Art. 131-bis: esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto
La legge del 2015 introduce l’istituto della non punibilità per speciale tenuità del fatto, prevedendo che il giudice nonostante il fatto sia sussumibile nella fattispecie astratta, non abolita, possa concludere per la non punibilità in concreto quando si convinca della speciale tenuità del fatto.
L’art. 131 bis c.p. prevede la disciplina e i parametri secondo i quali il giudice può persuadersi che il fatto presenti questa speciale tenuità.
La Cassazione con la pronuncia 15449/2015 ha affermato che:
1 condizione: attiene al massimo edittale previsto per la fattispecie astratta.
Il giudice non può applicare l’art. 131-bis c.p. quando la pena detentiva supera nel massimo i 5 anni. Se il tetto edittale di pena non è superato il legislatore fornisce due indici al giudice, applicando i quali, si verifica la particolare tenuità del fatto;
1° indice: particolare tenuità dell’offesa è desumibile dal giudice verificando due ulteriori sub – indici:
modalità del comportamento;
esiguità del danno o del pericolo cagionato dalla condotta.
2 indice: non abitualità del comportamento
Tuttavia due sono i problemi successori che si sono posti riguardo all’art. 131 bis c.p.
Primo problema: si applica questo nuovo istituto ai fatti pregressi, commessi prima dell’entrata in vigore della legge? In specie quando i fatti siano sub iudice ma in relazione ad essi non sia ancora intervenuto un giudicato penale di condanna?
Cassazione 15449/2015: riguarda il fatto che la giurisprudenza risponde affermativamente, perché quello introdotto dalla d.l. n. 28/2015 è un istituto di natura sostanziale, in particolare una causa di esclusione della punibilità, e non una condizione di procedibilità, e quindi richiama un principio di retroazione favorevole, come è per le norme di diritto penale sostanziale.
Quindi la Cassazione conclude per la retroazione favorevole dell’art. 131 bis c.p.
Ma il giudice per fare applicazione dell’art. 131 bis, deve guardare alla norma vigente al momento della commissione (che prevede una pena inferiore a 5 anni) o alla norma sopravvenuta che prevede una pena superiore ai 5 anni?
La Cassazione ritiene che il giudice deve guardare alle pena prevista dalle due norme in successione che consente l’operatività dell’art. 131 bis c.p. e quindi della pena più favorevole (impostazione contestata tuttavia da parte della giurisprudenza milanese la quale ritiene che la disciplina successoria è improntata sull’ assunto secondo cui tra le norme in successione si applica o l’una o l’altra altrimenti si creerebbe la cd. terza legge e si darebbe spazio di discrezionalità al giudice nel scegliere la norma).
Secondo problema: La Corte di Appello di Milano (2015) affronta il problema dell’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. a fatti non solo commessi prima e già giudicati con sentenza di condanna passata in giudicato.
Il giudicato penale può essere revocato dal giudice dell’esecuzione per applicare l’art. 131-bis c.p.?
La Corte di Appello di Milano lo esclude tassativamente, perché non è intervenuta nessuna abolitio criminis, l’istituto della non punibilità per speciale tenuità del fatto è un istituto che nulla a che fare con la depenalizzazione in astratto, non è istituto cui correlare un effetto di tipo abolitivo, ma al contrario è una categoria, la cui applicazione da parte del giudice, presuppone che il giudice si persuada della circostanza che il fatto concreto è sussumibile nella fattispecie astratta, che tale presenta e conserva il suo disvalore, ma che sulla base di una valutazione concernente l’abitualità, la tenuità dell’offesa possa concludere non per l’intervenuta abolitio ma per la tenuità del fatto nel caso di specie.
Presuppone quindi il rimanere in vita della fattispecie penale astratta, non trova applicazione l’art. 2 comma 2 c.p.
Il tribunale conclude che non essendo la sopravvenienza dell’art. 131-bis una sopravvenienza di tipo abolitivo esso non è riconducibile nell’ambito applicativo dell’art. 2 comma 2 c.p. e quindi resta fermo il principio dell’intangibilità del giudicato.
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Giuseppe Mainas
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