Appalto in condominio: culpa in eligendo e in vigilando dell’amministratore
L’argomento in esame rappresenta una delle più delicate e articolate fonti di responsabilità dell’amministratore di condominio nello svolgimento della professione, in particolar modo durante l’esecuzione di un contratto d’appalto.
Risulta opportuno, pertanto, tracciare una panoramica complessiva delle fonti normative correlate alla questione, nonché dei principali orientamenti giurisprudenziali e della dottrina che ne hanno approfondito i presupposti e le caratteristiche strutturali.
1. Culpa in eligendo. Una particolare ipotesi nella quale l’amministratore condominiale, in qualità di committente in appalto, può essere chiamato a rispondere dei danni cagionati dall’appaltatore – nonostante la posizione di autonomia organizzativa e di mezzi ricoperta dallo stesso – nei confronti di terzi è senza dubbio alcuno la cd. culpa in eligendo, cioè la ‘’colpa nella scelta’’.
La locuzione richiamata, infatti, ricopre ogni tipologia di responsabilità dei padroni e dei committenti per qualsiasi danno arrecato a terzi dai propri dipendenti, per come selezionati ai fini dello svolgimento degli incarichi a essi affidati.
Pur facendo letterale riferimento al concetto di colpa – il quale dovrebbe sottendere alla cd. colpa generica (negligenza, imprudenza, imperizia) ovvero alla cd. colpa specifica (violazione di determinate e specifiche norme giuridiche di divieto o di ammonizione) – l’istituto viene ormai ricondotto tanto dalla dottrina quanto dai principali orientamenti giurisprudenziali a una vera e propria ipotesi di responsabilità oggettiva, che prescinde da qualsiasi elemento psicologico d’imputabilità civile (dolo, colpa) in capo al soggetto ritenuto responsabile, basando i propri effetti sulla sola esistenza di un nesso di causalità tra il danno prodottosi e la condotta (attiva od omissiva) dell’agente, in quanto titolare di una posizione di garanzia rispetto ad uno o più beni giuridici tutelati dalla legge.
Attraverso questo strumento, infatti, l’Ordinamento vuol raggiungere lo scopo di marcare nettamente la responsabilità e muovere un preciso rimprovero nei confronti di tutti i committenti e datori di lavoro i quali non abbiano curato con sufficiente accortezza la scelta dei propri collaboratori, i quali si siano rivelati poi in concreto sprovvisti delle necessarie qualità e mezzi per il regolare svolgimento degli interventi assegnati, cagionando in tal modo uno o più danni a terzi.
Generalmente, la responsabilità dell’amministratore condominiale e committente per culpa in eligendo, poiché di natura extracontrattuale, trova fonte nel già richiamato disposto normativo di cui all’art. 2049 c.c., nonché nel principio generale del neminem laedere (art. 2043 c.c.).
Nei casi sottesi alla predetta norma infatti, come chiarito da recente giurisprudenza, colui il quale si avvale dell’opera altrui ancorché non alle proprie dipendenze – pur dovendosi distinguere i casi nei quali l’amministratore procede alla scelta dell’impresa appaltatrice in autonomia da quelli nei quali costui si limita ad eseguire una delibera assembleare – ne risponde civilmente quando sussista il cd. nesso di occasionalità necessaria, elemento di collegamento tra l’effettivo esercizio delle incombenze assegnate agli ausiliari e il danno concretamente verificatosi (vv. C. Cassaz., sez. civ., nn. 17681/2016 e 6033/2017).
In tema d’appalto, pertanto, ricorrono gli estremi della culpa in eligendo e, perciò, della responsabilità dell’amministratore-committente, ogniqualvolta il compimento dell’opera o del servizio relativi al contratto stipulato siano stati affidati ad una o più imprese appaltatrici prive, de facto, delle capacità e degli strumenti tecnici generalmente indispensabili per eseguire a regola d’arte e secondo canoni di diligenza professionale la prestazione oggetto del negozio giuridico concluso (vv. C. Cassaz., sez. civ., n. 7356/2009).
