Beni culturali: rimessa alla Corte Costituzionale la questione del mancato divieto di subappalto

Beni culturali: rimessa alla Corte Costituzionale la questione del mancato divieto di subappalto

I beni culturali nei plurimi ordinamenti nazionali sono oggetto di una peculiare considerazione in quanto specchio dei valori di una determinata civiltà. Come patrimonio delle generazioni passate e presenti e manifestazione dei diversi modi di intendere una vita di relazione ed impostare una corrente di pensiero, nel nostro ordinamento i beni culturali sono assistiti da una duplice esigenza sociale: quella conservativa, preordinata alla salvaguardia dell’integrità dei beni di interesse storico, artistico ed archeologico, e  quella di valorizzazione, funzionale al miglioramento qualitativo-economico del bene al fine di renderne più agevole e satisfattiva la pubblica fruizione.

Il combinato disposto degli artt. 3, 9 e 117 della Costituzione consente di affermare che il regime giuridico dei beni culturali è incentrato sulla funzione sociale che essi assolvono, la quale da un lato esige una tutela in senso conservativo uniforme su tutto il territorio nazionale e, pertanto, attribuita alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lett. s) Cost.); dall’altro consente una valorizzazione dei beni culturali di tipo locale, che risalti le caratteristiche peculiari di ciascun ambito territoriale, affidata alla potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni (art. 117, comma 3, Cost.).

Alla luce dei peculiari connotati della disciplina, il codice dei contratti pubblici nell’art. 146, comma 3, sancisce in relazione all’esecuzione dei lavori in tale specifico settore dei beni culturali un divieto di ricorso all’avvalimento di cui all’art. 89. La ratio di tale divieto è pacificamente individuata nella necessità di ammettere alla gara di appalto e, dunque, alla selezione del miglior contraente soltanto quelle imprese che possiedano personalmente i requisiti di qualificazione specialistici economico-finanziari e tecnico-professionali, oltre che quelli generali di partecipazione. Una impresa dotata di solidità economica e di comprovate capacità tecniche, difatti, è maggiormente in grado di assolvere le funzioni costituzionalmente imposte di conservazione dei beni culturali, in primis, e di valorizzazione.

Tale divieto di avvalimento non si pone in contrasto con l’ordinamento europeo poiché l’art. 36 del TFUE ammette deroghe ai principi di tutela della concorrenza e di massima apertura del mercato quando vi sia l’interesse pubblico primario alla protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, mediante l’introduzione di misure restrittive o divieti. Sebbene l’avvalimento sia un istituto pro-concorrenziale volto a consentire la partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica anche di imprese medio-piccole sprovviste dei requisiti specifici di qualificazione attraverso il prestito di tali requisiti economico-finanziari o tecnico-professionali da parte di altre imprese che ne siano in possesso, l’operatività di tale istituto può essere derogata dagli Stati membri per tutelare l’interesse pubblico prioritario alla conservazione dei beni culturali.

Il T.A.R. per il Molise, Sez. I, con ordinanza del 17 ottobre 2020, n. 278, ha, tuttavia, rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità degli articoli 105 e 146 del codice dei contratti pubblici per contrasto con gli artt. 3 e 9 della Costituzione, nella parte in cui prevedono un trattamento differenziato per avvalimento e subappalto, non essendo sancito il divieto anche per l’istituto del subappalto. Il giudice amministrativo nel sollevare la questione di legittimità costituzionale ha ricostruito le analogie e le differenze tra i due istituti, soffermandosi poi sulla peculiare figura del subappalto necessario.

