Avvocati: dovere di segretezza e di riservatezza
Scopo della presente questione è l’analisi dell’art. 13 del Codice Deontologico Forense, rubricato “dovere di segretezza e riservatezza”, che contiene in sé i principi generali cui deve ispirarsi l’attività professionale di avvocato, poiché la riservatezza e il segreto, su ogni notizia che l’avvocato riceve dal proprio assistito, rappresentano componenti fondamentali della sua attività professionale e ne costituiscono il fondamento, in quanto, in mancanza, non si potrebbe instaurare un rapporto di fiducia tra il cliente ed il suo difensore.
La segretezza copre tutte le informazioni ottenute durante lo svolgimento di qualunque attività, sia essa di consulenza, stragiudiziale o processuale.
Il principio della segretezza è strettamente legato ad un altro principio fondamentale, quello del segreto professionale, cosi come disciplinato dall’art. 28 cod. deont., intitolato “riserbo e segreto professionale”, con il quale si estende la garanzia del segreto anche a vicende finali del rapporto tra avvocato e assistito, come il termine del mandato ovvero ancora la rinuncia allo stesso, seppur contenendo alcune deroghe, consentite al difensore che si trovi dinanzi a circostanze ben individuate dalla norma al comma 4 e, sono: necessità dovuto allo svolgimento dell’attività difensiva; impedire la commissione di un reato particolarmente grave; necessità di allegare circostanze di fatto nelle controversie tra difensore e parte assistita ovvero ancora nei procedimenti disciplinari.
Mentre l’art. 13 stabilisce un principio, l’art. 28, oltre ad individuare le linee di condotta che il professionista deve seguire e le deroghe consentite allo stesso, individua, in special modo, le sanzioni per la mancata osservanza dei doveri a cui è tenuto il difensore, il quale potrebbe incorrere nella censura, oppure in caso di violazione del segreto professionale, nell’applicazione della sospensione dall’esercizio della professione da uno a tre anni.
Il CNF ha sottolineato, inoltre, come cada sul difensore, l’obbligo di tenere il massimo riserbo anche sull’identità dei propri assistiti, indicandone delle cautele per la protezione della privacy, anche in ordine agli arredi dello studio professionale.
Il difensore ha, inoltre, l’obbligo di trattare i dati personali del proprio assistito in conformità alla normativa privacy, aggiungendo che il rapporto di riservatezza che lega avvocato e assistito, consente di tutelare i diritti fondamentali di quest’ultimo, incluso senz’altro, il diritto alla privacy.
Per concludere, va rammentato che la violazione dell’obbligo di riservatezza e segreto non rappresenta solo un illecito deontologico e un limite all’obbligo di rendere testimonianza, ma espone il difensore alla sanzione penale prevista anche dal codice penale all’art 622 che punisce infatti il reato di “rivelazione di segreto professionale”, trattandosi di delitto procedibile a querela della persona offesa.
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Alessandra Rizzo
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