Occorre precisare, altresì, che l’art. 90, c.9 e l’allegato XVII di cui al D. Lgs n. 81/2008 dispongono in capo all’amministratore l’onere di chiedere, al momento della valutazione dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici, copia della seguente documentazione: Certificato d’iscrizione CCIAA con sotteso oggetto sociale; Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) ai sensi del D. M. 24/10/2007; Dichiarazione sul contratto collettivo di lavoro applicato con sottese informazioni sull’organico medio annuo a disposizione, corredato dagli estremi delle denunce dei lavoratori eseguite presso INPS, INAIL ed eventualmente CASSA EDILE; Dichiarazione del datore di lavoro di non essere oggetto di provvedimenti d’interdizione o sospensione ex art.14 dello stesso D. Lgs. n. 81/2008 (in ambito di violazioni in materia di superamento tempi di riposo, di lavoro, sicurezza e igiene ovvero del cd. lavoro nero).
Giova poi ricordare anche che in caso di violazione delle norme vigenti in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro e sugli obblighi contributivi, sussiste il rischio di perdere tutte le detrazioni fiscali eventualmente ottenute in precedenza, a vantaggio dei condòmini, per lo svolgimento dei lavori di ristrutturazione.
Come noto, le predette detrazioni sono fruibili se l’amministratore di condominio riesce a ottemperare a tutta una serie di adempimenti riferibili all’impresa appaltatrice, prefigurando – in senso generale – la normativa sull’appalto una responsabilità collettiva tra committente, appaltatore ed eventuale subappaltatore in relazione al necessario controllo del versamento dei contributi previdenziali, assicurativi e delle ritenute fiscali dei lavoratori impiegati nell’appalto, come evincibile dalle previsioni di cui all’art. 13-ter del D. L. n. 83 dd. 22.06.2012.
L’interpretazione letterale della predetta norma, infatti, sembra prevedere un obbligo derivante dalla richiamata responsabilità solidale estensibile anche ai condòmini.
Per l’effetto, qualora l’amministratore non rispetti i predetti vincoli sugli obblighi contributivi, ogni singolo condòmino-contribuente rischia di non vedersi riconoscere dall’Agenzia delle Entrate le detrazioni fiscali richieste, con recupero successivo degli importi delle detrazioni da parte dell’Ente impositore.
L’amministratore, infatti, oltre a conservare scrupolosamente tutta la documentazione giustificativa dei lavori di ristrutturazione, deve provvedere alla verifica della regolarità contributiva delle imprese appaltatrici prima dell’inizio dei lavori poiché, in caso di assenza dei requisiti richiesti dalla legge (es. mancata esibizione o assenza di DURC), il titolo abilitativo è suscettibile di sospensione, con conseguente blocco dei lavori imponibile dal Comune ed ispezione in cantiere da parte del personale dell’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP).
Sicché, in materia d’appalto condominiale, qualora l’impresa appaltatrice de facto non provveda a retribuire i propri lavoratori o a versare i dovuti contributi previdenziali e/o assicurativi, ciascun lavoratore dispone del diritto di agire direttamente nei confronti del condominio committente, prima ancora di rivolgersi alla predetta appaltatrice, pur tenuta al rimborso al condominio degli eventuali esborsi sottesi.
Un tanto espone, quindi, l’amministratore non soltanto a responsabilità dirette, fiscali e risarcitorie, in qualità di rappresentante del condominio verso l’Agenzia delle Entrate e nei confronti dei lavoratori impiegati nell’appalto, ma anche – soprattutto – ad una responsabilità nei confronti del condominio e dei condòmini rispettivamente in caso di azioni giudiziali intentate da lavoratori impiegati nell’appalto e di perdita delle predette detrazioni laddove ciò sia conseguente a negligente, imperita o imprudente condotta dell’amministratore stesso, il quale ben potrebbe essere chiamato a risponderne civilmente per violazione delle proprie obbligazioni contrattuali (art. 1218 c.c.) assunte con il mandato conferitogli dall’assemblea condominiale.
