Benedizione delle unioni omosessuali: Roma locuta, causa finita est?
Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso (15.03.2021)
AL QUESITO PROPOSTO:
La Chiesa dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso?
SI RISPONDE:
Negativamente. [1]
Un tentativo di analisi del Responsum negativo del 15 Marzo 2021, in ordine ai motivi adducibili dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, passa inevitabilmente dalla separazione dei termini “sacramentali” e “sacramenti”.
Il Codice di Diritto Canonico – sulla scorta degli atti del Concilio Vaticano II – colloca le benedizioni nel quadro dei “sacramentali” (cann. 1166-1172). Rientrano nella categoria dei sacramentali quei segni per mezzo dei quali i fedeli vengono preparati a ricevere l’effetto principale dei sette sacramenti e si possono santificare varie circostanze della vita (SC, 60; cfr. CCC, 1667 e can. 1166) mentre i “sacramenti” sono gli strumenti istituiti da Cristo e affidati alla Chiesa per guidare il percorso di fede del cristiano e raggiungere la grazia eterna.
La caratteristica propria delle benedizioni – che li distingue dagli altri riti liturgici – é di vantare una certa imitazione dei sacramenti, sia nella loro struttura rituale, sia nell’impiego di gesti e di simboli che manifestano la grazia che si invoca.
Riguardano principalmente le persone (le cose non sono escluse ma assai limitate) e seppure atti di culto simili – per lo più o strettamente connessi – ai sacramenti, non devono esprimere automaticamente e necessariamente un passo verso il sacramento.
Si può benedire una singola persona come una coppia o un gruppo di persone le quali manifestino la volontà di vivere in fedeltà ai disegni rivelati di Dio così come proposti dall’insegnamento ecclesiale.
Ostacolo insormontabile di carattere dottrinale si porrebbe però nel caso specifico del Responsum ossia qualora le benedizioni fossero dirette alle unioni di persone dello stesso sesso in quanto, ad oggi, il diritto canonico non (ri)conosce queste unioni come non approva la volontà di tutte quelle coppie che prevedono una prassi sessuale fuori dal sacramento del matrimonio.
Sussistono casi “ultra petitum” che esulano dai rapporti omosessuali ma comportano medesimi problemi di natura morale (si pensi a quelle coppie eterosessuali che potrebbero non sposarsi o quelle coppie eterosessuali che, seppure benedette, potrebbero svolgere una futura attività sessuale non necessariamente finalizzata alla procreazione, etc.).
Gli omosessuali inoltre non rappresentano una categoria a se stante nell’ambito delle benedizioni e, non a caso, il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede non esclude che vengano impartite benedizioni a singole persone con inclinazione omosessuale ma dichiara esclusivamente illecita ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere le loro unioni, in coerenza con le attuali linee del Codice di Diritto Canonico, perché si potrebbe manifestare l’intenzione non di affidare alla protezione e all’aiuto di Dio alcune singole persone ma di approvare ed incoraggiare una prassi di vita che non potrà mai essere riconosciuta come oggettivamente “ordinata” ai disegni contenuti nelle Sacre Scritture.
In conclusione, non può passare in sordina il Responsum a questo dubium poiché incide direttamente/indirettamente nella visione morale di una Chiesa che da una parte avanza guidata da quella volontà di dialogo, di accoglienza e di accompagnamento delle persone omosessuali in un cammino di crescita nella fede, ma dall’altra indietreggia, timorosa che una eccessiva apertura finisca col giustificare, riconoscere e, quindi, ammettere l’omosessualità.
Roma locuta, causa finita est?
[1] cfr. https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2021/03/15/0157/00330.html
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