Approcci erotici con il partner che dorme: violenza sessuale?
In data 20.10.2017 è stata depositata la sentenza n. 2119 dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, nella quale è stata analizzata una nuova particolare ipotesi di violenza sessuale: l’approccio erotico del partner alla moglie che dorme.
In particolare, nella vicenda in oggetto, analizzata nel merito dal Tribunale di Forlì e poi dalla Corte di Appello di Bologna, va precisato che l’imputato aveva ricevuto una condanna pure per il reato di maltrattamenti nonché per una particolare fattispecie riguardante una violenza sessuale perpetrata mediante penetrazione approfittando del sonno della moglie.
La questione giungeva così dinanzi alla Suprema Corte che, analizzando anche un altro caso di violenza sessuale contestato all’imputato – avente ad oggetto la condotta di aver “posto le mani in mezzo alle gambe mentre dormiva” -, concludeva per la sussistenza del reato di violenza sessuale.
Nello specifico, i giudici motivavano asserendo che “il compimento di atti sessuali deve essere sorretto da consenso e deve sussistere dal momento iniziale e deve permanere durante l’intero corso del compimento dell’atto sessuale (cfr. sent. Sez. III n. 25727 del 24.02.2004, Guzzardi), sicché la manifestazione del dissenso, che può essere anche non esplicita, ma per fatti inconcludenti chiaramente indicativi della contraria volontà e può intervenire in itinere, esclude la liceità del comportamento dell’atto sessuale”.
Sulla base di tale percorso motivazionale sembra quindi assumere importanza e rilievo ogni forma di costringimento psicofisico che riesca ad incidere sulla volizione altrui, anche nell’ambito di rapporti coniugali o paraconiugali e non rileva, ai fini della consumazione del reato, che la vittima non si opponga palesemente laddove risulti che l’agente, in ragione di violenza o minacce, abbia la consapevolezza di un rifiuto implicito della vittima (cfr. Sez . III n. 39865 del 17.02.2015).
La questione, ovviamente, non può non suscitare riflessioni e forse anche qualche critica.
Il problema è quello di stabilire quando lo sfregamento di una zona erogena possa, nei casi del partner che dorme, essere denunciato e rappresentare una ipotesi di violenza sessuale. Nel caso in oggetto, i rapporti tra i coniugi erano in verità già ridotti ai minimi termini (la moglie aveva inoltre inviato una formale diffida stragiudiziale al marito per evitare che insistesse a richiedere di avere rapporti sessuale con lei) e quindi il coniuge non poteva non sapere di andare alla ricerca di un rapporto non consenziente e di risultare altamente sgradito alla compagna. In tale ipotesi, quindi, nulla quaestio.
Il dilemma resta per tutti quegli altri casi in cui si potrebbe evidenziare un errore nella rappresentazione della volontà altrui, soprattutto in quelle ipotesi nelle quali vi sono precedenti comportamenti già accettati. In tali situazioni ben più difficile sarebbe l’affermazione della sussistenza del dolo, elemento psicologico necessario per la configurazione dell’art. 609 bis c.p., se non in presenza di una esplicita e manifesta forma di dissenso del coniuge che dorme.
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Armando Mele
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