Benedictus Benedicat. A proposito della Dichiarazione “Fiducia Supplicans” sulla benedizione delle coppie irregolari e/o di coppie dello stesso sesso
«È Dio che benedice. Nelle prime pagine della Bibbia è un continuo ripetersi di benedizioni. Dio benedice, ma anche gli uomini benedicono, e presto si scopre che la benedizione possiede una forza speciale, che accompagna per tutta la vita chi la riceve, e dispone il cuore dell’uomo a lasciarsi cambiare da Dio […]. Così noi per Dio siamo più importanti di tutti i peccati che noi possiamo fare, perché Lui è padre, è madre, è amore puro, Lui ci ha benedetto per sempre. E non smetterà mai di benedirci»[1].
Sommario: 1. Introduzione – 2. La benedizione come sacramentale – 3. Il senso liturgico della benedizione nel sacramento del Matrimonio – 4. La sensibilità pastorale delle benedizioni di coppie irregolari e/o dello stesso sesso – 5. Le prime reazioni alla Dichiarazione. Il comunicato del Dicastero per la Dottrina della Fede del 04 Gennaio 2024 – 6. Brevi conclusioni
Il tema della benedizione ha assunto una maggiore risonanza a seguito della pubblicazione Dichiarazione del 18.12.2023 “Fiducia Supplicans” sul senso pastorale delle benedizioni ed in particolare sulla benedizione alla coppie irregolari ed a quelle dello stesso sesso.
Tuttavia, sembra opportuno, prima di addentrarci nel merito della questione, chiarire la natura ed il fine di tale Dichiarazione, per evitare interpretazioni fuorvianti e conclusioni affrettate e non corrette.
1. Introduzione
Il documento “Fiducia Supplicans” del Dicastero della Dottrina della Fede ed approvato dal Santo Padre con la Sua firma, è la risposta a diverse questioni giunte all’attenzione del Dicastero in questi ultimi anni, frutto di un lavoro di studio, di ricerca e di confronto sia con diversi esperti che con il Papa stesso.
Il documento contiene, inoltre, la risposta del Santo Padre al secondo dei cinque Dubia posti da due Cardinali e che rappresenta un ulteriore strumento per la riflessione pastorale del tema[2].
La Dichiarazione non cambia la dottrina della Chiesa cattolica né in materia di matrimonio, né in materia di unioni omosessuali, non ammettendo nessun tipo di rito liturgico o di benedizione che possa indurre nell’errore. Il fine è: “di offrire un contributo specifico e innovativo al significato pastorale delle benedizioni, che permette di ampliarne e arricchirne la comprensione classica strettamente legata a una prospettiva liturgica”[3].
Da qui si comprende la scelta della forma della Dichiarazione e dell’importanza dottrinale della questione: “Tale riflessione teologica, basata sulla visione pastorale di Papa Francesco, implica un vero sviluppo rispetto a quanto è stato detto sulle benedizioni nel Magistero e nei testi ufficiali della Chiesa. Questo rende ragione del fatto che il testo abbia assunto la tipologia di “Dichiarazione”[4].
Alla luce di tale premessa può allora comprendersi la possibilità di benedire coppie irregolari e coppie dello stesso sesso, ma senza legittimarne l’unione o mutare l’insegnamento perenne della Chiesa sul matrimonio.
2. La benedizione come sacramentale
L’introduzione al libro delle Benedizioni della Chiesa Cattolica afferma: “Origine e fonte di ogni benedizione è Dio, benedetto nei secoli, che è al di sopra di tutte le cose, lui solo è buono e ha fatto bene ogni cosa, per colmare tutte le sue creature, e sempre, anche dopo la caduta dell’uomo, ha continuato a effonderle in segno del suo amore misericordioso”[5].
Soltanto Dio è l’autore di ogni benedizione, Lui che è il Benedetto a sua volta ci benedice.
Tutta la Sacra Scrittura è pervasa dalla benedizione come momento di comunione tra Dio e l’uomo; essa acquista il valore di offerta di una virtù di salvezza. Quando Dio benedice una persona o una cosa, gli sta conferendo una virtù salvifica. Tuttavia accanto alla benedizione di Dio, vi è anche quella dell’uomo verso il suo Creatore; in tal caso, la benedizione assume i contorni del ringraziare ed invocare Dio perché riempia l’uomo dei suoi doni e della sua grazia.
Dunque, la benedizione è sia un atto di lode e di ringraziamento a Dio, ma anche l’invocazione della Sua protezione.
