Ancora fino al 30 aprile 2019 per aderire alla rottamazione-ter e al saldo e stralcio
Con la scadenza del 30 aprile giunge al capolinea la terza edizione della rottamazione, prevista tra le novità della pace fiscale introdotte con il Decreto Legge n. 119/2018.
L’articolo 3 del DL n. 119/2018 disciplina le regole necessarie a stabilire quali cartelle potranno essere chiuse grazie alla nuova rottamazione – ter pagando l’importo netto del debito senza sanzioni e interessi.
I contribuenti ammessi, infatti, potranno pagare il debito maturato, al netto di sanzioni ed interessi, in un massimo di 18 rate suddivise in cinque anni, con la prima scadenza fissata al 31 luglio 2019 e l’ultima al 30 novembre 2023.
Potranno scegliere di aderire alla nuova definizione agevolata prevista dalla pace fiscale i contribuenti con cartelle affidate all’ente di riscossione tra il 2000 e il 31 dicembre 2017 che non rientrano nel saldo e stralcio previsto per i contribuenti con ISEE fino a 20.000 euro.
Potranno, inoltre, beneficiare dei vantaggi della nuova rottamazione anche i contribuenti che hanno aderito alle due precedenti definizioni agevolate, e anche in caso di mancato pagamento delle rate scadute entro lo scorso 7 dicembre. In questo caso il numero di rate si riduce a 10.
Sono escluse dalla sanatoria, invece: – le somme derivate da sentenze di condanna della Corte dei Conti; – le sanzioni aventi natura propriamente penale; – le somme rivenienti dal recupero di aiuti di Stato illegittimi; – le sanzioni diverse da quelle di natura tributaria o contributiva.
Fanno eccezione le sanzioni per violazione al codice della strada che possono essere definite, con azzeramento delle somme aggiuntive alla sanzione, quali gli interessi di mora. Si ricorda che per le entrate costituenti risorse proprie dell’Ue e per l’Iva all’importazione, in precedenza del tutto escluse dalla rottamazione, sono dettate regole specifiche nell’articolo 5 del Dl 119/18.
Il vantaggio della definizione è rappresentato dall’azzeramento delle sanzioni e degli interessi di mora. Restano dovuti solo la sorte capitale, gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, l’aggio sull’importo della definizione e il rimborso delle spese sostenute dall’agente della riscossione per la notifica della cartella di pagamento e per eventuali procedure di recupero.
La definizione agevolata si chiede con la presentazione dell’apposita istanza (modello DA – 2018), di persona presso gli sportelli dell’agenzia delle entrate e riscossione, ovvero tramite pec, entro la fine del mese di aprile.
Successivamente, entro la fine di giugno, l’agente della riscossione comunica al debitore l’ammontare da corrispondere. Sono previste 18 rate in cinque anni, delle quali le prime due, pari ciascuna al 10% del totale, in scadenza il 31 luglio e il 30 novembre 2019, il restante 80% verrà suddiviso nei successivi quattro anni con scadenza il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre di ciascun anno successivo, fino al 2023. È disposta, a differenza della precedente rottamazione, una tolleranza massima di cinque giorni di ritardo per ogni rata.
In caso di decadenza dalla procedura di definizione, non solo si ripristinano sanzioni e interessi di mora ma il debito residuo non può più essere rateizzato. A questo riguardo, si evidenzia una delle differenze rispetto alle precedenti versioni di legge. E, mentre in passato il debitore poteva non pagare la prima rata della rottamazione, acquisendo così il diritto di riprendere la dilazione ordinaria in corso alla data di presentazione della domanda di sanatoria, oggi le dilazioni pregresse vengono revocate ope legis con il decorso della scadenza del 31 luglio. Ciò, sia che si paghi la prima rata sia che non la si versi. Questo significa, in sostanza, che una volta che si è ammessi alla rottamazione non è più possibile ripristinare le precedenti dilazioni. Una volta presentata la domanda sono inibite nuove azioni cautelari e/o esecutive.
Possono beneficiare della definizione anche le somme oggetto di contenzioso. In tal caso, il debitore assume l’impegno a rinunciare all’azione con la presentazione dell’istanza. La rinuncia tuttavia produce effetti solo dopo il buon esito della procedura. Nel frattempo, il debitore può chiedere la sospensione dei giudizi in corso che si estinguono, con compensazione delle spese, con il deposito della documentazione attestante l’integrale versamento delle somme dovute.
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