Avvocati, sciopero: illegittimo se l’imputato è detenuto o si trova in custodia cautelare
Corte Costituzionale, 27 luglio 2018, n. 180
La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2-bis della legge 12 giugno 1990 n. 146 (Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della commissione di garanzia dell’attuazione della legge), nella parte in cui consente che il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati nel regolare, all’articolo 4, comma 1, lettera b), l’astensione degli avvocati nei procedimenti e nei processi in relazione ai quali l’imputato si trovi in stato di custodia cautelare, interferisca con la disciplina della libertà personale dell’imputato.
Il codice in questione è stato adottato in data 4 aprile 2007 dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura (Oua) e da altre associazioni categoriali (Ucpi, Anf, Alga, Uncc), valutato idoneo dalla Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali con delibera n. 07/749 del 13 dicembre 2007 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 del 2008.
È solo la legge che deve assicurare il minor sacrificio della libertà personale, cui ripetutamente ha fatto riferimento la Consulta a partire dalla fondamentale sentenza n. 64 del 1970; la quale – aprendo la via alla vigente disciplina in tema di termini massimi (di fase, complessivi e finali) della custodia cautelare – ha evidenziato che con l’art. 13, quinto comma, la Costituzione ha voluto evitare che il sacrificio della libertà determinato dalla custodia cautelare «sia interamente subordinato alle vicende del procedimento; ed ha, pertanto, voluto che, con la legislazione ordinaria, si determinassero i limiti temporali massimi della carcerazione preventiva, al di là dei quali verrebbe compromesso il bene della libertà personale, che […] costituisce una delle basi della convivenza civile».
Pertanto, la disposizione censurata viola la riserva di legge posta dall’art. 13, quinto comma, Cost. nella parte in cui consente al codice di autoregolamentazione di interferire nella disciplina nella libertà personale; interferenza consistente nella previsione che l’imputato sottoposto a custodia cautelare possa richiedere, o no, in forma espressa, di procedere malgrado l’astensione del suo difensore, con l’effetto di determinare, o no, la sospensione, e quindi il prolungamento, dei termini massimi (di fase) di custodia cautelare.
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