Appalti, si può proporre ricorso solo se è stata presentata un’offerta
Con la sentenza del 28 novembre 2018 la Terza Sezione della Corte di Giustizia Europea ha confermato che la disciplina europea non osta ad una normativa nazionale che non consenta agli operatori economici di proporre un ricorso contro i provvedimenti dell’amministrazione aggiudicatrice relativi ad una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare in quanto hanno ritenuto che, per effetto della normativa applicabile, era “molto improbabile” che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione.
La Corte si è quindi espressa su una questione fondamentale, più volte sollevata dinnanzi al giudice europeo, sotto il duplice profilo, da un lato, dell’ammissibilità del ricorso proposto da parte di un operatore economico che si è astenuto dal presentare un’offerta in quanto era certo o assai probabile che l’appalto in questione non avrebbe potuto essergli assegnato; dall’altro, sotto il profilo, inerente al merito, dell’applicazione di una normativa nazionale – in tal caso quella italiana – relativa alla capacità di agire in giudizio che possa ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva delle ricorrenti nel procedimento principale aggiudicato, e quindi risultare in contrasto con la disciplina europea che regola la materia.
Nello specifico, la causa C-328/17 riguarda la domanda sollevata dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria per ottenere una pronuncia pregiudiziale sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafi da 1 a 3, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989 – che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori come modificata dalla direttiva 2007/66/CE dell’11 dicembre 2007 del Parlamento europeo e del Consiglio – con specifico riguardo al possibile contrasto con essa della disciplina nazionale italiana che subordina il diritto dell’operatore economico a ricorrere in giudizio all’aver presentato un’offerta nell’ambito della procedura di aggiudicazione dell’appalto.
In particolare, la disciplina europea in questione prevede che “gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda gli appalti disciplinati dalla direttiva [2004/18], le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli da 2 a 2 septies della presente direttiva, sulla base del fatto che hanno violato il diritto in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme nazionali che lo recepiscono. 2. Gli Stati membri garantiscono che non vi sia alcuna discriminazione tra le imprese suscettibili di far valere un pregiudizio nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto, a motivo della distinzione effettuata dalla presente direttiva tra le norme nazionali che recepiscono il diritto [dell’Unione] e le altre norme nazionali. 3. Gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione”. Inoltre all’articolo 2, paragrafo 1 tale direttiva disciplina i requisiti per le procedure di ricorso, prevedendo che “gli Stati membri provvedono affinché i provvedimenti presi in merito alle procedure di ricorso di cui all’articolo 1 prevedano i poteri che consentono di: (…) b) annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specifiche tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nell’invito a presentare l’offerta, nei capitolati d’oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione”.
Similmente, la Direttiva 92/13/CEE, che disciplina l’applicazione delle disposizioni comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, prevede che “gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione”.
Infine la Corte adita ha tenuto conto anche del Regolamento n. 1370 del 23 ottobre 2007, che all’articolo 5 prevede che i contratti di servizio o i contratti di servizio pubblico di cui alle direttive 2004/17 e 2004/18 per la fornitura di servizi di trasporto di passeggeri con autobus o tram sono aggiudicati secondo le procedure di cui a dette direttive, qualora tali contratti non assumano la forma di contratti di concessione di servizi quali definiti in tale normativa.
Posta la suindicata disciplina comunitaria, la Corte di Giustizia Europea è stata chiamata a verificare se la disciplina nazionale italiana sia in contrasto con quanto disposto dalla normativa dell’Unione Europea.
La Corte ha quindi tenuto conto dell’articolo 100 del codice di procedura civile, il quale dispone che “per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”, e che si applica anche al processo amministrativo come espressamente disposto dall’articolo 39 dell’allegato uno del decreto legislativo 2 luglio 2010, n.104.