Le benedizioni sono, anzitutto, azioni invocative; con esse si invoca Dio su persone, cose, oggetti, luoghi, convegni; esse sono definite anche sacramentali[6]. Oltre alle benedizioni invocative vi sono anche le benedizioni costitutive, dette consacrazioni. Queste ultime costituiscono la persona che la riceve consacrandola in modo speciale a Dio (consacrazione delle vergini, professione religiosa in un ordine o congregazione).
I sacramentali scaturiscono dal sacerdozio battesimale: ogni battezzato è chiamato a fare della sua vita una benedizione e perciò a benedire[7]. Per questo anche i laici possono presiedere alcune benedizioni. I sacramentali, infatti, consistono in una qualche imitazione dei sacramenti, somigliando ad essi in alcuni aspetti, essendo segni sacri sensibili, spesso con materia e forma. I sacramenti, però, hanno come fine principale quello di produrre la grazia che significano, mentre i sacramentali non producono la grazia, ma dispongono gli uomini a riceverla e santificano le diverse circostanze della vita quotidiana. Si può ben dire che «i sacramentali hanno tre dimensioni principali: simbolica, cristologica ed ecclesiologica»[8].
Il documento “Fiducia Supplicans” parte dal concetto di benedizione come sacramentale, per poi ampliarne la portata alla luce dell’atteggiamento pastorale di Papa Francesco. Sebbene la validità della benedizione richiede che ciò che è benedetto sia conforme alla volontà di Dio espressa negli insegnamenti della Chiesa (nn. 9 e 11), la dichiarazione cerca di non contenere il senso della benedizione soltanto in questa cornice, con il rischio di sottoporla ad una previa valutazione del possesso di requisiti morali: “Infatti, vi è il pericolo che un gesto pastorale, così amato e diffuso, sia sottoposto a troppi prerequisiti di carattere morale, i quali, con la pretesa di un controllo, potrebbero porre in ombra la forza incondizionata dell’amore di Dio su cui si fonda il gesto della benedizione.” (n. 12); ed ancora: “Proprio a questo proposito, Papa Francesco ci ha esortato a non «perdere la carità pastorale, che deve attraversare tutte le nostre decisioni e atteggiamenti» e ad evitare di «essere giudici che solo negano, respingono, escludono».” (n. 13).
Da tali considerazioni il testo sviluppa un’analisi per una concezione più ampia delle benedizioni, iniziando da un rapido excursus nella Sacra Scrittura per arrivare ad una comprensione teologico-pastorale. Il Santo Padre in una delle sue risposte ai Dubia sollevati esorta ad accostarsi a colui che chiede una benedizione con atteggiamento di fede e di paterna devozione, proprio perché la persona che la chiede esprime una richiesta di aiuto a Dio, una supplica per poter vivere meglio (n. 21).
Quando la benedizione si trova al di fuori di un contesto liturgico, essa assurge ad un atto di devozione caratterizzato da maggiore spontaneità e libertà, ma non per questo meno importanti di quelle effettuate in un contesto liturgico. Infatti, si raccomanda di evitare la cristallizzazione della benedizione in un atto puramente liturgico e di conservarne lo stile e la semplicità del linguaggio e dei gesti che la caratterizza[9].
D’altronde, la prassi pastorale deve fuggire il rischio di categorizzare e fissare in alcuni schemi dottrinali la possibilità di concedere la benedizione, proprio perché essa non richiede una previa perfezione morale della persona (n. 25), pur se in una situazione moralmente inaccettabile da un punto di vista soggettivo. A nessuno può essere impedito di rendere lode a Dio, di ringraziarLo, nonostante si versi in una situazione non ordinata ai disegni del Creatore (n. 28)[10].
3. Il senso liturgico della benedizione nel sacramento del Matrimonio
La Dichiarazione “Fiducia Supplicans” è chiara nel distinguere il matrimonio da altre forme di unioni che non trovano nella realtà coniugale la loro costituzione. Infatti, il documento conferma la dottrina perenne della Chiesa sul matrimonio, poiché solo da esso deriva un’unione esclusiva, stabile e indissolubile tra uomo e donna, aperta alla generazione della prole[11]. Dunque, solo nel matrimonio i rapporti sessuali trovano il senso naturale e proprio.