Per quanto concerne le analogie, entrambi gli istituti pro-concorrenziali previsti dal d.lgs. n. 50/2016 (rispettivamente dagli artt. 89 e 105) sono volti a favorire la massima apertura del mercato, consentendo anche alle imprese piccole e medie di partecipare alle gare di appalto o attraverso il prestito dei requisiti speciali di qualificazione (avvalimento) oppure consentendo alle medesime di avvalersi di altre imprese per lo svolgimento di una parte della prestazione oggetto del contratto pubblico (subappalto). Le differenze tra avvalimento e subappalto sono state sintetizzate nei seguenti punti principali:

– l’avvalimento attiene alla fase pubblicistica di selezione del contraente, consentendo alle imprese prive dei requisiti speciali di qualificazione economico-finanziari o tecnico-professionali (che dovrebbero essere escluse)  di partecipare alla gara servendosi del prestito di tali requisiti da parte di altre imprese che ne siano in possesso. Il subappalto, diversamente, si colloca nella fase privatistica di esecuzione del contratto, successiva allo svolgimento della gara, alla aggiudicazione dell’appalto ed alla stipulazione del contratto pubblico. Nel caso di subappalto, difatti, l’impresa subappaltante è l’unica a  partecipare con i propri requisiti di partecipazione e di qualificazione alla  procedura ad evidenza pubblica, aggiudicandosi la commessa e stipulando il contratto pubblico unicamente con la stazione appaltante. Il subappaltatore, a sua volta, è legato contrattualmente per la esecuzione di quota della prestazione di lavori soltanto con l’impresa aggiudicataria subappaltante in virtù dell’instaurazione di un autonomo rapporto giuridico.

– il regime di responsabilità è diverso poiché nell’avvalimento l’impresa ausiliaria è solidalmente responsabile con l’impresa che si è avvalsa del requisito alieno, ai sensi dell’art. 89, comma 5, del codice dei contratti pubblici. Nel subappalto, invece, essendo il subappaltatore un soggetto terzo rispetto alla amministrazione aggiudicatrice ed essendo legato contrattualmente soltanto alla impresa aggiudicataria subappaltante,  l’impresa aggiudicataria in quanto contraente principale è responsabile in via esclusiva nei confronti della stazione appaltante, ex art. 105, comma 8, del codice dei contratti pubblici.

Tali distinzioni operative, tuttavia, si ridimensionano notevolmente nel caso della peculiare ed eccentrica figura del subappalto necessario. Tale istituto si riscontra allorquando una impresa priva dei requisiti speciali di qualificazione subappalti una quota di prestazione dei lavori ad altra impresa che sia dotata dei requisiti in questione. Il subappalto necessario riunisce in sé la funzione propria dell’avvalimento, consentendo ad una impresa che dovrebbe essere esclusa per la mancanza dei requisiti di qualificazione di partecipare servendosi del subappalto, ed opera non solo nella fase privatistica della esecuzione del contratto ma anche in quella pubblicistica della selezione del contraente, ammettendo la partecipazione della impresa che non abbia i requisiti speciali.

Il trattamento differenziato tra avvalimento e subappalto in materia di beni culturali perpetrato dall’art. 146 del codice dei contratti pubblici, il quale pone un divieto espresso solo per l’avvalimento, è stato giustificato da un primo orientamento in base alla considerazione che nel subappalto i lavori sono eseguiti da un soggetto subappaltatore qualificato mentre nell’avvalimento l’impresa ausiliaria effettua solo un prestito dei requisiti speciali, rimanendo il soggetto ausiliato (privo dei requisiti) titolare dell’obbligo di eseguire la prestazione di lavori.

Il T.A.R. del Molise ha avallato un diverso indirizzo ermeneutico evidenziando come l’orientamento che ammette il regime differenziato non valorizzi e consideri l’importanza rivestita dalla impresa ausiliaria anche in fase esecutiva, essendo dalla normativa vigente esaltato il ruolo dell’ausiliario in sede di avvalimento come co-partecipe e corresponsabile. La responsabilità solidale della impresa ausiliaria, difatti, si fonda sulla dichiarazione sottoscritta che quest’ultima è tenuta a presentare alla stazione appaltante , ex art. 89, comma 1, del codice dei contratti pubblici. Con tale dichiarazione l’impresa ausiliaria instaura un rapporto giuridico diretto con la stazione appaltante (autonomo e ulteriore rispetto al contratto di avvalimento con cui si obbliga nei confronti della impresa ausiliata), obbligandosi a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto. Inoltre, il comma 9 della stessa disposizione, attribuisce al responsabile del procedimento il potere di accertare in corso d’opera l’effettivo impiego delle risorse economico-finanziarie o tecnico-professionali messe a disposizione dalla impresa ausiliaria.

