Banche, conto corrente c.d. monofirma: sanato dal successivo contratto di affidamento
Tribunale di Taranto, sez. II, sentenza 7 aprile 2017, n. 1026
Giudice Casarano
La nullità del contratto di conto corrente firmato dal cliente ma non dalla banca è sanata dal successivo perfezionamento del contratto di affidamento sottoscritto da entrambe le parti; ciò in ragione dell’intimo collegamento negoziale e con efficacia decorrente dalla data del fido.
Un istituto di credito otteneva un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti della società cliente e dei suoi tre fideiussori. Questi ultimi, però, proponevano opposizione al decreto ingiuntivo sul presupposto della: i) mancanza di sottoscrizione, da parte del delegato della banca, del contratto di conto corrente; ii) invalidità delle clausole relative agli interessi ed alla commissione di massimo scoperto. Il Giudice disponeva CTU contabile mediante la quale veniva confermata l’esistenza di un debito della società correntista nei confronti della banca, in misura tuttavia inferiore rispetto alla somma ingiunta. Da qui l’accoglimento parziale dell’opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo.
Sulla eccepita invalidità del contratto di apertura di credito per mancata sottoscrizione da parte dell’istituto di credito, il giudice ha osservato che in giurisprudenza sono tre gli orientamenti sviluppatisi in materia di c.d. contratto formale monofirma.
Secondo quello più rigoroso si configurerebbe una ipotesi di nullità in quanto la forma scritta ad substantiam richiederebbe per definizione la firma del documento da parte di entrambi i contraenti: non si potrebbe cioè ipotizzare un documento scritto senza il suggello delle firme dei contraenti, con le quali questi fanno proprio il regolamento contrattuale in esso contenuto. Alla nullità seguirebbe poi giocoforza l’insanabilità espressamente prevista dall’art. 1423 c.c..
Per un secondo orientamento, meno rigoroso, nel presupposto che l’assenza di firma di un documento scritto contenente la regola contrattuale completa non è la stessa cosa dell’assenza della forma scritta – che si verifica ad esempio quando il contratto risulti stipulato oralmente – si configurerebbe invece una forma di nullità – irregolarità sanabile ex tunc con atto successivo, non esecutivo, proveniente dal funzionario della banca preposto o anche con la produzione in giudizio in caso di azione di adempimento; sempre che nel frattempo non sia intervenuta una forma di inefficacia del contratto monofirma dovuta ad esempio alla morte della parte che sottoscriveva il documento contrattuale o all’esperimento da parte sua dell’azione tesa a far valere la nullità o l’inefficacia del contratto.
Alla stregua di un orientamento intermedio, infine, il contratto nullo per assenza della firma – equiparato quindi all’assenza della forma scritta ad substantiam – sarebbe suscettibile di essere convertito in una proposta contrattuale scritta proveniente dal contraente che ha sottoscritto il documento contenente la regolamentazione contrattuale; si farebbe cioè applicazione dell’istituto della conversione del contratto nullo ex art. 1424 c.c.. Insomma, si utilizzerebbe lo schema del contratto a formazione progressiva ex art. 1326 c.c. in tema di contratti a distanza, pur se adattato al caso di specie, dove propriamente il contratto si formava tra persone presenti.
Il contratto, similmente alla sequenza nota ex art. 1326 c.c., si perfezionerebbe allora con un successivo atto, sempre non esecutivo: l’atto esecutivo, infatti, è pur sempre un atto che presuppone la nullità, che invece rileva al momento genetico del rapporto, e che poi una volta che sia dichiarata può comportare finanche l’eventuale obbligo di restituzione di quanto eseguito in base al contratto invalido; l’atto, poi, deve provenire dalla parte che non ha sottoscritto il documento contrattuale.
Aderendo a questa interpretazione, la conclusione del contratto a formazione progressiva avverrebbe con efficacia ex nunc; non potendosi infatti dare una convalida per i contratti nulli ex art. 1423 c.c., cosa invece possibile, ma solo in virtù di espressa previsione di legge, in tema di contratti annullabili ex art. 1444 c.c. o in tema di contratto sottoscritto dal falsus procurator ex art. 1399 c.c. (c.d. ratifica).
Nel caso in esame, il contratto di conto corrente risultava privo della firma della banca mentre l’affidamento correlato al predetto contratto di conto corrente conteneva la firma della banca.
Ora, il giudice ha ritenuto che anche a voler aderire all’orientamento che appare più in linea con i principi che regolano la materia della conservazione dei negozi invalidi – e cioè all’ultimo orientamento citato – certo è che con il successivo contratto di affidamento avveniva il perfezionamento del contratto di conto corrente, c.d. monofirma, in considerazione dell’intimo collegamento negoziale che si instaurava tra i due contratti e quindi dalla data della sua venuta in essere si perfezionava con la forma scritta ad substantiam anche il contratto di conto corrente.
Che poi nel contratto di affidamento fosse apposta per la banca una sigla e non una firma per esteso, ciò non implica mancanza di sottoscrizione, sia perché la sigla veniva riconosciuta come propria dalla banca, sia perché non risultava evocato o dimostrato in giudizio che la sigla fosse propria di un soggetto non abilitato; per la quale diversa ipotesi, peraltro, avrebbe potuto operare utilmente la ratifica ex tunc ex art. 1399 c.c.
Sul punto, recentemente, si è espresso il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 12369 del 19 giugno 2017, secondo cui l’illeggibilità del segno grafico apposto con la sottoscrizione, lungi dal configurare un’ipotesi di nullità del contratto per difetto di forma scritta, pone tutt’al più un problema di identificazione dell’effettivo firmatario e, dunque, della titolarità della legittimazione dello stesso ad impegnare validamente l’istituto bancario in sede contrattuale. Nessuna criticità è tuttavia configurabile se l’istituto bancario non contesta la legittimazione del funzionario firmatario, facendo proprio il contratto e dando esecuzione allo stesso nel tempo.
A giudizio del costante orientamento della Suprema Corte di Cassazione, ivi espressamente menzionato: «in fattispecie nelle quali è incontroversa l’esistenza di un segno grafico apposto quale firma, l’illeggibilità della firma non può incidere sulla validità del negozio per difetto della forma scritta ad substantiam» (cfr. Cass. n. 3621/09 che, a sua volta, richiama Cass. S.U. 4746/79).
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