Quanto all’ambito probatorio, generalmente al fine di escludere la responsabilità per culpa in eligendo ascrivibile all’appaltante-committente in relazione ai danni patiti dai terzi, non appare sufficiente dimostrare che costui abbia affidato la sorveglianza dei lavori ad un direttore dei lavori, poiché la colpa del committente è ravvisabile ogniqualvolta il compimento delle opere o del servizio sia stato affidato ad un appaltatore ab origine sprovvisto delle capacità tecniche e dell’organizzazione d’impresa necessarie ad eseguire quanto pattuito senza rischi o pericoli per soggetti terzi.
Invero, quanto appena esposto non trova estensione soltanto nel caso in cui il direttore dei lavori si ingerisca direttamente ed in prima persona nella conduzione e nell’organizzazione dei lavori, tanto da relegare l’appaltatore a nudus minister (vv. C. Cassaz., sez. civ., n. 4697/1984).
Pertanto, al fine di dimostrare l’insussistenza della propria responsabilità per culpa in eligendo, l’amministratore chiamato a risponderne in sede giudiziale deve riuscire a provare l’assoluta insussistenza di ogni nesso di causalità tra i danni verificatisi nei confronti dei terzi e la propria condotta posta in essere al momento della scelta dell’impresa appaltatrice o in quello della valutazione e verifica della sussistenza dei necessari requisiti nel differente caso in cui egli si sia limitato a seguire le direttive impartite dall’assemblea condominiale.
Egli dovrà, pertanto, riuscire a documentare di aver svolto diligentemente il proprio compito e di aver preventivamente verificato e valutato la ricorrenza di tutti i requisiti necessari e l’idoneità organizzativo-professionale dell’appaltatrice per le opere dedotte in contratto, in modo da dimostrare che qualsiasi danno verificatosi nei confronti dei terzi è riconducibile unicamente a responsabilità dolosa o colposa dell’impresa stessa ovvero che lo stesso deriva da cd. caso fortuito, vale a dire da un evento imprevisto, imprevedibile ed incontrollabile ex ante il quale, da solo, ha determinato, in tutto o in larga parte, l’insorgere del danno in maniera irrimediabile.
Logicamente, quanto sin qui argomentato trova applicazione in tutti i casi nei quali sia stato l’amministratore in autonomia ed in assenza di apposita delibera assembleare ad affidare l’incarico ad una impresa, la quale ben potrebbe rivelarsi in seguito sprovvista dei requisiti necessari.
In tali casi, infatti, l’amministratore esercita i propri poteri in quanto mandatario del condominio, assumendo perciò la paternità della scelta di un’impresa appaltatrice non idonea, vedendo così ricadere su di sé tutte le conseguenze per eventuali danni dalla stessa provocati a terzi.
Il caso opposto, invece, sussiste nell’ipotesi in cui sia l’assemblea a deliberare l’affidamento dei lavori ad un’impresa appaltatrice in realtà sprovvista dei predetti requisiti.
Nel caso in cui tale scelta sia assunta senza che l’amministratore si sia premurato di informare preventivamente l’assemblea, la responsabilità diretta per la scelta imprudente, negligente o imperita dell’appaltatrice ricade sull’organo assembleare, tuttavia residua un inadempimento dell’amministratore ai propri doveri nei confronti del condominio.
Pertanto, in base al negozio giuridico intercorrente tra amministratore e condominio, il primo risulta comunque contrattualmente responsabile, ai fini risarcitori, nei confronti del secondo ex art. 1218 c.c. per mancata osservanza dei propri obblighi.
Residua, infine, il caso in cui l’assemblea deliberi l’affidamento dei lavori ad impresa non idonea, pur in costanza di precise, adeguate e preventive informazioni fornite dall’amministratore al riguardo, di fatto estromettendo ogni potere decisionale o propositivo di quest’ultimo dall’iter di scelta dell’impresa appaltatrice.
In tale ordine di ipotesi si ritiene che la responsabilità per culpa in eligendo debba essere ascritta, principalmente, all’assemblea dei condòmini, risultando l’amministratore privo di autonomia e di potere decisionale in tutti i casi nei quali egli sia tenuto a dare esecuzione ad una delibera di tal genere, alla quale costui de facto non abbia potuto partecipare e sulla quale non abbia potuto incidere, poiché intrapresa nonostante gli appositi avvertimenti e la propria contrarietà all’affidamento dei lavori nelle modalità proposte dai condòmini.
