Art. 605 c.p.: sequestro di persona

Art. 605 c.p.: sequestro di persona

Sommario: 1. Premessa – 2. Bene giuridico tutelato – 3. Il soggetto passivo e l’elemento materiale –  4. L’elemento soggettivo –  5. Consumazione e tentativo – 6. Le aggravanti

1. Premessa

Il reato c.d. “sequestro di persona” è previsto e disciplinato dall’art. 605 c.p. . La norma più precisamente è collocata nel libro secondo (Dei delitti in particolare), titolo XII  (Dei delitti contro la persona), capo III  (dei delitti contro la libertà individuale), sezione II (dei delitti contro la libertà personale).

E’ stabilito: “Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni. La pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è commesso: 1) in danno di un ascendente, di un discendente, o del coniuge; 2) da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni. Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni quattordici o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all’estero, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni. Se il colpevole cagiona la morte del minore sequestrato si applica la pena dell’ergastolo. Le pene previste dal terzo comma sono altresì diminuite fino alla metà nei confronti dell’imputato che si adopera concretamente: 1) affinché il minore riacquisti la propria libertà; 2) per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di reati; 3) per evitare la commissione di ulteriori fatti di sequestro di minore”.

Occorre subito precisare che il reato de quo non deve essere, tuttavia, confuso con altre fattispecie delittuose presenti nel Codice penale, ossia il sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630) e il sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione (art. 289-bis). Le tre ipotesi di reato hanno in comune l’elemento oggettivo, cioè la privazione della libertà, ma se ne differenziano per l’elemento soggettivo in quanto, per le ipotesi di cui agli artt. 289-bis e 630 c.p., è costituito da dolo specifico (fine estorsivo e scopo di terrorismo o eversione).

Detto ciò, passiamo ad esaminare in modo più dettagliato l’art. 605 c.p. .

2. Bene giuridico tutelato

Il bene giuridico tutelato dall’art. 605 c.p. è, senza dubbio, la libertà personale. Ciò si evince innanzitutto dalla collocazione sistematica della norma stessa.

La libertà personale è un diritto assoluto, inalienabile e imprescrittibile.

Il Legislatore, più precisamente, ha voluto tutelare la libertà “cinetica” dell’individuo, ossia la sua libertà di muoversi nello spazio in modo autonomo, la c.d. “libertà di locomozione” (libertà “fisico-motoria” o libertà “di movimento”, che dir si voglia).

L’offesa subita dal soggetto passivo consiste, dunque, nel non poter più disporre della libertà di scelta del luogo dove andare o ove restare.

Per tale motivo la libertà individuale va configurata come un genus rispetto alla species della libertà personale: la tutela predisposta per la libertà individuale riguarda in generale l’autonomia dell’azione e della volizione del soggetto e il bene giuridico tutelato è leso da qualunque limitazione della libertà fisica e della libertà di scelta della vittima (vi sono comprese tutte le forme di detenzione, arresto, perquisizione e ispezione).

La tutela della libertà individuale, inoltre, è affidata agli artt. 600 (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù) ss c.p. i quali prevedono e disciplinano quelle situazioni in cui il soggetto viene ridotto o mantenuto in uno stato di soggezione, perdendo lo status libertatis. Nel sequestro di persona ex art. 605 c.p., invece, lo status libertatis in capo alla persona si conserva poiché l’intenzione del soggetto agente non è quella di sottoporre la vittima alla sua soggezione, ma è quella di impedirgli la libertà di agire e cioè la libertà fisica o esterna. Si tratta, tuttavia, di due reati che possono concorrere (a riguardo: sent. Trib. di Palermo, 24-10-2008).

La libertà persona si contrappone anche alla libertà morale (Libro II, Titolo XII, Capo III, Sez. III), ossia la libertà psichica dell’individuo nelle sue varie sfaccettature.

In realtà la concezione di libertà personale intesa come “libertà di movimento” non è l’unica presente nel nostro ordinamento. Si tratta di un’interpretazione molto più ampia che, facendo riferimento all’art. 13 Costituzione, intende non una libertà di agire bensì una libertà da misure coercitive sul corpo, in modo che “la libertà di locomozione non rappresenterebbe un prius, ma eventualmente un posterius: il soggetto è libero nella persona non in quanto sia capace di muoversi, ma in quanto non siano attuati sul suo corpo interventi coattivi che, di per sé ed obiettivamente, sottraggono l’essere fisico alle relazioni spaziali, intercludendolo” (PADOVANI Tullio, Il sequestro di persona e l’identificazione della libertà tutelata, Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1985, p. 613.).