Alla luce di ciò, la benedizione che il ministro ordinato conferisce agli sposi durante il rito liturgico del sacramento del matrimonio assume un significato ben preciso. A tal riguardo, il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1630 afferma: “Il sacerdote (o il diacono) che assiste alla celebrazione del Matrimonio, accoglie il consenso degli sposi a nome della Chiesa e dà la benedizione della Chiesa. La presenza del ministro della Chiesa (e anche dei testimoni) esprime visibilmente che il Matrimonio è una realtà ecclesiale”.
La benedizione nel matrimonio non è una qualsiasi benedizione, ma un gesto riservato al ministro ordinato che assiste alla celebrazione, il quale dopo aver ricevuto il consenso dei nubendi di volersi unire in matrimonio, li benedice in nome della Chiesa. La benedizione evidenzia l’identica dignità e la differente responsabilità nei ruoli che i coniugi saranno chiamati a svolgere[12]; pertanto, riveste sia un carattere “ascendente” che “discendente”.
Il matrimonio sacramentale è un atto liturgico ed introduce gli sposi nell’ordo ecclesiale da cui scaturiscono obblighi e diritti[13].
La benedizione degli sposi è tale perché inserita in un contesto liturgico, riservata al ministro ordinato ed è direttamente connessa all’unione specifica di un uomo e di una donna che con il loro consenso stabiliscono un’alleanza esclusiva ed indissolubile[14]. Essa, dunque, non va confusa con benedizioni date a qualsiasi altra unione.
4. La sensibilità pastorale delle benedizioni di coppie irregolari e/o dello stesso sesso
La possibilità di concedere una benedizione alle coppie irregolari e coppie dello stesso sesso viene concepita dal Documento come occasione di invocazione di aiuto dall’alto per far si che esse camminino nella strada del Vangelo, liberandosi dalle imperfezioni e fragilità.
Tuttavia, specifica la Dichiarazione, tale benedizione non deve trovare alcuna fissazione rituale da parte delle autorità ecclesiali, proprio per non creare confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio[15]. Ancora una volta è rimarcata la sostanziale differenza con la realtà coniugale generata dal matrimonio.
Il contesto nel quale si giustifica la benedizione delle coppie in questione è quello della non negazione aiuto spirituale che li aiuti a comprendere e realizzare la volontà di Dio nella loro vita.
Allora che significato assume una tale benedizione? Sembrerebbe che essa assurga ad una benedizione di “secondo grado”, in quanto, seppur non inserita in un rito liturgico, unisce la preghiera di intercessione all’invocazione di coloro che si rivolgono a Dio[16].
A riguardo, la Dichiarazione esorta i ministri ordinati a far uso della sensibilità pastorale al fine di eseguire benedizioni spontanee che non si trovano in un rito[17]. La spontaneità che le caratterizzerebbe implica che esse non per forza debbano trovare spazio in una norma o in una casistica del caso per caso[18]. Per tali ragioni “non si deve né promuovere né prevedere un rituale per le benedizioni di coppie in una situazione irregolare, ma non si deve neppure impedire o proibire la vicinanza della Chiesa ad ogni situazione in cui si chieda l’aiuto di Dio attraverso una semplice benedizione. Nella breve preghiera che può precedere questa benedizione spontanea, il ministro ordinato potrebbe chiedere per costoro la pace, la salute, uno spirito di pazienza, dialogo ed aiuto vicendevole, ma anche la luce e la forza di Dio per poter compiere pienamente la sua volontà”[19].
Sembrerebbe, come qualche autore ha notato, che proprio la presenza del ministro ordinato nella benedizione spontanea alle coppie irregolari e dello stesso sesso caratterizzerebbe la portata innovativa del documento, dal momento che alcuni sacramentali potrebbero essere amministrati anche da laici[20].
Intanto, il documento ribadisce che, per evitare qualsiasi confusione, tale benedizione non verrà mai svolta contestualmente ad un rito civile di unione o in relazione ad essi, né con abiti o gesti propri di un matrimonio[21], raccomandando che essa venga impartita in altri contesti come la visita ad un santuario o durante un pellegrinaggio[22].
L’esortazione ad una benedizione spontanea è affidata al prudente e saggio discernimento dei ministri ordinati che non dovranno attendersi un rituale specifico, ma essere portatori del volto misericordioso e materno della Chiesa che non nega l’aiuto ai suoi figli pur se non versano in situazioni oggettivamente lecite.