Sempre in merito alla questione in oggetto, rileva inoltre sia la legge nazionale che dispone che di norma i servizi pubblici locali devono essere svolti in ambito territoriale provinciale, che la legge regionale sul trasporto pubblico regionale e locale, la quale in seguito alla modifica disposta dalla legge n.19 del 2016, prevede che i terreni e i servizi di trasporto terrestre e marittimo non debbano più essere aggiudicati in un lotto unico che copre l’intero territorio regionale – come invece disposto dalla disciplina previgente – bensì in quattro lotti relativi a quattro ambiti territoriali omogenei.
Arrivando a quanto deciso da giudice europeo, la Corte di Giustizia ha in primo luogo ritenuto, nonostante si sia rilevato che l’Amministrazione abbia deciso di non dar seguito al bando dopo l’adozione della legge n. 19/2016 e dunque l’oggetto principale del ricorso è venuto meno, di dover dichiarare ricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale in quanto non vi è dubbio che si tratta di una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione, alla quale la Corte deve rispondere al fine di preservare l’uniformità di applicazione del medesimo.
Invece nel merito la Corte di Giustizia Europea ha premesso che ai sensi della direttiva 89/665 gli Stati membri sono tenuti a garantire che le procedure di ricorso previste da tale direttiva siano accessibili «per lo meno» ad ogni operatore economico che abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle disposizioni nazionali che attuano tale diritto. Per tale motivo la partecipazione a un procedimento di aggiudicazione di un appalto può, in linea di principio, validamente costituire, riguardo all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, una condizione che deve essere soddisfatta per dimostrare che il soggetto coinvolto ha interesse all’aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi o rischia di subire un danno a causa dell’asserita illegittimità della decisione di aggiudicazione di detto appalto. Dunque, sempre in linea generale, se un operatore economico non ha presentato un’offerta, difficilmente questo può dimostrare di avere interesse a opporsi a detta decisione o di essere leso o rischiare di esserlo dall’aggiudicazione di cui trattasi.
Tuttavia la Corte sottolinea che occorre tener conto anche degli insegnamenti della sentenza del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service (C‑230/02, EU:C:2004:93), insegnamenti che la stessa Corte ritiene in parte applicabile al caso di specie.
Dunque viene rilevato che sarebbe eccessivo esigere che un operatore presenti un’offerta nell’ambito del procedimento di aggiudicazione dell’appalto anche quando le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell’esistenza di dette specifiche. Per tale ragione “si deve pertanto constatare che i requisiti sia dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 sia dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13 sono soddisfatti se un operatore che non ha formulato alcuna offerta dispone, in particolare, di un diritto di proporre ricorso qualora ritenga che talune specifiche contenute nella documentazione di gara rendano impossibile la formulazione stessa di un’offerta”.
Viene dunque sottolineato dalla Corte che non si può escludere che, tenuto conto delle circostanze specifiche del procedimento principale, l’applicazione di una siffatta normativa possa comportare una violazione del diritto di proporre ricorso che le ricorrenti nel procedimento principale derivano sia dall’articolo 1, paragrafo 3, della Direttiva 89/665 sia dall’articolo 1, paragrafo 3, della Direttiva 92/13.
Secondo il giudice europeo tale valutazione va però rimessa al giudice del rinvio, il quale deve tener conto degli elementi pertinenti che caratterizzano la questione sottopostagli e constatare se l’applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati.
Tuttavia nel caso di specie la Corte, sulla base degli elementi a sua disposizione, ritiene che non possa affermarsi che la disciplina nazionale in questione sia in contrasto con quella europea.
Per tali ragioni il giudice europeo ha concluso ritenendo che la normativa nazionale che non consenta agli operatori economici di proporre un ricorso contro i provvedimenti dell’amministrazione aggiudicatrice relativi ad una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare in quanto hanno ritenuto che, effetto della normativa applicabile, era “molto improbabile” che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione, non risulta astrattamente in contrasto con la disciplina europea che regola la materia.
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Niccolò Macdonald
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