Questo concetto “costituzionale” di libertà personale contiene al suo interno varie ipotesi: da quelle meno lesive come l’ispezione o la perquisizione, a quelle più lesive come l’impossessamento dell’essere fisico (cioè il vero e proprio sequestro di persona che, per essere tale, implica un controllo sulla persona stessa che può esplicarsi in una coercizione fisica, ad esempio nel legare o incatenare o narcotizzare o stordire la vittima o in una vigilanza personale minacciosa, si pensi al piantonamento armato).

Ci sono, dunque, importanti differenze tra prospettiva costituzionale e prospettiva penalistica, ma quest’ultima non può tuttavia e certamente contrapporsi nettamente alla prima. L’adesione all’una o all’altra interpretazione del concetto di libertà personale comporta rilevanti conseguenza con riferimento al tema dei soggetti passivi del reato: l’orientamento che vede la libertà personale come facoltà di muoversi in modo autonomo nello spazio ha aperto un dibattito riguardo quei soggetti privi di facoltà motorie, come gli infanti o i dormienti o i comatosi o i paralitici o i dementi o i deliranti.

3. Il soggetto passivo e l’elemento materiale

L’art. 605 c.p. punisce con la reclusione da sei mesi a otto anni “chiunque priva taluno della libertà personale”. Dall’uso del pronome chiunque si evince chiaramente che il sequestro di persona, sotto il profilo del soggetto attivo, è un reato comune, ossia un reato che può essere commesso a prescindere dalla qualifica rivestita dall’agens.

Con riguardo al soggetto passivo, invece, ci sono state incertezze circa quei soggetti privi di facoltà motorie, come gli infanti o i dormienti o i comatosi o i paralitici o i dementi o i deliranti e, in generale, coloro che non sarebbero in grado di percepire alcuna lesione alla sfera di autodeterminazione nell’ambito spaziale. La Giurisprudenza ritiene applicabile anche a costoro l’art. 605 c.p. reputando sufficiente la limitazione della libertà del soggetto passivo non espressamente consentita dallo stesso. Parte della dottrina, invece, ritiene il reato in esame non configurabile in danno di soggetti che non abbiano la naturale capacità di volere in relazione all’esercizio della libertà personale. Alcune sentenze di legittimità e di merito, ad esempio, hanno ipotizzato nel caso di rapimenti di bambini appena nati o di pochi mesi, solo il reato di sottrazione di persone incapaci ex art. 574 c.p. (Cass. Pen., sez. V, sentenza 26 ottobre 2001, n. 38438). Ipotesi, però, ritenuta infondata da più parti anche se ognuna di esse è giunta a tale infondatezza sulla base di diversi argomenti. Alcuni si rifanno al concetto di dissenso presunto della persona incapace, altri fanno leva sul fatto che la norma tutela la libertà fisica di ogni persona a prescindere dalla consapevolezza che essa ne abbia (Cass. Pen., sez. V, sentenza 19 novembre 1990, n. 15194), altri ancora fanno riferimento alla libertà personale intesa come libertà da misure coercitive sul corpo di cui anche tale categoria di persone beneficia. Tale corrente di pensiero, dunque, ritiene che il reato di sequestro di persona sussiste in tutti quei casi in cui un soggetto è trattenuto senza il proprio consenso da altro soggetto, vedendosi così limitata la propria sfera di libertà personale, a prescindere dalla possibilità fisica che abbia di opporsi a ciò. In questo senso sono ritenuti soggetti passivi del reato di sequestro di persone anche quei soggetti privi di facoltà motorie, come gli infanti o i dormienti o i comatosi o i paralitici o i dementi o i deliranti i quali, in quanto pur sempre persone, devono vedere garantita la propria persona da misure coercitive sul corpo, indipendentemente dalla consapevolezza che possono averne (quei soggetti privi di facoltà motorie, come gli infanti o i dormienti o i comatosi o i paralitici o i dementi o i deliranti).