“La Chiesa è così il sacramento dell’amore infinito di Dio. Perciò, anche quando il rapporto con Dio è offuscato dal peccato, si può sempre chiedere una benedizione, tendendo la mano a lui, come fece Pietro nella tempesta quando gridò a Gesù: «Signore, salvami!» (Mt 14, 30). Desiderare e ricevere una benedizione può essere il bene possibile in alcune situazioni. Papa Francesco ci ricorda che «un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi attraversa le sue giornate senza affrontare importanti difficoltà». In questo modo, «ciò che risplende è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto»”[23].
5. Le prime reazioni alla Dichiarazione. Il comunicato del Dicastero per la Dottrina della Fede del 04 Gennaio 2024
La difficoltà ricettiva del Documento da parte di alcune Conferenze Episcopali, dovuta a diversi fattori legati soprattutto alle peculiarità dei territori, ha reso necessaria, a pochi giorni dalla pubblicazione dello stesso, l’emanazione di una nota stampa del Dicastero per aiutare a chiarire la ricezione della Dichiarazione.
La nota prende atto delle difficoltà manifestate da alcuni Vescovi che necessiteranno per l’applicazione del Documento di tempi più o meno lunghi, dovendo necessariamente compiere, insieme ai presbiteri, un percorso di discernimento. Infatti, chiarisce la nota, non si potrà escludere che alcuni Vescovi stabiliranno che tali benedizioni potranno essere impartite solo in privato, purché in modo fedele e conforme a quanto affermato nel testo[24].
Si consideri, inoltre, che in alcuni territori l’omosessualità è punita come reato, per cui la prudenza suggerirebbe, inizialmente, di non esporre troppo gli omosessuali che chiedono una benedizione alla violenza. Ragion per cui si raccomanda la necessità di uno studio e di un discernimento attento a tale contesto che, però, non finisca con l’impedire tali benedizioni.
Dunque, oltre alle difficoltà legate ai luoghi, la nota esorta, al di là della polemica, di effettuare uno sforzo di riflessione serena, scevro da ogni ideologia. Infatti, le benedizioni non ritualizzate non sono una sono “una consacrazione della persona o della coppia che le riceve, non sono una giustificazione di tutte le sue azioni, non sono una ratifica della vita che conduce”. Lo si ribadisce ancora, esse rappresentano uno strumento di vicinanza pastorale che non richiede troppe condizioni.
Il Comunicato del Dicastero suggerisce, pertanto, delle soluzioni pratiche su come impartire tali benedizioni. La nota esorta ad impartire benedizioni brevi, semplici che non ratifichino una scelta irregolare. “Immaginiamo che in mezzo ad un grande pellegrinaggio una coppia di divorziati in una nuova unione dicano al sacerdote: “Per favore ci dia una benedizione, non riusciamo a trovare lavoro, lui è molto malato, non abbiamo una casa, la vita sta diventando molto pesante: che Dio ci aiuti!”. In questo caso, il sacerdote può recitare una semplice orazione come questa: «Signore, guarda a questi tuoi figli, concedi loro salute, lavoro, pace e reciproco aiuto. Liberali da tutto ciò che contraddice il tuo Vangelo e concedi loro di vivere secondo la tua volontà. Amen». E conclude con il segno della croce su ciascuno dei due”.
Tutto ciò non deve per forza avvenire nello spazio sacro o dinanzi all’altare, perché potrebbe creare confusione, ma il testo ribadisce che si tratta di un aiuto spirituale e pastorale a chi vive una situazione difficoltosa nella vita e non della ratifica di un’unione irregolare e contro la dottrina perenne della Chiesa sul matrimonio.
6. Brevi conclusioni
Sicuramente è innegabile la novità portata dalla Dichiarazione “Fiducia Supplicans” se si pensa che del tutto contrario era stato il Responsum della stessa Congregazione per la dottrina della fede nel 2021 «la presenza in tali relazioni di elementi positivi, che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare, non è comunque in grado di coonestarle e renderle quindi legittimamente oggetto di una benedizione ecclesiale, poiché tali elementi si trovano al servizio di una unione non ordinata al disegno del Creatore»[25]. La novità la si riscontra proprio per il fatto che è richiesta la presenza del ministro ordinato per una tipologia di benedizioni non ritualizzate e contenute in testi liturgici.
Quindi si ha un’apertura di vicinanza pastorale verso forme di unioni non matrimoniali, ma al tempo stesso una prudenza necessaria per evitare conclusioni errate e non conformi al diritto divino. Del resto: “Homo non separet quod Deus coniunxit”.
[1] Francesco, Catechesi sulla preghiera: la benedizione (2 dicembre 2020), L’Osservatore Romano, 2 dicembre 2020, p. 8.
