Arbitrato e accordo compromissorio
L’accordo che viene raggiunto dai soggetti interessati alla devoluzione in arbitrato di una determinata controversia può essere rappresentato da un compromesso o da una clausola compromissoria per liti contrattuali, cui si aggiunge il terzo ‘’genere‘’ della convenzione d’arbitrato in materia non contrattuale (art. 806-808 quinquies c.p.c., ricompresi nel capo I del titolo VIII come ora modificato dal D. Lgs. N. 40/2006).
L’art. 807 del codice di procedura civile rubricato ‘’Compromesso’’ indica innanzitutto la forma che lo stesso deve avere, infatti esso “deve, a pena di nullità, essere fatto per iscritto e determinare l’oggetto della controversia” continuando poi che “La forma scritta s’intende rispettata anche quando la volontà delle parti è espressa per telegrafo, telescrivente, telefacsimile o messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi’’.
L’art. 807 c.p.c. è dunque estremamente puntuale: il compromesso è l’accordo con il quale le parti devolvono ad arbitri una o più controversie già insorte e deve, sotto minaccia della comminatoria di nullità, essere fatto per iscritto nonché recare la determinazione dell’oggetto della controversia.
Sia la forma scritta che la determinazione dell’oggetto sono imposte ad substantiam – richiamando nella sua totalità la formulazione precedente.
Non risulta tuttavia indispensabile che vi sia un unico atto che riunisca le dichiarazioni negoziali delle parti potendo le stesse manifestarsi tramite atti diversi e formatisi in tempi diversi.
Accogliendo in toto tale impostazione, per l’attuale orientamento della Corte Suprema di Cassazione il requisito della forma scritta richiesto per la validità del compromesso – e clausola compromissoria – non impone che la volontà negoziale sia indefettibilmente espressa in unico documento ma anche separato, purché inscindibilmente collegato nei contenuti al primo.
La Cassazione, con sentenza n. 14018 del 1999 ha affermato che il requisito della forma scritta è soddisfatto quando la volontà negoziale è contenuta in atto scritto. La fattispecie si avrà dunque anche quando, per un contratto di appalto redatto per iscritto, sia in esso presente un richiamo a norma regolamentare che preveda l’espletamento dell’arbitrato, risultando – ad esempio – un’inutile duplicazione la riproduzione in atto autonomo della clausola compromissoria contenuta nell’art. 43 del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063.
Sulla stessa scia, il Supremo Giudice di Piazza Cavour ha sottolineato che in caso di dubbio sull’interpretazione della portata della clausola compromissoria – e relativamente alla volontà delle parti di compromettere ad arbitri – deve preferirsi un’interpretazione restrittiva di essa e affermativa della giurisdizione statuale.
L’eventuale invalidità del patto compromissorio costituisce motivo di impugnazione del lodo a norma dell’art. 829 n. 1 c.p.c. e può essere fatto valere solo nei termini dell’impugnazione.
Si rilevi inoltre che parte della dottrina legge nella locuzione ‘’messaggio telematico’’ una sorta di superficialità del legislatore sulla modalità di trasmissione dello stesso e non al suo processo di formazione, visto come manifestazione della stessa volontà negoziale.
Consolo ha definito il compromesso “un apposito contratto di diritto privato (ma con effetti soprattutto di diritto processuale), che devolve ( … omissis …) alla risoluzione tramite lodo arbitrale ma unicamente la singola, concreta controversia già insorta, indipendentemente dalla circostanza che essa sia o meno già azionata in un processo ordinario’’.
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Massimiliano Pagliaccia
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