Sono, inoltre, considerati soggetti passivi di tale reato anche coloro i quali si trovano già sottoposti a restrizione della libertà, come i detenuti, quando viene ulteriormente compromessa la loro sfera di autonomia (ANTOLISEI Francesco). Opinione confermata anche dalla Giurisprudenza (Cass. Pen., sez. V, sentenza 4 giugno 1986, n. 4717, in Cass. Pen., 1987, 1358: “Si configura il delitto di sequestro di persona nel comportamento minaccioso dell’imputato, il quale, detenuto, consegua, in virtù di tale comportamento, l’effetto di privare un altro detenuto della libertà personale, intesa come libera scelta del luogo ove restare, al punto che la vittima lo segua rassegnata nella sua cella per essere sottoposto a vessazioni fisiche e morali. Infatti, l’elemento psicologico del delitto in esame consiste nella coscienza e volontà di infliggere alla vittima una illegittima restrizione della sua libertà di muoversi nello spazio, anche se delimitato, e non viene richiesto alcun dolo specifico, essendo irrilevante il motivo o il fine ultimo dell’agente”).

Si tratta di un reato a forma libera e perciò la condotta può consistere sia in azioni che in omissioni, anche se in alcuni casi appare ovvio l’uso seppur implicito della violenza o l’uso della minaccia o anche dell’inganno. Occorre fare delle precisazioni a riguardo: 1) può trattarsi anche di violenza morale; 2) la minaccia può essere anche tacita, ma soprattutto deve essere seria (Cass. Pen., sez. V, sentenza 28 febbraio 1992, n. 2130, in Riv. Pen., 1992, 651).

Sono, inoltre, presi in considerazione in tal senso anche quei casi in cui vengono utilizzati mezzi fraudolenti come, ad esempio, un falso certificato medico per ottenere un ricovero in ospedale psichiatrico.

La privazione della libertà personale può essere totale, ad esempio se vengono legate mani e piedi, o anche parziale, ad esempio la moglie costretta in casa da una serie di intimidazioni. Il reato, oltretutto, si configura anche nel caso in cui la vittima è posta nella condizione di liberarsi ma solo ricorrendo a mezzi straordinari o difficilmente realizzabili o se il tentativo di fuga esporrebbe il soggetto passivo a un pericolo per la propria incolumità e si configura addirittura anche nel caso in cui la vittima ha la possibilità di chiedere aiuto o di avvertire la polizia (ANTOLISEI Francesco). A conferma di ciò si può menzionare la sentenza della Cassazione Penale, sez. I, sentenza 20 febbraio 1980, n. 2465, in CPMA, 1981, 1567: “Il bene giuridico della libertà personale, tutelato in via esclusiva dalla norma concernente il sequestro di persona, è leso da qualsiasi apprezzabile limitazione della libertà fisica intesa quale possibilità di movimento nello spazio secondo la libera scelta di ciascuno. E non ha nessun rilievo la circostanza che la vittima riesca successivamente a liberarsi o non faccia alcun tentativo per recuperare la propria libertà di movimento, quando a tal fine deve porre in essere mezzi straordinari e non prontamente attuabili. La nozione del reato non esige, infatti, che il soggetto passivo sia stato posto nell’assoluta impossibilità di recuperare la libertà di movimento, essendo sufficiente che tale impossibilità sia anche soltanto relativa”.

Quanto all’elemento cronologico della durata, affinché sia configurabile il reato di sequestro di persona è necessario che la privazione della libertà personale si protragga per un tempo giuridicamente apprezzabile secondo la valutazione discrezionale del giudice e, quindi, non sia momentanea (Cass. Pen., sez. V, sentenza 4 febbraio 2000, n. 5443, in Ius & Lex, 2004). C’è da dire, però, che da altre sentenze si ricava un’opinione in base alla quale siano sufficienti, ai fini della configurazione del reato, limitazioni della libertà della durata assai breve:  “Il concetto di privazione della libertà personale implica necessariamente l’idea di una condizione non momentanea. Tuttavia la durata più o meno lunga dell’impedimento è indifferente ai fini della configurazione del sequestro di persona, bastando che esso si protragga per un tempo giuridicamente apprezzabile tale da determinare la lesione del bene giuridico protetto.” (Cass. Pen., sez. V, sentenza 9 gennaio 1980, n. 375, in Ius & Lex, 2004). E ancora, “Per la sussistenza dell’elemento materiale del delitto di sequestro di persona previsto dall’art. 605 c.p. è sufficiente che vi sia stata in concreto una limitazione della libertà fisica della persona, tale da privarlo della capacità di spostarsi da un luogo all’altro, a nulla rilevando la durata dello stato di privazione della libertà, che può essere limitato ad un tempo anche breve” (Cass. Pen., sez. V, sentenza 22 febbraio 2005, n. 6488, in Ced Cassazione, rv. 231422).