[2] Francesco, Respuestas a los Dubia por dos Cardenales.
[3] Dichiarazione “Fiducia supplicans” sul senso pastorale delle benedizioni del Dicastero per la Dottrina della Fede, 18.12.2023, (Presentazione).
[4] Dichiarazione “Fiducia supplicans” sul senso pastorale delle benedizioni del Dicastero per la Dottrina della Fede, 18.12.2023, (Presentazione).
[5] Premesse Generali al Rituale delle Benedizioni.
[6] La celebrazione delle benedizioni occupano un posto particolare fra i sacramentali che la Chiesa ha istituito per il bene pastorale del popolo di Dio (Decreto della Congregazione del Culto Divino del 30 Maggio 1984 – Prot. n. 1200/84).
[7] Can. 1167 CIC: “I Sacramentali sono segni sacri con cui, per un qualche imitazione dei sacramenti, vengono significati e ottenuti per l’impetrazione della Chiesa, effetti soprattutto spirituali”.
[8] I. Scicolone et al., I Sacramentali e le benedizioni, Marietti, Genova 1989, 253.
[9] «Considerate dal punto di vista della pastorale popolare, le benedizioni vanno valutate come atti di devozione che «trovano il loro spazio al di fuori della celebrazione dell’Eucaristia e degli altri sacramenti […]. Il linguaggio, il ritmo, l’andamento, gli accenti teologici della pietà popolare si differenziano dai corrispondenti delle azioni liturgiche». Per la stessa ragione «si eviti di apportare modalità di “celebrazione liturgica” ai pii esercizi, che debbono conservare il loro stile, la loro semplicità, il proprio linguaggio». (n.24 Dichiarazione “Fiducia Supplicans”).
[10] A riguardo qualche autore ha evidenziato che: “Nel nuovo documento è messa in luce la dimensione «ascendente» del sacramentale della benedizione: «a nessuno si può impedire questo rendimento di grazie e ciascuno, anche se vive in situazioni non ordinate al disegno del Creatore, possiede elementi positivi per i quali lodare il Signore» (par. 28). In tal modo, paiono trovare una concreta applicazione le parole – «Chi sono io per giudicare?» – che Papa Francesco aveva pronunciato nel 2013 di ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro, lasciando presagire l’avvento di una stagione ecclesiale di discernimento, di accompagnamento e di disponibilità pastorale per le persone e le unioni omosessuali. Due anni più tardi, lo stesso Pontefice nell’esortazione «Amoris Laetitia» (2015) aveva ribadito quanto emerso nel Sinodo dei vescovi sulla famiglia: «ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto» (par. 250)”; L. Guzzo, La Chiesa ammette la possibilità di benedire le coppie omosessuali. Vino nuovo in otri vecchi?, in Diritto e Religioni, Supplemento telematico, Pellegrini, Cosenza, 22 Dicembre 2023.
[11] Dichiarazione “Fiducia Supplicans” n. 4.
[12] Anticamente tale benedizione era riservata unicamente alla sposa, in virtù del ruolo riconosciuto alla donna nella famiglia, secondo il rilievo che il termine matrimonio assume. Nel rito liturgico attuale, entrambi gli sposi ricevono dalla Chiesa la benedizione.
[13] Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1631.
[14] Dichiarazione “Fiducia Supplicans” n. 6.
[15] Dichiarazione “Fiducia Supplicans” n. 31.
[16] Dichiarazione “Fiducia Supplicans” n. 33.
[17] Dichiarazione “Fiducia Supplicans” n. 35.
[18] Al n. 37 la Dichiarazione così afferma: “A tal proposito, vengono alla mente le seguenti parole, in parte già citate, del Santo Padre: «Le decisioni che, in determinate circostanze, possono far parte della prudenza pastorale non devono necessariamente diventare una norma. Cioè, non è conveniente che una Diocesi, una Conferenza Episcopale o qualsiasi altra struttura ecclesiale attivino costantemente e ufficialmente procedure o riti per ogni genere di questioni […]. Il Diritto Canonico non deve e non può coprire tutto, né le Conferenze Episcopali devono pretendere di farlo con i loro vari documenti e protocolli, perché la vita della Chiesa passa attraverso molti canali, oltre a quelli normativi».[24] Così Papa Francesco ha ricordato che tutto «ciò che fa parte di un discernimento pratico in una situazione particolare non può essere elevato alla categoria di norma», perché ciò «darebbe luogo a una casistica insopportabile»”.
[19] Dichiarazione “Fiducia Supplicans” n. 38.
