Appalto ingiustamente aggiudicato ad altri? Il CdS indica i presupposti per il risarcimento per equivalente
Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 3858 del 13 settembre 2016
Estensore: Contessa; Presidente: Caringella
PRESUPPOSTI PER IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA MANCATA AGGIUDICAZIONE DI GARA D’APPALTO
La sentenza in commento affronta un importantissimo argomento, che continuamente si presenta ai giudici amministrativi: il danno da mancata aggiudicazione di gara d’appalto; e lo ha fatto stabilendo che la non veridicità di un requisito espressamente previsto dal bando di gara non può essere sanata ricorrendo al c.d. soccorso istruttorio sostanziandosi nella mancanza, incompletezza, rectius irregolarità essenziale dell’elemento richiesto, pertanto determina l’esclusione della società dalla gara. Ma nel caso in cui la società che doveva essere esclusa si è, invece, aggiudicata l’appalto, adempiendo anche alla fornitura richiesta, la seconda classificata, in qualità di potenziale vincitrice ha diritto al risarcimento per equivalente.
Preliminarmente occorre ricostruire il quadro storico dell’istituto.
Prima dell’intervento delle SS.UU. n. 500\1999 vi era un granitico atteggiamento di chiusura della giurisprudenza in merito alla possibile risarcibilità degli interessi legittimi. Solo a seguito dell’intervento della Suprema Corte si è ammessa tale possibilità. Invero la Corte di Cassazione, nella sentenza richiamata, esplicitamente ha affermato che “la lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di un altro interesse giuridicamente rilevante, può essere fonte di responsabilità aquiliana e, quindi, dar luogo a risarcimento del danno ingiusto”.
Quanto alle tecniche risarcitorie si ammettono:
la reintegrazione in forma specifica, ex art. 30 c.p.a., da esperire solo laddove è ancora possibile e non è eccessivamente onerosa per il debitore;
ed il risarcimento per equivalente, che attribuisce al danneggiato utilità solo equivalenti rispetto a quella giuridico-economica lesa dalla condotta illecita della P.A., in assenza dei presupposti per la reintegrazione in forma specifica.
Venendo al fatto oggetto di ricorso, prima di approdare al Consiglio di Stato, la società Marchi Industriale s.p.a. – seconda classificata in una gara d’appalto per la fornitura di prodotti chimici e reagenti – chiedeva, con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Piemonte, l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva, in favore della Hidrodepur s.p.a., della gara bandita dalla Acqua Novara VCO s.p.a., concessionaria dei servizi idrici per le Province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola.
Secondo la società ricorrente, la s.p.a. vincitrice non avrebbe dovuto ottenere l’aggiudicazione in quanto nella “Dichiarazione di conformità” (prevista dalla lex specialis a pena di esclusione), aveva indicato, come produttrice del policloruro di alluminio (oggetto della sua fornitura), la ditta ‘Altair Chimica’ la quale invece, secondo la ricorrente, non produce affatto siffatta sostanza chimica.
Con ricorso, venivano altresì domandati la dichiarazione di inefficacia del contratto e il subentro della ricorrente nel rapporto contrattuale.
Il Tribunale amministrativo adito ha respinto il ricorso ritenendolo infondato.
Dunque, a seguito del rigetto del ricorso la Acqua Novara VCO s.p.a. ha stipulato il contratto di appalto con la prima classificata Hidrodepur s.p.a., la quale ha integralmente effettuato la fornitura costituente oggetto del contratto.
Dopo il rigetto del ricorso la seconda classificata ha proposto appello al Consiglio di Stato dogliendosi del mancato annullamento della procedura di selezione, terminata con aggiudicazione non conforme alle norme del d.lgs. 163\2006.
Investito del ricorso, il Collegio, rilevando l’avvenuta fornitura nelle more del giudizio, ha evidenziato l’insussistenza dello specifico interesse per l’appellante ad ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione e il subentro nel contratto. Invero, in base al comma 3 dell’articolo 34 del cod. proc. amm., “quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”.
D’altronde lo stesso appellante, in vista dell’impossibilità di subentro nell’appalto, ha articolato domanda di risarcimento per equivalente pecuniario.
Pertanto il Consiglio di Stato, non potendo soddisfare attraverso il rimedio del risarcimento in forma specifica, ha esaminato i presupposti di carattere oggettivo e soggettivo per riconoscere all’appellante il ristoro del danno patito in ragione della mancata aggiudicazione dell’appalto di cui sopra.
Secondo il Consiglio di Stato, Il TAR avrebbe dovuto escludere la società Hidrodepur e, quindi aggiudicare l’appalto alla Marchi Industriale, in quanto la prima non ha fornito alcuna prova in positivo circa il fatto che essa stessa avrebbe prodotto il policloruro di alluminio ma si è limitata a fornire, in data successiva all’aggiudicazione, precisazioni circa il modo di reperimento della sostanza.
Secondo i giudici amministrativi, dalle dichiarazioni in questione emerge con chiarezza che il policloruro di alluminio non sarebbe stato prodotto dalla Hidrodepur e neppure da un’altra società richiamata dall’aggiudicataria che, al contrario, lo avrebbe acquistato da una terza impresa e solo successivamente lo avrebbe rivenduto alla Hidrodepur perché questa lo fornisse alla Acqua Novara.
