APPALTI: imprese escluse se non indicano le condanne riportate sul casellario giudiziale
Cons. Stato, sez. VI, Pres. Baccarini – Est. Vigotti, 10 settembre 2015, n. 4228
a cura di Maria Amoruso
E’ legittima l’esclusione di un concorrente in una gara pubblica che, come nel caso di specie, non abbia dichiarato le sentenze riportate risultanti dal casellario giudiziale (sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti a due anni di reclusione e sospensione condizionale per il reato di bancarotta fraudolenta, sentenza passata in giudicato per violazione dei sigilli, violazione delle norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, violazione del TU delle leggi sanitarie), né la pendenza di altri carichi penali, con richiesta di rinvio a giudizio, di cui al relativo certificato. Non è dubitabile, infatti, che le suddette condanne debbano essere ricomprese tra quelle considerate dall’art. 38, c. 1, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006, e siano tali da incidere gravemente sulla affidabilità e sulla moralità professionale del soggetto, soprattutto se poste in relazione all’oggetto della procedura di gara, relativa all’affidamento di servizi in favore della collettività e da svolgersi su bene demaniale. Proprio l’oggetto della gara esclude la legittimità dell’affidamento ad un soggetto il cui legale rappresentante sia stato condannato per i surriportati reati, incidenti sulla correttezza personale e professionale del legale rappresentate della società concorrente. Inoltre, la valutazione circa il requisito dell’affidabilità dell’impresa concorrente ad una gara pubblica è riservata all’Amministrazione, ed è frutto di una valutazione sulla quale il sindacato giurisdizionale deve mantenersi “sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti come ragioni del rifiuto.
Il fatto.
Nel caso di specie, la Società cooperativa ricorrente – che ha presentato domanda di partecipazione ad una gara indetta dal Comune di Roma per l’affidamento di servizi connessi alla balneazione sulle spiagge libere del litorale – impugnava la sentenza con cui il T.A.R. Lazio respingeva il ricorso, proposto dalla stessa Società, con il quale era stata impugnata la determinazione dirigenziale del Comune Capitolino, la quale escludeva la ricorente dalla gara.
Particolarmente, tale determinazione n. 1066 del 2014 evidenziava che la Società de qua aveva proposto la domanda di partecipazione in palese violazione dell’art. 38 del D.Lgs. 163/2006, il quale elenca i requisiti di ordine generali, previsti a pena esclusione, che si richiedono alle società partecipanti alle gare d’appalto.
La determinazione poc’anzi citata trovava conferma in un’ulteriore determinazione dirigenziale (n. 1295/2015) “giusta la valutata incidenza delle condotte criminose non dichiarate sui requisiti posti a presidio della normativa richiamara nel bando di gara”.
La decisione.
Il Consiglio di Stato ha confermato integralmente la sentenza del T.A.R. Lazio.
Invero, secondo il Supremo Consesso Amministrativo, la norma di cui all’art. 38 co. 1 lett c) – secondo il quale è causa di esclusione dalle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, la pronuncia di una “sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 45, paragrafo 1, direttiva CE 2004/18; l’esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; dei soci o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata; l’esclusione e il divieto in ogni caso non operano quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima” – legittima ad escludere la qui Società ricorrente la quale non ha adempiuto all’onere di indicare le sentenze contro di lei pronunciate, indicate sul casellario giudiziale.
Le pronuncie riportate (sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di bancarotta fraudolenta, sentenza passata in giudicato per violazione dei sigilli, violazione delle norme in matria di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, violazione del TU delle leggi sanitarie) “devono essere ricomprese tra quelle considerate dalla norma in riferimento” in quanto incidono sensibilmente sulla “affidabilità e sulla moralità professionale del soggetto”, stante anche la natura del servizio, destinato alla fruizione da parte della collettività, oggetto della gara d’appalto.
Al fine di suffragare tale conclusione, i giudici di Palazzo Spada richiamano una decisione (Cons. Stato, VI, 12 giugno 2015, n. 2897) con la quale – in un’analoga vicenda – una società cooperativa era stata esclusa dalla partecipazione ad una gara poiché il legale rappresentante della stessa ricorrente era stato condannato per abusiva occupazione di area demaniale e resistenza a pubblico ufficiale.
Il Consiglio di Stato ha, difatti, statuito che “la valutazione circa il requisito dell’affidabilità dell’impresa concorrente ad una gara pubblica è riservata all’Amministrazione, e che rispetto a tale valutazione il sindacato giurisdizionale deve mantenersi sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti come ragioni del rifiuto (SS.UU. Cass., 17 febbraio 2012, n. 2312). Questo principio, enucleato con specifico riferimento alle ipotesi di cui all’art. 38, lett. f) del d.lgs. n. 163 del 2006 in cui l’esclusione procede da una valutazione circa la grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara, o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, è tanto più valido laddove si versi in una ipotesi contemplata dalla precedente lettera c), relativa ai soggetti nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna per reati che necessariamente comportano negligenza o malafede, e che sono direttamente incidenti sulla fiducia che deve legare i contraenti nell’ambito della contrattazione pubblica”, tra i quali si annoverano anche quelli contestati alla Società ivi ricorrente.
CONFORMI: Cons. Stato, VI, 12 giugno 2015, n. 2897