Considerato il ruolo decisivo che l’impresa ausiliaria svolge anche in fase esecutiva, non è giustificato il diverso trattamento tra avvalimento e subappalto anche in virtù di ulteriori argomentazioni:

– il subappalto, a differenza dell’avvalimento, non salvaguarda adeguatamente la stazione appaltante dall’inadempimento delle obbligazioni da parte del subappaltatore. La responsabilità, difatti, ricade esclusivamente sul contraente principale ai sensi dell’art. 105, comma 8, del codice dei contratti pubblici (l’art. 89, comma 9, invece sancisce la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante di impresa ausiliaria e ausiliata).

– tutte le garanzie normative e giurisprudenziali che assistono l’istituto dell’avvalimento, tra cui: la dimostrazione del contratto di avvalimento stipulato tra impresa ausiliata e ausiliaria; la presentazione della dichiarazione negoziale unilaterale sottoscritta dalla impresa ausiliaria con cui questa ultima si obbliga direttamente nei confronti della stazione appaltante a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto; l’accertamento in fase esecutiva dell’effettiva messa a disposizione del requisito speciale (soprattutto nel caso di avvalimento operativo, cioè di prestito dei requisiti tecnico-professionali e delle certificazioni SOA. Ex multis: Cons. Stato, V, 16 maggio 2017, n. 2316; 12 maggio 2017, n. 2226; 23 febbraio 2017, n. 852; 6 giugno 2016, n. 2384; 27 gennaio 2016 n. 264).

– la sfiducia dell’ordinamento nazionale nei confronti del subappalto che si presta all’aggiramento delle norme di evidenza pubblica poiché sottratto ai controlli propri della fase pubblicistica di gara, in quanto istituto operante nella fase esecutiva, e possibile veicolo di infiltrazioni criminali/mafiose.

– il ruolo altrettanto decisivo attribuito alla impresa ausiliaria anche in fase esecutiva.

– la sostanziale equiparazione dell’avvalimento al subappalto necessario allorquando questo ultimo operi non solo in fase esecutiva ma anche a monte consentendo la partecipazione alle imprese sprovviste dei requisiti di qualificazione a mezzo del subappalto di quota della prestazione di lavori.

Per tali motivi, il T.A.R. Molise, Sez. I, ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità degli articoli 105 e 146 del codice dei contratti pubblici per contrasto con gli artt. 3 e 9 della Costituzione, nella parte in cui non dispongono parimenti un divieto di subappalto, alla luce della comune esigenza di garantire nel settore degli appalti pubblici il perseguimento del primario interesse sociale alla tutela ed alla valorizzazione dei beni artistici, storici ed archeologici.


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Sara Cimini

E' laureata in giurisprudenza alla luce di un percorso di studio che ha favorito il sorgere della passione e dedizione per il diritto amministrativo, le tematiche ambientali, il diritto pubblico ed il diritto penale. L'approfondimento delle materie è avvenuto attraverso la specializzazione nelle professioni legali (SSPL), la pratica forense svolta presso uno studio legale specializzato in diritto civile, condominio, diritto penale e amministrativo. Inoltre, ha svolto il tirocinio ex art. 73 d.l. n. 69/2013 presso il T.A.R. Lazio-Roma, Sez. III Principale. Durante la formazione ha acquisito competenze principalmente sugli appalti pubblici, servizi e trasporti pubblici, A.S.N., test di accesso alla facoltà di medicina e scuole di specializzazione nonché sulla organizzazione degli uffici pubblici e giudiziari.

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