Arricchimento senza causa
Inquadramento generale – Fondamento
L’azione di ingiustificato arricchimento ha fatto ingresso nel nostro ordinamento nel 1942.
Il codice del 1865 disciplinava solo la ripetizione dell’indebito e la gestione di affari altrui.
Per la dottrina attualmente prevalente, l’arricchimento senza causa è applicazione del principio che vieta gli spostamenti patrimoniali tra soggetti senza che vi sia una giustificazione obiettiva in termini di meritevolezza.
L’istituto, che si ispira ad una chiara esigenza di giustizia commutativa, trova enunciazione nell’art.2041 cc, avente carattere residuale poiché si applica solo nelle situazioni in cui non sia previsto un rimedio specifico volto a ripristinare l’assetto patrimoniale modificatosi ingiustificatamente.
Nozione di arricchimento
Si definisce arricchimento la differenza tra la consistenza del patrimonio in seguito al fatto produttivo del medesimo e quella che il patrimonio avrebbe avuto ove tale fatto non si fosse verificato.
Può consistere in un profitto economico ovvero in un risparmio di spesa; in un attribuzione patrimoniale o nella liberazione di un debito, essendo escluse le ipotesi di attribuzioni meramente eventuali e/o future.
Nozione di impoverimento
Secondo la concezione tradizionale anche l’impoverimento costituisce presupposto essenziale dell’azione, purché sia effettivo ed economicamente valutabile, consistendo nell’alterazione peggiorativa del patrimonio data dalla perdita e non anche dal mancato guadagno: ipotesi questa, riconducibile alla restitutio in integrum di cui all’art.2043 cc., come ha stabilito di recente la Cass. SS.UU con sent. n.23385/2008 nel dirimere un contrasto dottrinale tra la tesi restrittiva, incentrata sulla sola perdita, e quella estensiva che vi ricomprendeva anche il mancato guadagno.
Unicità del fatto generatore
Ulteriore presupposto dell’azione di ingiustificato arricchimento è l’unicità del fatto causativo dell’impoverimento, sussistente quando la prestazione resa dall’impoverito sia andata a vantaggio dell’arricchito, con esclusione, quindi, delle ipotesi di arricchimento indiretto, vale a dire, arricchimento a favore di una terza persona diversa rispetto a colui nei confronti del quale è stata resa la prestazione.
Caratteristica dell’azione – sussidiarietà
L’azione di ingiustificato arricchimento deve essere esercitata tutte le volte in cui manchi un titolo a giustificazione dello spostamento patrimoniale (ad es: contratto; atto amministrativo; sentenza) e/o quando l’esercizio dell’azione in parola da parte del titolare del diritto sia prescritto, in quanto il meccanismo restitutorio frusterebbe i principi di ordine pubblico sottesi all’istituto della prescrizione.
Quindi caratteristica precipua dell’azione è, ex art.2042 cc., la sussidiarietà ovvero, improponibilità del rimedio tutte le volte in cui il danneggiato possa esercitare un’altra azione tipica per farsi indennizzare (ad es: art.2043 cc; azione contrattuale).
Sulla portata del principio di sussidiarietà si sono contrapposti due orientamenti.
Invero per alcuni l’azione va’ esclusa quando vi è altro rimedio tipico in favore del danneggiato, anche se non più esperibile o già infruttuosamente esperito in concreto (cd. sussidiarietà in astratto).
Per altri invece, l’azione può essere utilmente esercitata quando gli altri rimedi non siano più fruibili in concreto ( cd. sussidiarietà in concreto).
La giurisprudenza propone una soluzione mediana ovvero, sussidiarietà in astratto nei rapporti a due ( arricchito – impoverito) e sussidiarietà in concreto nei rapporti in cui vi è l’intermediazione di un terzo beneficiario del vantaggio, in cui l’azione specifica risulti infruttuosamente esercitata e subordinatamente ad essa.
