Avvocati: arriva il disegno di legge che propone l’assunzione negli studi legali

Avvocati: arriva il disegno di legge che propone l’assunzione negli studi legali

Quanti Avvocati lavorano di fatto come dipendenti negli studi legali?

Sono tantissimi i professionisti che “collaborano” a partita IVA negli studi legali, senza tutele e per poche centinaia di euro al mese, per di più accollandosi tutte le responsabilità derivanti dalla professione. Autonomi nelle responsabilità, ma nella sostanza dipendenti.

È una situazione che si è verificata soprattutto negli ultimi anni e che viene “giustificata” perché in base alla legge la professione di avvocato risulta ad oggi incompatibile con il lavoro dipendente.

Ebbene, in questi giorni all’esame della Commissione giustizia c’è il disegno di legge n. 428 che propone finalmente l’abolizione dell’incompatibilità garantendo ai professionisti contratti nazionali di categoria, retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato, inquadramento contrattuale come subordinato, parasubordinato e autonomo in base a parametri predeterminati e contributi previdenziali, da porre carico del datore di lavoro nella misura dei 2/3.

L’art. 1 del disegno di legge prevede l’introduzione del comma 3-bis nell’art 19 della legge n. 247/2012 di riforma dell’ordinamento Forense, che sancisce l’abolizione dell’incompatibilità <<per gli avvocati che svolgono attività di lavoro dipendente o subordinato in via esclusiva, presso lo studio di un altro avvocato, un’associazione professionale ovvero una società tra avvocati o multidisciplinare>>.

Del resto, l’incompatibilità non è prevista per altri liberi professionisti, come medici, commercialisti, ingegneri, architetti e consulenti del lavoro ed occorre, pertanto, eliminare tale ingiustizia dal sistema che di fatto ha affamato la categoria: moltissimi avvocati italiani hanno un fatturato che difficilmente supera i 10.000 euro.

Il disegno di legge prevede: 1) contratti collettivi nazionali di lavoro, dopo la procedura di stipula che coinvolgerà necessariamente le associazioni sindacali maggiormente rappresentative; 2) un compenso commisurato alla quantità e qualità del lavoro prestato, prendendo come riferimento l’impegno temporale e la retribuzione del committente di esperienza e competenza analoghe; 3) contributi previdenziali da porre nella misura minima dei 2/3 a carico del datore che, nella veste di sostituto d’imposta, dovrà compiere operazioni di conguaglio fiscale e previdenziale. Cassa Forense dovrà stabilire importi e modalità di versamento entro il termine di 90 giorni dall’entrata in vigore della legge).

Infine, sempre nel termine di 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, il Ministro del lavoro di concerto con quello della giustizia, dopo un confronto con le parti sociali, il Consiglio nazionale forense, l’Organismo congressuale forense, le associazioni forensi riconosciute o non riconosciute come più rappresentative a livello nazionale, ciascuno nei limiti della propria competenza, dovranno emettere i decreti necessari a definire l’attività dell’avvocato come subordinata, parasubordinata o autonoma, utilizzando come parametri di riferimento: <<la durata temporale del rapporto, la presenza di una postazione fissa presso il datore di lavoro o il committente; la partecipazione ai risultati economici dell’attività, la previsione e l’eventuale indennizzo di clausole di esclusività>>.


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