Andiamo a convivere? Si, ma con contratto!

Andiamo a convivere? Si, ma con contratto!

Si registra, negli ultimi tempi un forte incremento delle coppie che preferiscono instaurare una convivenza piuttosto che affrontare un matrimonio.

Per ragioni economiche o per ragioni organizzative o per libera scelta, causa anche la pandemia mondiale che ci ha coinvolto, si registrano numerosissimi nuovi contratti di convivenza.

Il legislatore si occupava di questa materia già dal 2016 con la famosa legge Cirinnà,con la quale è garantito ai conviventi di fatto di poter disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza.

La Legge Cirinnà, quindi, porta con sé una forte ingerenza dello Stato nella vita di coppia, che trasforma un sentimento e una scelta in precisi oneri e onori ed assicura alla coppia convivente molte garanzie proprie del matrimonio.

Per esempio, i conviventi hanno diritto reciproco di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali in caso di malattia o ricovero ospedaliero.

Il convivente che presta la propria assistenza all’altro, poi, può godere dei permessi lavorativi retribuiti.

Inoltre, uno può designare l’altro quale rappresentante per le decisioni in materia di salute, in caso di malattia che comprometta la capacità di intendere e di volere.

Se, poi, uno dei due conviventi dovesse venire a mancare, l’altro ha diritto a subentrare nel contratto di locazione della casa di comune residenza. Peraltro, qualora il convivente proprietario della casa familiare dovesse decedere, l’altro convivente potrebbe avere diritto (per un periodo comunque non superiore ai 5 anni) di continuare a vivere nella casa.

In punto economico, la principale innovazione introdotta dalla Legge riguarda l’eventuale diritto agli alimenti in caso di cessazione della convivenza.

È importate notare che si parla di “alimenti” e non di “mantenimento” come avviene con la separazione.

La differenza è sostanziale, perché i parametri per individuare i primi sono notevolmente più stringenti rispetto al diritto al mantenimento che la fine del matrimonio può portare con sé.

Dunque, in caso di convivenza, vi è diritto a ricevere gli alimenti solo nelle situazioni più bisognose di tutela e solo quando uno dei conviventi non sia, oggettivamente, nella possibilità di provvedere autonomamente al proprio sostentamento.

In ogni caso, la determinazione degli alimenti tiene conto della durata della convivenza, dello stato di bisogno di chi domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli.

I requisiti. I requisiti da possedere per poter stipulare un contratto di convivenza si sostanziano nell’essere conviventi stabili,  non coniugati, uniti civilmente o in un altro contratto di convivenza. La maggiore età, la mancanza di interdizione, la mancanza di vincoli di parentela, affinità o adozione, matrimonio o precedente unione civile.

La sopravvenienza di una delle circostanze sopra evidenziate, ove sia possibile, estingue il contratto di convivenza con efficacia dal momento del verificarsi della stessa.

La forma. Per quanto riguarda la forma del contratto, non è necessario l’atto pubblico.

Il contratto, le sue modifiche e la sua risoluzione sono redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestino la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Successivamente alla stipula, il contratto di convivenza sarà trasmesso al Comune di residenza dei conviventi, ai fini dell’iscrizione all’anagrafe.

Il regime patrimoniale. La parte forse più importante della disciplina sui contratti di convivenza è quella che prevede, a favore dei conviventi, la possibilità di scegliere un regime patrimoniale.

I conviventi avranno la possibilità di optare per la comunione legale che, null’altro è che la comunione legale dei beni per i coniugi, ma potranno optare anche per una separazione legale dei beni o per una comunione convenzionale.

In caso i conviventi optino per il regime della comunione dei beni, dovranno tenere conto di come i loro acquisti entreranno a far parte della stessa fatti salvi i casi di esclusione previsti dagli articoli 178 (beni destinati all’esercizio dell’impresa) e 179 (beni personali) del codice civile.

Per i conviventi è tuttavia possibile modificare in qualsiasi momento le convenzioni in ordine al regime patrimoniale scelto.

La disciplina sul recesso. Ai conviventi è data la possibilità di recedere (unilateralmente) dal contratto di convivenza.

Quando il convivente che eserciti il recesso sia unico titolare della disponibilità della residenza familiare, lo stesso dovrà concedere all’altro convivente un termine non inferiore a novanta giorni per abbandonare l’immobile.

È possibile trasferire degli immobili nell’ambito del contratto di convivenza?

Nel contratto di convivenza sarà possibile prevedere, quale negozio collegato, un trasferimento immobiliare.

Per rendere detto trasferimento opponibile ai terzi sarà però necessaria la forma notarile.

In caso di cessazione del contratto di convivenza per recesso, quanto trasferito rimarrà in capo al coniuge beneficiario di detto trasferimento.

Data la recente introduzione dell’istituto in esame, anche questa interpretazione appare dubbia. Appare perciò necessario che il contratto di convivenza sia predisposto con le clausole che disciplinino quanto possa essere previsto dalle parti.

In conclusione, dunque, rispetto a quanto avveniva in passato, la convivenza porta con sé alcuni diritti e doveri che non rendono davvero così libera la scelta di stare insieme ogni giorno e di dirsi addio da un momento all’altro. Forse lasciarsi sarà un iter meno complesso di quello della separazione e del divorzio ma, comunque sia, non sarà possibile chiudere la relazione senza doverne affrontare le conseguenze (anche giuridiche).


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dott.ssa Antonella De Marco

Consegue la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso l’Università della Calabria, con tesi sperimentale in diritto privato e diritto bancario. Frequenta la Scuola di Alta Formazione Giuridica, specializzandosi in temi di diritto civile, penale ed amministrativo. Ha collaborato con lo Studio Legale De Filicaia -sito in Rende (CS)- specializzato in diritto civile, tributario, commerciale e diritto del lavoro occupandosi dell’analisi, trattazione e risoluzione delle maggiori questioni giuridiche nell’ambito dei contratti tipici, nella risoluzione di problemi legati al credito ed ai rapporti tra contribuente e Fisco, oltreché alle controversie in materia di famiglia e diritto del lavoro.

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