Arruolamento con finalità di terrorismo (art. 270-quater c.p.) e configurabilità del tentativo
I reati di pericolo si riferiscono a determinate fattispecie, che anticipano al momento della semplice messa in pericolo la tutela di alcuni beni particolarmente rilevanti per la collettività.
Si distinguono in due categorie: reati di pericolo concreto ed offensivo, in cui il pericolo è l’elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice ed il Giudice ne accerta di volta in volta l’esistenza concreta in base alla regola della miglior scienza ed esperienza; reati di pericolo astratto o presunto, in cui si presume la pericolosità non essendo necessaria la sua concreta esistenza.
Diverso dal reato di pericolo è, invece, il reato ad esecuzione anticipata in cui basta il comportamento di un minimum richiesto dalla norma per aversi la lesione del bene protetto. Invero, queste figure pongono dubbi di costituzionalità, in quanto non consentono al Giudice di valutare la concreta offensività e determinatezza dei comportamenti oggetto di reato.
Per tutti i reati contro la personalità dello Stato, infatti, il legislatore, prevede una tutela anticipata, poiché punisce come delitto consumato gli atti diretti a commettere un determinato reato, ritenendo sufficiente l’esposizione al pericolo.
Invero, le circostanze che caratterizzano queste determinate fattispecie criminose creano perplessità e riserve relativamente alla configurabilità del tentativo.
I delitti di cui agli artt. 270 bis, 270 quater, 270 sexies c.p., in particolare (c.d. delitti di attentato) pongono dei quesiti di compatibilità con l’istituto disciplinato dall’art. 56 c.p.
In passato si riteneva che, per la configurabilità dell’attentato fosse sufficiente la direzione non equivoca degli atti e non si richiedeva l’idoneità come per il tentativo.
In seguito si è individuato nell’art. 49 co. 2 c.p. un principio generale per il quale, un fatto è penalmente rilevante solo se idoneo ad offendere il bene protetto dalla norma.
Da ciò derivava l’equiparazione, in un certo senso, tra tentativo ed attentato.
Attualmente è dominante l’orientamento secondo cui vi è sufficiente determinatezza ed offensività della fattispecie per cui si tende a ritenere inammissibile il tentativo nei delitti di attentato, in quanto gli atti necessari a realizzare il tentativo sono sufficienti per la consumazione dell’attentato.
Per quanto concerne la compatibilità del tentativo con il reato di cui all’art. 270 quater c.p., è necessario partire dalle considerazioni mosse dalla Corte di Cassazione con la pronuncia 40699/2015.
Con tale decisione la Corte sconfessa l’orientamento tradizionale, affermando l’ammissibilità del tentativo di arruolamento con finalità terroristiche, riconoscendolo in tutti in quei casi in cui “i contegni dell’arruolare tendano alla stipulazione del pactum sceleris anche in assenza di stipulazione dello stesso”.
Gli ermellini si soffermano, infatti, sulla configurabilità del delitto de quo nella forma tentata, partendo dalla definizione del termine “arruolamento”.
Ebbene, si ritiene che quest’ultimo sia identificabile con l’ingaggio inteso proprio come “serio accordo” tra le parti, in quanto non si ravvisa la presenza di un’organizzazione militare presupposta.
Tale interpretazione porta a non escludere la possibilità del tentativo di cui all’art. 56 c.p., proprio al fine di distinguere tale ultima ipotesi della mera manifestazione di pensiero, poiché in caso contrario, si cadrebbe nella assurda condizione per cui, anche la sola libera manifestazione di pensiero sarebbe punibile, andando ad integrare il reato di cui all’art. 270 quater c.p.
La Corte di Cassazione, quindi, ammette il tentativo che si realizza, in ogni caso, nel momento in cui viene effettuato l’arruolamento, a prescindere dal compimento della condotta essendo, appunto, identificato come reato di pericolo.
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