In ultimo va precisato che per aversi reato di sequestro di persona non necessariamente la vittima deve essere dissenziente sin dall’inizio della condotta delittuosa.

4. L’elemento soggettivo

Il sequestro di persona è reato doloso. Il dolo consiste nel prevedere e volere la privazione della libertà personale del soggetto passivo in assenza di condizioni legittimanti quali, ad esempio, l’esercizio dei poteri pubblici o di potestà private ai fini di giustizia, di cura, ecc. .

Dottrina e Giurisprudenza sono concordi nel ritenere che ai fini della configurazione del reato in esame sia sufficiente il dolo generico, restando irrilevante il motivo che ha indotto all’azione.

Essenziale. Invece, è lo scopo cui viene finalizzata la condotta di sequestro: solo in base ad esso, infatti, è possibile stabilire se ricorrano, di volta in volta, gli estremi di altre fattispecie la cui struttura richiede uno specifico fine: è il caso dell’art. 630 c.p. (Sequestro di persona a scopo di estorsione) o dell’art. 289 bis c.p. (Sequestro di persona a scopo di terrorismo ed eversione).

Per chi ritiene necessaria la sussistenza di un dolo specifico, il fine di esercitare un preteso diritto, quando il soggetto compie il fatto ritenendolo legittimo, escluderebbe la punibilità ai sensi dell’art. 51 c.p. (Esercizio di un dovere o adempimento di un dovere) e dell’art. 59 c.p. (Circostanze non conosciute o erroneamente supposte), ad eccezione dell’ipotesi in cui sia stata usata violenza o minaccia verso la persona, nel qual caso sarebbe applicabile l’art. 393 (Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone). Si tratta di una soluzione isolata che porterebbe ad un risultato aberrante, ad esempio consentendo ad un creditore di privare il suo debitore della libertà per indurlo saldare il debito.

5. Consumazione e tentativo

Il sequestro di persona è un reato permanente, in quanto si perfeziona nel momento e nel luogo in cui la vittima sia stata privata della libertà personale e che cessa di essere quando viene meno la situazione antigiuridica o per volontà del soggetto attivo o per altre cause esterne.

E’, inoltre, un reato di danno cioè la fattispecie legale esige l’effettiva lesione del bene tutelato, per cui nel caso in cui la condotta non abbia prodotto il risultato a cui era dirette potrà solo assumere rilevanza, a determinate condizioni, come tentativo di un delitto.

6. Le aggravanti

L’art. 605, al secondo comma, c.p. prevede due specifiche aggravanti: commissione del fatto in danno di ascendente, discendente o coniuge e commissione del fatto da parte di un pubblico ufficiale con abuso di poteri inerenti alla sua funzione.

La prima ipotesi trova giustificazione nella maggiore facilità con cui può essere attuata la privazione della libertà in relazione al vincolo parentale che intercorre tra soggetto agente e soggetto passivo (GARAVELLI Mario). La tutela nei confronti dei coniugi sarebbe accentuata anche dal ricorrere della circostanza aggravante dell’abuso di relazioni domestiche di cui all’art. 61 n° 11 c.p. .

La seconda ipotesi è originata dal fatto che l’offesa colpisce sia la libertà personale del soggetto passivo sia la Pubblica Amministrazione. Deve, tuttavia, trattarsi di sequestro per ragioni private perché l’intenzione di mettere il sequestrato a disposizione dell’autorità competente farebbe degradare il fatto all’ipotesi meno grave di arresto illegale ai sensi dell’art. 606 c.p. .

Anche il soggetto che utilizzi il potere di arresto conferitogli dall’art. 383 c.p.p. assume temporaneamente la qualifica di pubblico ufficiale, commettendo il reato di sequestro di persona aggravato se non consegna immediatamente il fermato alle autorità competenti.


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