin
In sede di pianificazione territoriale non ha alcun rilievo il fatto che la previgente disciplina sia più favorevole al privato atteso che l’interesse ad evitare l’emanazione di disposizioni peggiorative costituisce un interesse di mero fatto non suscettibile di positivo apprezzamento.
Il fatto
L’interessante pronuncia in analisi concerne il ricorso promosso dalla parte ricorrente avverso il piano di governo del territorio del Comune di Brugherio, il quale, nella redazione di un piano idrogeologico, avrebbe in primo luogo attribuito il valore di rischio idrogeologico R4 (che indica, in tema di pericolosità idraulica, una situazione di elevato rischio per persone, edifici, infrastrutture e patrimonio ambientale) ad alcune porzioni di un compendio di sua proprietà, occupata da delle vasche di disinfestazione di un impianto di depurazione.
In secondo luogo, la ricorrente contesta anche la scelta del Comune di inserire tale area nella rete ecologica di ricomposizione paesaggistica, in considerazione dell’esistenza di elementi di particolare pregio ambientale, essendo la zona posta nelle vicinanze del fiume Lambro.
La decisione
La ricorrente propone all’attenzione del Tribunale amministrativo una serie di motivi, di cui particolare attenzione merita il secondo.
Con il primo motivo viene censurata l’attribuzione ad alcune porzioni del proprio fondo del valore di rischio R4.
Considerando che in tema di discrezionalità amministrativa il giudizio dei magistrati amministrativi deve limitarsi a verificare la sola attendibilità delle operazioni tecniche svolte (in particolare sotto il duplice profilo della correttezza del criterio tecnico adoperato e della corretta applicazione dello stesso), senza poter sostituire la propria valutazione a quella condotta dagli organi tecnici dell’amministrazione, il consesso accoglie la richiesta della ricorrente, in conformità al parere espresso da un esperto incaricato proprio di valutare l’operato svolto dal perito di parte.
Quanto alla seconda censura, con la quale la ricorrente contesta l’applicazione delle norme tecniche di attuazione – le quali non avrebbero indicato gli indici edificatori dell’area, portando così all’applicazione, alcuna valida ragione, di una disciplina peggiorativa rispetto a quanto previsto dal precedente piano di governo del territorio – essa non trova accoglimento.
I giudicanti rilevano infatti come i suddetti indici rinviino prontamente ad un masterplan allegato, a sua volta, ad una convenzione urbanistica stipulata proprio con la ricorrente nel 2012: in quest’ultima non solo vengono puntualmente indicate le opere che ne costituiscono l’oggetto, ma addirittura sono allegate una serie di planimetrie.
In più, sottolinea il Tribunale, è principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui le scelte urbanistiche compiute dalle pubbliche autorità rappresentino scelte di merito, che non possono essere sindacate dal giudice amministrativo, salvo manifesta arbitrarietà ed irragionevolezza della decisione o palese travisamento dei fatti di causa.
Ne consegue, pertanto, che l’amministrazione non ha l’obbligo di motivare specificamente le scelte riguardanti le singole zone, essendo all’uopo sufficiente un mero richiamo ai criteri generali adottati e, nel caso di specie, indicati nell’apposita relazione di accompagnamento al piano.
Le uniche eccezioni si rinvengono nei casi in cui:
– l’interessato all’atto di pianificazione versi di una situazione di particolare affidamento derivante da una convenzione di lottizzazione stipulata con il Comune che riservi alla sua area un trattamento più favorevole rispetto a quello introdotto col piano sopravvenuto;
– derivi da una sentenza di annullamento di un provvedimento di diniego al rilascio del titolo edilizio;
– l’autorità decida di imprimere destinazione agricola ad un lotto intercluso da fondi legittimamente edificati.
A nulla rileva, pertanto, che la precedente legislazione fosse più favorevole per il privato, poiché l’interesse ad evitare l’emanazione di disposizioni “in peius” rappresenterebbe un interesse di mero fatto, insuscettibile di positivo apprezzamento.
Infatti, rilevano i magistrati, la decisione del Comune sarebbe insindacabile (rappresentando una scelta di merito), nonché immune da censure avendo l’amministrazione Comunale comunque rispettato l’interesse privato, consentendo alla ricorrente di sviluppare il compendio nel rispetto dei limiti previsti dal masterplan.
Con il terzo motivo la ricorrente contesta l’inserimento dell’area di cui è proprietaria nella rete ecologica di ricomposizione paesaggistica, adducendo a sostegno della propria tesi l’inesistenza di elementi di particolare pregio ambientale che giustificherebbero la scelta del Comune.
Il Tribunale amministrativo regionale coglie l’occasione per evidenziare brevemente come, a differenza di quanto previsto dalla legge urbanistica (per la quale, in ossequio al principio gerarchico, prevede che il piano collocato su di un livello inferiore della scala debba rispettare le previsioni dei piani superiori), nel modello regionale i piani superiori non sono sempre sovraordinati agli altri, dettando semplicemente una serie di regole di indirizzo e orientamento che, sebbene non possano certamente venire stravolte, possono comunque trovare deroga in una disciplina di carattere inferiore ma maggiormente dettagliata.
Nel caso di specie, la decisione del Comune di inserire il fondo di proprietà della ricorrente all’interno della rete verde di ricomposizione paesaggistica è dovuta alla corretta scelta dell’amministrazione comunale di attenersi alle direttive impartite dalla Regione e dalla Provincia (che avevano inserito la stessa area all’interno della rete ecologica regionale).
Per tale ragione, sottolineano ancora i magistrati, non era necessaria una particolare istruttoria, considerando che le rimostranze della ricorrente non hanno evidenziato la presenza di caratteristiche tali da escludere tale area dall’ambito ambientale.
In particolare, viene sottolineato come il terreno della ricorrente sia collocato in prossimità del fiume Lambro, nonchè presenti ampi spazi inedificati i quali, di conseguenza, ben potrebbero svolgere la funzione di corridoio ecologico.
In considerazione delle ragioni suesposte, i giudici amministrativi deliberano per il parziale accoglimento del ricorso, disponendo l’annullamento dell’attribuzione ad alcune parti del compendio del rischio R4, e respingendo le rimanenti rimostranze della ricorrente.
Sara Scapin
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