Pertanto, in concomitanza di simili casistiche, non è possibile “prescindere dal ruolo effettivamente svolto dall’amministratore nella stipulazione del contratto e nella sua successiva attuazione, considerando anche l’ambito di autonomia di azione di cui egli eventualmente disponeva ed i poteri decisionali concretamente attribuitigli” (vv. C. Cassaz., III sez. pen. , n. 42347 dd. 15.10.2013).
Un tanto, in ogni caso, va posto sempre in correlazione con il principio generale secondo il quale l’amministratore condominiale deve adoperarsi per evitare di dare inopinatamente esecuzione a delibere che possano presentare eventuali profili di incompletezza, irregolarità o illegittimità.
2. Culpa in vigilando. Quanto, invece, alla collegata ma differente ipotesi della cd. culpa in vigilando, è possibile affermare che essa consiste in un istituto munito di una propria autonomia concettuale.
Infatti, può parlarsi di culpa in vigilando come di una responsabilità per omissione che insorge in tutti i casi nei quali l’amministratore non si sia concretamente prodigato a svolgere con perizia e diligenza tutti i controlli ritenuti opportuni sul regolare svolgimento ed andamento dei lavori oggetto d’appalto in conformità con quanto contrattualmente pattuito (oneri che, come noto, residuano in ogni caso in capo al committente a prescindere dalla compresenza di un direttore dei lavori), nonché tutti gli accertamenti necessari al fine di appurare l’avvenuta adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure di protezione richieste dall’Ordinamento in tema di sicurezza e prevenzione di infortuni sul lavoro.
Per l’effetto, ne consegue che la suddetta responsabilità si palesa tutte le volte in cui, in presenza di danni arrecati alle proprietà individuali dei singoli condòmini ovvero, in ogni caso, a soggetti terzi in occasione dell’esecuzione di opere o servizi oggetto di contratto d’appalto in ambito condominiale, è possibile dimostrare che qualora l’amministratore avesse correttamente e diligentemente vigilato, sarebbe stato possibile, con sufficiente grado di certezza o probabilità statistica, evitare i danni in concreto verificatisi.
Quanto alla natura giuridica della responsabilità in esame, occorre precisare come, al riguardo, costante giurisprudenza abbia avuto modo di stabilire quanto segue: “..trattasi in realtà di una forma di responsabilità a carattere non oggettivo, atteso che essa non è configurabile allorquando il danno sia stato causato da un’attività dell’impresa svolta in regime di totale autonomia” (vv. C. Cassaz., nn. 20557/2014, 25251/2008).
Appare chiaro, quindi, che in tutti i casi nei quali l’amministratore sarà chiamato a rispondere a titolo di culpa in vigilando, egli dovrà difendersi cercando di dimostrare che l’eventus damni si è in realtà verificato per tutta una serie di circostanze ed eventi imprevisti ed imprevedibili i quali esulavano dal proprio potere di vigilanza e di controllo sull’andamento dei lavori appaltati.
Per approfondire ulteriormente, oltre alle sentenze citate, si rimanda a:
Marostica Avv. A., ‘’Appalto in condominio e danno a terzi: chi ne risponde?’’, 16.04.2018, da quotidianodelcondominio.it
Moino Avv. P., ‘’La responsabilità dell’amministratore di condominio’’, da anaci-verona.net
Orefice Avv. M., ‘’La responsabilità dell’amministratore di condominio nel contratto d’appalto’’, 24.10.2018, da condominioweb.com
Orefice Avv. M., ‘’Lavori di ristrutturazione in condominio: detrazioni fiscali a rischio in assenza del DURC dell’impresa’’, 15.10.2017, da studiocataldi.it
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
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Manuel Massimiliano La Placa
Dottore in Giurisprudenza, Amministratore Condominiale Professionista e Praticante Avvocato.
Laurea magistrale conseguita presso l'Università degli Studi di Trieste con tesi sperimentale in diritto tributario, Relatore Ch. mo Prof. Avv. Dario Stevanato.
Si occupa, nel particolare, di diritto civile, condominiale e tributario.