[20] L. Guzzo, La Chiesa ammette la possibilità di benedire le coppie omosessuali. Vino nuovo in otri vecchi?, cit., p. 2.
[21] Dichiarazione “Fiducia Supplicans” n. 39.
[22]Dichiarazione “Fiducia Supplicans” n. 40.
[23]Dichiarazione “Fiducia Supplicans” n. 43.
[24] “La prudenza e l’attenzione al contesto ecclesiale e alla cultura locale potrebbero ammettere diverse modalità di applicazione, ma non una negazione totale o definitiva di questo cammino che viene proposto ai sacerdoti”(Comunicato del Dicastero della Dottrina per la Fede).
[25] Congregatio pro Doctrina Fidei, «Responsum» ad «dubium» de benedictione unionem personarum eiusdem sexus et Nota esplicativa, AAS 113 (2021), 431-434.
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Giuseppe Di Micco
Formazione
Giuseppe Di Micco (1986), Avvocato e Ph.D. Ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza (LMG/01) con votazione 110 e lode discutendo una tesi in diritto canonico. Durante la pratica forense presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, ha continuato a coltivare l’interesse per il settore del diritto canonico ed ecclesiastico partecipando alle attività culturali ed ai convegni organizzati dalla sezione di Diritto Ecclesiastico e Canonico del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Napoli “Federico II”.
Nell’ottobre del 2012 è stato vincitore al concorso pubblico per l’ammissione alle scuole di dottorato di ricerca dell’Università Statale di Milano, in particolare per il dottorato in Scienze Giuridiche – Curriculum in Diritto Ecclesiastico e Canonico, 28° ciclo. Il 29 gennaio 2016 ha conseguito il titolo di dottore di ricerca, superando l’esame finale con la discussione di una tesi dal titolo "Matrimonio e consumazione nei diritti religiosi".
Nel novembre 2017 ha partecipato al corso di formazione teorico e pratico tenutosi presso il Tribunale Apostolico della Rota Romana dal Titolo “Il nuovo processo matrimoniale e la procedura super rato” superando le relative esercitazioni con la votazione ed ottenendo il diploma con votazione “Summa cum laude”.
Nel 2019, ha frequentato il Corso per la formazione dei Postulatori presso lo Studium della Congregazione delle Cause dei Santi, superando l’esame finale con la votazione 9.5/10 Magna cum Laude probatus
Attività professionale ed extra
Svolge la professione forense collaborando con studi legali in materia di diritto civile (in particolare in tema di risarcimento danni, riscossione esattoriale, recupero crediti, diritto del lavoro, diritto bancario, diritto di famiglia e delle successioni).Ha collaborato con la cattedra di diritto ecclesiastico, diritto canonico e diritti confessionali del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università “Federico II”.E’ stato tutor presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” per la materia di diritto del lavoro (AA.2018/2019).
Collabora, inoltre, per il comitato di redazione della rivista on line Salvis Juribus con commenti a sentenze in materia sia di diritto civile che di diritto ecclesiastico.
E’ membro dell’Ordine della Fraternità Francescana Secolare di Afragola (OFS).
E’ membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione “Le Beatitudini” ODV con sede presso la Pontificia Basilica Minore di S. Antonio da Padova in Afragola (NA)
Attività scientifiche
Nel maggio del 2016 ha preso parte ad un Campus di Studio presso STILO (RC), organizzato dall’Università Magna Grecia di Catanzaro dal titolo “L’Islam. Dal pregiudizio ai diritti”, prendendo attivamente parte al gruppo di lavoro costituitosi in seno allo stesso, sulla libertà religiosa e integrazione nell’ambito della scuola italiana.E’ stato organizzatore e moderatore del convegno dal titolo “La tutela della famiglia nell’ordinamento secolare e canonico. Aspetti pastorali e riforme processuali”, organizzato il 4 maggio 2018 presso la Pontificia Basilica S. Antonio da Padova Afragola (NA), accreditato presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli Nord, con il patrocinio dell’Associazione forense di Afragola e dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani.
E’ stato curatore del volume relativo agli atti del Convegno “La tutela della famiglia nell’ordinamento secolare e canonico. Aspetti pastorali e riforme processuali”, pubblicati presso la Key editore nel dicembre 2018.
E’ stato coautore del volume “Il Trust. Origine, analisi e aspetti comparativi” (a cura di Francesco Cecaro), pubblicato presso Turisa editrice, Collana Studia Selecta, 2018.