Causali dell’arricchimento
L’arricchimento ingiustificato può scaturire tanto da un comportamento dell’arricchito, quanto da un comportamento del depauperato.
L’iniziativa di quest’ultimo (cd. arricchimento imposto) ricorre tutte le volte in cui la prestazione non sia stata preventivamente concordata e ciononostante vi sia stata una positiva modificazione del patrimonio dell’arricchito che non si è opposto con la conseguenza che è tenuto all’ obbligo restitutorio.
Il vantaggio patrimoniale può derivare anche dall’iniziativa dell’arricchito tutte le volte in cui questi utilizzi o alieni beni di pertinenza altrui (cd.arricchimento per iniziativa altrui) che pur configurando un illecito aquiliano per violazione del principio dell’intangibilità dell’altrui sfera giuridica, se ne discosta dalla fattispecie in esame per l’irrilevanza dell’elemento soggettivo ( dolo o colpa) richiesto nell’azione risarcitoria.
Obblighi restitutori dell’arricchito
L’obbligo restitutorio, per espressa previsione dell’art. 2041 c.1 cc., non può superare il limite dell’arricchimento.
In sintesi l’arricchito deve restituire la minor somma tra l’arricchimento e il depauperamento dell’altro, escludendo qualsiasi altro pregiudizio economico (ad es. il mancato guadagno).
Se oggetto dell’arricchimento è una cosa determinata vi è obbligo di restituzione materiale di quella cosa ancora sussistente nel patrimonio dell’accipiens al tempo della domanda.
Se nelle more la cosa è stata alienata si procederà alla restituzione del controvalore in denaro.
Azione risarcitoria. Azione restitutoria
Una certa dottrina ritiene che in caso di intromissione illecita dell’arricchito nella sfera giuridica altrui che gli procuri un vantaggio (senza danno altrui), vada applicata l’azione di arricchimento e non anche l’azione risarcitoria ex art.2043 cc esperibile solo laddove vi fosse un pregiudizio concreto.
Tale conclusione è fondata sulla circostanza per cui l’azione in commento mira a prevenire scelte di convenienza, in termini di costi/benefici, che autorizzerebbero ingerenze illecite nella sfera giuridica altrui ammettendo finanche un concorso delle azioni di cui si discute.
Di diversa opinione è la dottrina e la giurisprudenza prevalente, per cui in caso di ingerenza illecita nella sfera giuridica altrui, l’unico rimedio esperibile è quello ex art.2043 cc, trovando il suo fondamento soprattutto nell’art.1223 cc., che parametra il danno risarcibile esclusivamente alle spese o al mancato guadagno quale conseguenza immediata e diretta del danneggiato, non essendo previsti nel nostro ordinamento rimedi che gli consentano una overcompensation, confermando di conseguenza, il carattere sussidiario dell’azione di ingiustificato arricchimento esperibile solo nelle ipotesi in cui non vi sia altra azione tipica.
In definitiva le due tesi si contrappongono oltre che per il dato normativo, anche perché l’una pone maggiore attenzione al profitto che si genera nel patrimonio dell’arricchito, l’altra dominante, invece, guarda esclusivamente al patrimonio del soggetto ingerito, escludendo restrittivamente la tutela in caso non vi fosse alcuna sua diminuzione patrimoniale.
In sintesi la tesi prevalente è per un approccio rigoroso rispetto all’arricchimento senza causa quale rimedio esperibile solo in caso di depauperamento patrimoniale ed in assenza di un rimedio ad hoc.
Conclusioni
In conclusione l’azione di ingiustificato arricchimento può essere inquadrata nel novero delle azioni di responsabilità da fatto lecito, quindi non ricomprese nelle azioni contrattuali e da fatto illecito, che comporta obblighi restitutori, il cui fondamento va rinvenuto nel principio generale per cui nel nostro ordinamento non sono ammessi spostamenti patrimoniali senza giusta causa.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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Avv. Francesco Piscopo
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