Art. 16 T.U. Immigrazione: natura della sanzione sostitutiva
Il sig. Q. K., proveniente dal Marocco, veniva rinvenuto da parte della Questura di Rovigo privo di permesso di soggiorno. Di conseguenza, veniva tratto a giudizio per il reato di cui all’art. 10 T.U. immigrazione. All’udienza fissata avanti il Giudice di Pace di Rovigo, veniva acquisita la relazione di servizio prodotta dalla Procura della Repubblica, relazione non contestata da parte della difesa. Gli accertamenti, infatti, erano regolari. L’imputato, dal canto suo, non aveva chiesto asilo politico.
Al termine dell’istruttoria, il P.M. richiedeva la condanna al pagamento dell’ammenda di € 5.000,00, mentre il difensore richiedeva l’assoluzione dell’imputato e in subordine l’irrogazione del minimo della pena.
Il Giudice condannava l’imputato al pagamento di € 5.000,00 di ammenda, ma sostituiva la pena pecuniaria con la sanzione del divieto di rientro in Italia per 5 anni, in quanto non esisteva alcuna causa ostativa di cui all’art. 14 c.1 del testo unico 286/1998.
Tale sanzione sostitutiva da un lato funge da sospensione condizionale della pena, perché subordina l’applicazione della sanzione pecuniaria al mancato reingresso nel territorio italiano per 5 anni. Dall’altro lato, è una sanzione amministrativa, perché è eseguita dal Questore (cfr. Corte Cost., ordinanza 369/1999). Nell’ordinanza citata, la Corte Costituzionale sottolinea che l’espulsione dello straniero clandestino ha una funzione educativa, perché induce il soggetto a non abbandonare la sua patria, consentendogli il reinserimento nel contesto sociale del proprio Paese.
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