Appalti, l’omessa dichiarazione di una condanna per bancarotta fraudolenta non comporta l’automatica esclusione dalla gara
Con la sentenza n. 208/2021 il Tar Bologna ha ritenuto che l’omessa indicazione da parte di un operatore economico di aver riportato una condanna per bancarotta fraudolenta di cui all’art. 216 c.p. costituisce una dichiarazione reticente, e quindi incompleta, ma non falsa ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f bis, d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto non rientrerebbe nel reato di frode, quest’ultimo specificamente riportato nel documento di gara unico europeo.
Nel caso in disamina, il provvedimento di aggiudicazione della procedura di gara veniva annullato in autotutela dall’Amministrazione in quanto, all’esito degli accertamenti espletati sul possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 80 d.lgs. 50/2016, emergeva che la società ricorrente non avesse indicato la condanna di bancarotta fraudolenta.
Tuttavia, il Tribunale adito osserva come nello schema di DGUE precipuamente predisposto dalla stazione appaltante venisse indicata soltanto la condanna per frode tra le condanne da dichiarare da parte dei concorrenti, operando un chiaro riferimento all’art. 80, co. 1, d.lgs. n. 50 del 2016 in tema di condanne penali definitive automaticamente escludenti, tra cui alla lett. c) è ricompresa la “frode ai sensi dell’articolo 1 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee”.
Ad opinione del Tar, si tratterebbe di una fattispecie incriminatrice riguardante i soli fatti commessi in danno della predetta Comunità potendovi ad esempio far rientrare la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 c.p.) ma non la bancarotta fraudolenta, stante la non identità del bene protetto dalla norma ovvero in tal ultima fattispecie dell’interesse dei creditori all’integrità del patrimonio del debitore a garanzia del soddisfacimento del credito (Cass. pen., sez. V, 21 settembre 2007, n. 39043).
La pronuncia in esame richiama la più recente giurisprudenza, la quale tende ad effettuare una distinzione tra l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico (Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142) e la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, dove si rappresenta una circostanza in fatto diversa dal vero, cui consegue l’automatica esclusione dalla procedura di gara poiché depone in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico (Cons. Stato, sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407).
Ne discende che soltanto a fronte di una condotta che integra una falsa dichiarazione consegue l’automatica esclusione dalla procedura di gara, mentre, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso.
Il Tar Bologna ha, dunque, stabilito nella sentenza de qua che il riferimento operato nel DGUE alla condanna per “frode” e non già a quella di “bancarotta fraudolenta”, può esimere da responsabilità il dichiarante, non rientrandovi la fattispecie di cui all’art. 216 c.p., secondo una interpretazione necessariamente non estensiva stante il principio di tassatività delle cause di esclusione valevole in subiecta materia (Cons. Stato, sez. V, 23 marzo 2015, n. 1565) e coerente con la disciplina comunitaria.
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Alexandra Genovese
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