Il che si pone in evidente contrasto con le prescrizioni della lex specialis di gara, laddove il requisito era richiesto in via necessaria.
L’asserita produzione ‘in conto lavorazione’ da parte di terzi soggetti, in sé del tutto legittima, non aveva i presupposti per soddisfare le prescrizioni della lex specialis, restando comunque demandata a un’impresa del tutto distinta sia dalla Altair, sia dalla concorrente Hidrodepur.
Orbene, per il Collegio non trova alcun conforto in atti l’affermazione resa dai primi Giudici, secondo cui la documentazione in atti sarebbe stata “chiara nel ricondurre la paternità del prodotto oggetto di offerta”, anzi, la documentazione in atti depone in senso affatto diverso e del tutto conforme a quanto denunciato dalla società Marchi Industrie.
Una volta appurata la poco chiara formulazione dei requisiti ad opera della società aggiudicatrice dell’appalto, il Consiglio di Stato ha esaminato la questione se la non veritiera dichiarazione resa dalla Hidrodepur ai fini dalla partecipazione alla gara comportasse l’esclusione dalla stessa (come ritenuto dall’appellante) ovvero se tale circostanza fosse comunque emendabile attraverso il ricorso al c.d. ‘soccorso istruttorio’, non legittimando comunque l’esclusione dalla gara (come ritenuto dalla Hidrodepur).
Ad avviso del Collegio il mendacio deve certamente portare all’esclusione dalla gara, per i seguenti motivi:
il disciplinare di gara imponeva che ciascun concorrente possedesse adeguati requisiti di capacità tecnica e professionale, da dichiarare conformemente all’articolo 42, comma 1, lettera a) del previgente ‘Codice dei contratti’;
il punto 8 del medesimo disciplinare imponeva che ciascun concorrente inserisse nella documentazione di gara – e a pena di esclusione – anche l’autocertificazione di conformità di cui all’allegato ‘B’;
nell’ambito dell’allegato ‘B’ ciascun concorrente avrebbe dovuto indicare – fra l’altro – l’impresa che avrebbe effettivamente prodotto il policloruro di alluminio.
Sulla scorta di ciò la non veridicità in parte qua delle dichiarazioni rese dalla Hidrodepur non poteva che comportare l’esclusione dalla gara, in quanto ineriva un aspetto centrale della capacità economica e professionale necessaria ai fini della gara.
La richiamata non veridicità non può essere in nessun modo sanata attraverso il ricorso al c.d. ‘soccorso istruttorio’ di cui agli articoli 38, comma 2-bis e 46, comma 1-ter del decreto legislativo 163 del 2006, e quindi la “mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive” non può che comportare l’esclusione dalla gara.
Orbene il TAR avrebbe dovuto escludere la Hidrodepur dalla gara, che, invece, doveva essere aggiudicata alla società appellante.
Sulla base delle suesposte motivazioni il Consiglio di Stato ha ritenuto sussistenti tutti gli elementi oggettivi dell’illecito foriero di danno, necessari per la soddisfazione della richiesta risarcitoria, ossia: il fatto illegittimo della P.A., il danno conseguente, nonché la sussistenza di un nesso eziologico fra il danno e il fatto dell’amministrazione.
Quanto, invece all’esistenza dell’elemento soggettivo idoneo a configurare un danno risarcibile, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, il privato può provare la colpa dell’amministrazione anche semplicemente dimostrando l’illegittimità del provvedimento lesivo, illegittimità la quale, pur non identificandosi nella colpa, costituisce, tuttavia, un indizio (grave, preciso e concordante) idoneo a fondare una presunzione (semplice) di colpa che l’amministrazione può vincere dimostrando elementi concreti da cui possa evincersi la scusabilità dell’errore compiuto (Sul punto – ex multis -: Cons. Stato, IV, 16 aprile 2016, n. 1347; id., VI, 4 settembre 2015, n. 4115 id., VI, 16 aprile 2015, n. 1944).
Al riguardo, nel corso dell’intera vicenda, la Acqua Novara VCO non ha allegato alcun elemento o circostanza idonea a deporre nel senso della scusabilità dell’errore, resta quindi confermato che sussistono nel caso di specie tutti gli elementi perché si possa ammettere il ristoro del danno subito dall’appellante nell’ambito della complessiva vicenda.
In merito alla determinazione del quantum risarcitorio da porre a carico dell’amministrazione aggiudicatice, considerando il fatto che l’appellante non ha soddisfatto l’onere di puntuale allegazione dell’utile ritraibile in caso di aggiudicazione dell’appalto, e sempre richiamando la prevalente giurisprudenza, il danno da mancata aggiudicazione, in assenza di allegazione probatoria viene liquidato nella misura del 5% dell’offerta, in quanto è ragionevole ritenere che essa abbia riutilizzato mezzi e manodopera impiegati per la gara da cui è stata esclusa illegittimamente per lo svolgimento di altri lavori analoghi o di servizi e forniture, vedendo così ridotta la propria perdita di utilità (in tal senso –ex multis -: Cons. Stato, IV, 9 febbraio 2015, n. 656).
La richiamata percentuale dell’offerta, in mancanza di ulteriori puntuali allegazioni e anche in applicazione dell’articolo 1226 del codice civile, deve ritenersi idonea a ristorare anche il c.d. danno curriculare patito dalla società appellante in conseguenza della illegittima mancata aggiudicazione.
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