Analisi della natura della responsabilità dell’operatore sanitario non esercente la libera professione

Analisi della natura della responsabilità dell’operatore sanitario non esercente la libera professione

Ai sensi dell’articolo 7 della legge 8 marzo 2017, n. 24 – c. d. Legge Gelli Bianco – è stata sancita la natura extracontrattuale della responsabilità dell’operatore sanitario non esercente la libera professione.

Tale enunciazione avendo natura sostanziale non trova applicazione con riferimento alla responsabilità del medico per fatti antecedenti alla sua entrata in vigore ciò in applicazione dei principi generali dell’ordinamento in materia di successione delle leggi nel tempo.

La vicenda

Il Tribunale di Treviso, è stato chiamato a decidere con riferimento aduna ipotesi di malpratica medica derivante dalla esecuzione di un intervento chirurgico – eseguito nell’agosto del 2009 – avanzata nei confronti della struttura sanitaria e del singolo operatore sanitario alla stessa facente capo.

Nella statuizione conclusiva dell’intrapreso procedimento, il Tribunale adito, con riferimento alla responsabilità avanzata nei confronti della struttura sanitaria, ha rilevato che la stessa rientri a pieno titolo nel regime della responsabilità contrattuale di cui agli artt. 1218 e 1228 c. c.

Sul punto, sia il previgente regime rappresentato dalla cosiddetta “legge Balduzzi” – l. n. 189/2012- sia dalla novella cosiddetta “legge Gelli-Bianco”, è stato riaffermato il principio in base al quale il la struttura sanitaria che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, risponde a titolo di responsabilità contrattuale ex artt. 1218 e 1228 c. c. delle condotte dolose o colpose di questi.

Dibattuta, invece, è la questione relativa alla responsabilità imputabile all’esercente responsabilità sanitaria.

Sul punto la già citata legge Gelli-Bianco, ex art. 7, comma terzo, prevede che “L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente”.

Con tale enunciato il legislatore ha espressamente inteso qualificare la responsabilità dell’operatore sanitario non esercente la libera professione come extracontrattuale, ponendosi in antitesi con gli approdi precedentemente raggiunti dalla giurisprudenza in conseguenza dell’elaborazione della teoria del cosiddetto “contatto sociale qualificato”.

Precisa il Tribunale che “con tale espressione, si fa riferimento ad un rapporto sociale intercorso fra due o più soggetti il quale, pur in assenza di alcuna pattuizione contrattuale, è idoneo a ingenerare in taluni fra i soggetti coinvolti una situazione di affidamento “qualificato” e, di conseguenza, a far sorgere dei doveri specifici di comportamento attivo in capo agli altri ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1173 cod. civ. (cfr., ex multis, Cass., SS.UU., 21 maggio 2018, n. 12477).

Caratteristica peculiare del contatto sociale qualificato, dunque, è l’assenza di un obbligo primario di prestazione unita alla configurabilità, in capo ad una delle parti, di un dovere di protezione degli interessi della controparte. Come osservato dalla migliore dottrina, infatti, nelle fattispecie riconducibili al genus del contatto sociale qualificato si registrerebbe una prestazione senza obbligazione, oltre che un’obbligazione senza prestazione. Pertanto, in questi casi non vi sarebbe alcuna pretesa all’adempimento azionabile coattivamente, bensì un diritto del creditore ad un comportamento corretto e diligente nel caso in cui la prestazione venga eseguita correttamente. La fonte della responsabilità contrattuale viene dunque individuata non tanto nell’inadempimento di un’obbligazione senza prestazione, o in una generale nozione di responsabilità da affidamento, quanto nella violazione di obblighi nascenti da situazioni non di contratto, bensì di contatto sociale qualificato. Occorre a questo punto domandarsi se la teoria del contatto sociale qualificato, un tempo maggioritaria nell’ambito della responsabilità medica (ancorché messa in discussione dall’art. 3, comma primo, della legge Balduzzi), possa trovare applicazione nonostante l’espresso abbandono di tale regime di responsabilità ad opera del legislatore per il tramite della l. n. 24/2017.

Attesa tale enunciazione si pone un quesito assai rilevante concernente la natura dell’art. 7, comma primo, della legge Gelli-Bianco e, in particolare, la sua idoneità a operare retroattivamente a fatti avvenuti prima della sua vigenza.

A riguardo esistono varie impostazioni.

Una prima impostazione, considera la predetta disposizione come avente natura meramente interpretativa e, pertanto, applicabile ai fatti avvenuti precedentemente all’entrata in vigore della legge (cfr. Tribunale di Latina, 27 novembre 2018).

Una seconda impostazione, ritiene che l’enunciazione della cosiddetta “legge Gelli-Bianco” ha natura sostanziale e, dunque, soggiace al principio generale di irretroattività delle norme entrate in vigore successivamente alla commissione del fatto (cfr. Cass. 9 novembre 2017, n. 26517).

Pur non essendosi allo stato consolidato a livello giurisprudenziale alcuno fra i due orientamenti esposti, il Tribunale di Treviso ha inteso aderire al secondo.

Lo stesso ha ritenuto condivisibile la teoria della natura sostanziale della legge Gelli-Bianco, dovendosi conseguentemente concludere per l’inidoneità, di tale novella legislativa, a trovare applicazione relativamente a fatti verificatisi anche in precedenza.

Il Giudice di prime cure ha, di conseguenza, inteso ricondurre la responsabilità dell’operatore sanitario al regime di cui all’art. 1218 cod. civ., trovando applicazione, al caso di specie, la teoria del contatto sociale qualificato.

Di fatto, nell’azione di responsabilità contrattuale il creditore danneggiato deve dimostrare il proprio titolo contrattuale e limitarsi ad allegare l’inadempimento, essendo il debitore danneggiante gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, ossia l’esatto adempimento (cfr., da ultimo, Cass. 12 giugno 2018, n. 15328).

Vie da sé che sul creditore danneggiato grava comunque l’onere di provare il nesso di causalità materiale fra la condotta colposa del debitore danneggiante e il danno-evento e il nesso di causalità giuridica fra il danno-evento e le conseguenze dannose dello stesso per il cui ristoro si agisce in giudizio (cfr., ex multis, Cass. 26 luglio 2017, n. 18329).

Conclusioni

Avendo l’articolo 7, comma primo, della c. d. Legge Gelli Bianco natura sostanziale la stessa non può trovare applicazione per i fatti avvenuti in epoca antecedente alla sua entrata in vigore in virtù al principio di irretroattività della legge.


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