Arte e diritto: come tutelare il diritto d’autore
Nell’ambito delle opere di ingegno (art. 2575 c.c.), intellettuali o d’arte, il plagio è inteso come appropriazione di una parte di tali opere o della loro interezza, sia che siano pubblicate che ancora inedite. Esistono una serie di tutele sia penali che civili al riguardo, per garantire l’integrità del diritto d’autore, il quale ha lo scopo di proteggere la creatività dell’autore attraverso il riconoscimento di diritti di natura sia morale che patrimoniale allo stesso, che detiene l’esclusività della sua opera.
Il diritto d’autore si applica in qualsiasi ambito in cui sussista la creazione di qualsivoglia opera: cinematografico, teatrale, musicale, letterario, marchi, brevetti etc.. Questo in quanto si tende a valorizzare l’impegno, l’investimento di tempo e il lavoro esistente “dietro le quinte” dell’atto creativo. Di solito, chi non si cimenta in composizioni, scritture, creazioni e quant’altro, è abituato a vedere l’opera bella e finita, magari senza pensare o rendersi conto di tutto il lavoro che effettivamente c’è e c’è stato dietro, che dev’essere ovviamente tutelato.
Nel 2004 (e anche successivamente) la Suprema Corte si è espressa sulla protezione di questo diritto, del quale molto spesso non si valorizza l’importanza: “il diritto d’autore, a differenza del diritto delle invenzioni, caratterizza in senso marcatamente soggettivo la creatività. Questa infatti in siffatte opere dell’ingegno non è data di necessità della idea di per sé, come acuta dottrina ha dimostrato, ma dalla forma della sua espressione ovvero dalla sua soggettività. La stessa idea può essere alla base di diverse opere di autore, come è ovvio nelle opere degli artisti, che tuttavia sono o possono essere diverse per l’appunto per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende, e che in quanto tale rileva per l’ottenimento della protezione” (Cass. Sez. I, Sent. n. 15496/2004).
Vi sono diverse violazioni di tale diritto. Molto spesso si confondono plagio e contraffazione, ma sussistono delle differenze importanti: il plagio è l’attribuzione della paternità dell’opera altrui, mentre la contraffazione riguarda l’uso della stessa senza il consenso dell’autore.
Inoltre, il diritto d’autore ha una legge di riferimento tutta sua, molto vecchia, ma ancora vigente. Si tratta della legge 22 aprile 1941 n. 633, “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio“.
Esiste, però, una linea sottile in cui gli artisti si ritrovano molto spesso: prendere ispirazione da un’opera per crearne un’altra o omaggiarla con un tributo all’interno della propria, fino a che punto è consentito?
Gli omaggi o i tributi, specie in ambito musicale o cinematografico (ma non solo), sono molto ricorrenti e sussistono quando un artista intende, appunto, rendere omaggio ad un altro in segno di rispetto ed ammirazione, o anche solo per pura ispirazione, prendendo dei passaggi della sua opera per inserirli nella propria. Giurisprudenza di merito ha sancito che “occorre distinguere fra rivisitazione dell’opera di un artista al fine di rendere omaggio alla sua arte e di seguirne e attuarne gli insegnamenti, ovvero di farne una rielaborazione (a fini di critica, di parodia e simili), dal caso in cui si realizza il plagio dell’opera: nelle prime ipotesi indicate, infatti, si può ravvisare un’elaborazione creativa, originale ed autonoma, che manca invece nell’ultimo caso” (Trib. Milano. Sez. Proprietà industriale e intellettuale, 13/07/2011). Il plagio si ha, dunque, quando un soggetto si appropria dell’opera altrui senza alcun tipo di consenso da parte dell’autore.
Recentissima giurisprudenza ha sancito che “la protezione del diritto d’autore postula il requisito dell’originalità e della creatività, consistente non già nell’idea che è alla base della sua realizzazione, ma nella forma della sua espressione, ovvero della sua soggettività, presupponendo che l’opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative” (Cass. Civ. Sez. I, Sent. n. 10300 del 29/05/2020). Questo fa comprendere ancora meglio il riconoscimento della natura morale di tali diritti.
Ancora, la legge sulla tutela dei diritti d’autore sopracitata, sancisce che i diritti sull’opera spettano all’autore e ai suoi eredi dal momento in cui tale opera vede la luce fino ai settant’anni successivi, dopodiché tali diritti vengono meno. Sempre di recente, la giurisprudenza si è espressa al riguardo, con riferimento anche alle tutele penali che possono essere prese in questo contesto, sancendo che “in tema di tutela penale del diritto d’autore, la caduta in pubblico dominio dell’opera a seguito dell’intervenuto decorso del termine di settanta anni di cui all’art. 25 della legge 22 aprile 1941, n. 633 costituisce un elemento negativo della fattispecie di reato prevista dall’art. 171-ter, lett b, della medesima legge e, pertanto, deve essere provata dall’imputato che ne voglia beneficiare, dovendo la pubblica accusa fornire solo la prova della sussistenza degli elementi costitutivi del fatto tipico” (Cass. Pen. Sez. III, Sent. n. 2000 del 15/11/2019). Il reato previsto dal sopracitato articolo in tale sentenza, invece, punisce “se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni […] chiunque a fini di lucro, […] abusivamente riproduce, trasmette o diffonde in pubblico, con qualsiasi procedimento, opere o parti di opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammatico-musicali, ovvero multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati”.
Molte sono, quindi, le tutele che questa legge così efficace pone nei confronti degli artisti, siano essi riconosciuti pubblicamente, che nel privato. Non è inusuale vedere nelle aule di Tribunale soggetti rei di aver sottratto la proprietà intellettuale, al pari di un vero e proprio furto, per il proprio interesse, economico e non.
Per concludere, si riporta un’altra recente pronuncia della Suprema Corte che, ancora una volta, tende a sottolineare quanta tutela e protezione il nostro ordinamento offre nei confronti dell’arte, troppo spesso svalutata dall’opinione pubblica, ma che ha sempre fatto parte delle nostre vite in un modo o nell’altro: “l’art. 20 l. n. 633 del 1941, che riconosce il diritto morale d’autore come indipendente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera, va interpretato nel senso che il diritto di rivendicare la paternità dell’opera consiste non soltanto in quello di impedire l’altrui abusiva auto o eteroattribuzione di paternità, ma anche nel diritto di essere riconosciuto come l’autore dell’opera, indipendentemente dalla parallela, ma pur sempre eventuale, attribuzione ad altri, e la violazione del diritto importa l’obbligo del responsabile di risarcire il danno non patrimoniale arrecato” (Cass. Civ. Sez. I, Sent. n. 18220 del 05/07/2020).
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Riccardo Polito
- Laureato in Giurisprudenza all'Alma Mater Studiorum di Bologna;
- Praticante avvocato e consulente legale;
- Appassionato di diritto, psicologia e musica.
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