Aumento di capitale mediante compensazione e disciplina della postergazione
In materia di aumento oneroso di capitale, con la recentissima Sent.Cass.Civ. del 19 febbraio 2018, n. 3946, è stata affrontata la questione relativa al ricorso alla compensazione tra il debito del socio nascente dalla sottoscrizione dell’aumento di capitale ed il credito del medesimo socio nei confronti della società a responsabilità limitata, in caso di ricostituzione del capitale ridotto al di sotto del minimo legale o integralmente azzerato. La Cassazione ha affermato la legittimità di detto conferimento sulla base del principio secondo cui l’oggetto del conferimento, da parte del socio, non deve, necessariamente, identificarsi in un bene suscettibile di espropriazione forzata, bensì in una res suscettibile di valutazione economica, atteso che la società stessa acquista concretamente un “valore” economico, consistente nella liberazione da un corrispondente debito. Tale acquisto, poi, genera un rafforzamento della funzione di garanzia svolta dal capitale sociale.
Sul punto, peraltro, sono ormai decisamente schierati in senso favorevole, con riferimento specifico all’aumento di capitale liberato mediante compensazione, gli orientamenti notarili, fra cui il Consiglio Notarile di Milano che si è espresso con la Massima n.ro 125, specificando che se il debito della società è pecuniario, liquido ed esigibile, la compensazione potrà operare, in applicazione dell’articolo 1243 c.c., a prescindere da una espressa previsione, nella delibera di aumento, di tale possibilità, e da una qualsiasi forma di consenso, da parte dell’organo di gestione della società che riceve la sottoscrizione. Il modo di estinzione dell’obbligazione, infatti, opera in questa situazione in via automatica, ricorrendo tutti i presupposti della compensazione legale disciplinata dal codice civile.
Qualora il debito della società non presenti invece il carattere della esigibilità, allora la compensazione non potrà operare che in via volontaria, per effetto del consenso della società, secondo quanto previsto dall’articolo 1252 c.c..
In tale caso, il verbale assembleare potrà opportunamente dare menzione del consenso alla compensazione, che – atteggiandosi ad atto di gestione – dovrà essere rilasciato dall’organo amministrativo.[1]
Le considerazioni che precedono valgono con riferimento alla generalità dei debiti verso i soci: non è invocabile, pertanto, in senso contrario, l’art. 2467 c.c. ai sensi del quale “il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito […]”
La postergazione rispetto agli altri creditori sociali è prevista dall’art. 2467, c.c. al fine di evitare un trattamento di “favoreggiamento” dei soci rispetto ai terzi creditori: perciò essi potranno soddisfare il proprio credito derivante dal finanziamento nei confronti della società solo dopo la soddisfazione degli altri creditori. Ma laddove il finanziamento della società si sia tradotto in un aumento di capitale il problema della postergazione non si pone affatto.
L’affermazione della Suprema Corte è di particolare rilievo, ove si consideri che, recentemente, una giurisprudenza di merito[2] ha sostenuto come il principio della compensabilità tra credito del socio, avente ad oggetto la restituzione di un precedente finanziamento, e debito, avente ad oggetto l’ammontare dell’aumento del capitale, trovi un limite proprio nell’ipotesi in cui i finanziamenti eseguiti dai soci siano soggetti alla postergazione prevista dall’art. 2467 c.c.
Si tratta di un orientamento giurisprudenziale nettamente minoritario, considerate le tesi opposte elaborate in letteratura[3] secondo cui è sempre possibile liberare l’aumento di capitale sottoscritto mediante compensazione con un credito del socio da finanziamento, non ostando a tale operazione neppure il fatto che ricorrano le condizioni per la postergazione dei crediti dei soci stabilite dall’art. 2467 c.c., posto che la conversione del credito da finanziamento in capitale di rischio concorre alla protezione degli interessi dei creditori terzi tutelati da tale disposizione. Secondo l’orientamento in esame, l’operazione appare tutelare proprio la posizione dei creditori della società, in quanto l’effetto della compensazione è quello di rendere definitivamente inesigibile quel credito che invece Io sarebbe solo transitoriamente per l’operare della postergazione.
Infine, in tempi più recenti, anche l’Orientamento I.G.52 del Comitato Triveneto, (Modalità di esercizio della compensazione tra debito per sottoscrizione di un aumento a pagamento del capitale e credito per finanziamento soci – 9/16), ha sostenuto debba ammettersi, in caso di aumento a pagamento del capitale sociale, la compensazione tra il debito del socio che ha sottoscritto l’aumento ed il debito che la società ha verso il socio sottoscrittore per finanziamenti soci (e ciò anche nel caso di aumento a pagamento a seguito di azzeramento del capitale o di riduzione del capitale al di sotto del minimo di legge per perdite).
[1] Fra tante vedi Massima n. 125 del 5 marzo 2013 del Consiglio Notarile di Milano – Aumento di capitale e compensazione di crediti (artt. 2342, 2343, 2343-ter e 2465 c.c.).
[2] Trib. Roma, sentenza 6 febbraio 2017, in CNN Notizie del 14 febbraio 2017, con nota Ruotolo – Boggiali, Aumento di capitale mediante compensazione e postergazione ex art. 2467
[3] Consiglio notarile dei distretti riuniti di Firenze, Pistoia e Prato – Massima n. 23 del 21 settembre 2011
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Silvia De Moro
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