Bigenitorialità e distanza geografica formatasi dopo lo scioglimento della coppia

Bigenitorialità e distanza geografica formatasi dopo lo scioglimento della coppia

Come si coniuga il principio della bigenitorialità con tutte quelle situazioni pratiche di distanza geografica venutasi a creare dopo lo scioglimento della coppia?

Tralasciando le situazioni patologiche, di conflittualità di coppia, nelle quali un genitore si allontani e si renda volontariamente e gravemente inadempiente ai propri doveri genitoriali, esistono altresì casistiche, quasi fisiologiche per la nostra epoca, in cui un genitore debba semplicemente trasferirsi, talvolta anche all’estero, per reperire un lavoro.

Talvolta si tratta addirittura di famiglie unite, per le quali la disgregazione familiare si manifesta in un secondo momento rispetto al trasferimento, in questi casi al disgregazione familiare è un effetto della distanza e non la sua causa.

Come incide tutto ciò sulle regolamentazioni che riguardano i figli minori nati dall’unione?

La Cassazione civile, sez. I, 17/12/2009, (ud. 29/10/2009, dep.17/12/2009), n. 26587 ha ben chiarito che “La regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall’art. 155 c.c. con riferimento alla separazione personale dei coniugi, ed applicabile anche nei casi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, in virtù del richiamo operato dall’art. 4, comma 2, l. 8 febbraio 2006 n. 54, è derogabile solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”, come nel caso in cui il genitore non affidatario si sia reso totalmente inadempiente all’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore dei figli minori ed abbia esercitato in modo discontinuo il suo diritto di visita, in quanto tali comportamenti sono sintomatici della sua inidoneità ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l’affido condiviso comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente.

La distanza geografica, dunque, di per sé non costituisce un limite automatico all’applicazione dell’affidamento condiviso, ma bisogna sempre guardare attentamente e, aggiungerei, con una certa sensibilità, al caso concreto e verificare se essa si sia tradotta in una violazione dei doveri genitoriali, ravvisabile anche allorché questi vengano adempiuti solo in via saltuaria e discontinua, ledendo l’interesse del figlio minore.

E’ questo l’importante principio che si ricava dalla sentenza emessa il 6.3.19 dalla Cassazione-I Sez. Civile (sent. n. 6535/19) in una battaglia tra genitori per l’affido del loro figlio naturale.

La sentenza chiudeva una disputa tra un padre ed una madre, che vedeva quest’ultima, non paga della collocazione del figlio presso di sé a Roma, chiederne l’affido esclusivo, adducendo a sostegno della propria istanza proprio la distanza che separava il padre dal minore.

La richiesta era stata respinta dalla Corte d’Appello di Roma e, così, la signora aveva fatto ricorso alla Suprema Corte, la quale poneva fine alla vicenda confermando la precedente decisione, poiché non veniva ravvisato nella distanza un motivo idoneo a derogare alla regola dell’affido condiviso, previsto dalla Legge, di cui nei precedenti gradi di giudizio era stata data puntuale e rigorosa applicazione, tenendo conto che nei confronti del papà in questione, seppure vivesse a Bruxelles, non fosse emerso alcun profilo di inidoneità genitoriale.

In tale decisione la Cassazione ha valorizzato l’assidua osservanza dei tempi di visita da parte del padre, nonostante la sua distanza ed il disagio del viaggio, emersa nei precedenti gradi di giudizio.

La Suprema Corte, quindi, ha ritenuto la decisione di merito assolutamente corretta, e la ha dunque confermata, ritenendola allineata ai principi normativi e giurisprudenziali, nazionali ed europei, tesi a garantire la effettività del diritto del figlio di mantenere la relazione con entrambe le figure genitoriali.

Tale decisione è in linea con l’orientamento ormai consolidato, secondo cui quello dell’affido condiviso sia il regime ordinario, che non può essere derogato neppure in caso di conflittualità genitoriale (Cass. 1777/12), salvo che tale situazione superi i limiti di tollerabilità, andando a compromettere lo sviluppo psico-fisico della prole (Cass. 5108/12).

Nel caso di specie, pur essendo stata riscontrata una indiscutibile conflittualità genitoriale, la stessa era risultata stemperata proprio dalla distanza, che quindi, lungi dal nuocere al minore, anzi rappresentava per lui una sorta di salvaguardia.

Concludendo, la Suprema Corte ha ritenuto che la decisione per l’affido condiviso del figlio, nato da genitori non sposati e residenti in due diverse città europee, fosse stata frutto di una attenta valutazione di entrambi i punti d’attenzione normativamente sanciti, vale a dire l’idoneità genitoriale, da un lato, e l’interesse del minore, dall’altro.

Tuttavia, vi sono casi in cui, viceversa, a causa di una distanza maggiore da percorrere o delle minori disponibilità economiche, il genitore trasferitosi all’estero non riesca a viaggiare assiduamente in aereo e dunque ad essere una presenza costante nella vita del figlio, rimasto a vivere con l’altro genitore. Quando tale discontinuità si estende poi anche ai contatti telefonici e/o alla contribuzione economica in favore dell’altro genitore, collocatario del minore, il Tribunale è chiamato a compiere una attenta valutazione che non può prescindere dall’ascolto del minore della cui vita si tratta.

La Convenzione di New York del 1989 sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, al secondo comma dell’articolo 12, prevede che “si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”.

Solo nel 2006, con la legge n. 54 sull’affidamento condiviso dei figli, è stato introdotto nel nostro codice civile l’articolo 155 sexies che prevede il dovere del giudice di disporre “l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento”. Questa prescrizione ha avvicinato formalmente il nostro ordinamento alle disposizioni vigenti a livello sovranazionale. Ma è solo con la riforma in materia di filiazione di cui alla legge n. 219/2012 – che introduce nel codice civile italiano l’articolo 315 bis, 3° comma – e al decreto legislativo n. 154/2013 di attuazione della stessa, che il diritto del minore ad essere ascoltato si consolida. L’articolo 315 bis del codice civile rubricato “Diritti e doveri del figlio”, prevede al terzo comma che “il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano”.

Dunque, ferma restando l’obbligatorietà, ormai indiscussa, dell’ascolto del minore ultra dodicenne o anche infra dodicenne capace di discernimento, a cui è doveroso attingere per sondare gli effetti di una saltuaria e discontinua presenza genitoriale, laddove da detto ascolto emerga che il minore ne abbia risentito, il Tribunale dovrà tenerne conto nello stabilire il corretto regime di affidamento, da un lato, e di frequentazione, dall’altro.

Sulla scorta di quanto sopra evidenziato, di recente il Tribunale di Macerata ha decretato, all’esito dell’ascolto di una minore ultra dodicenne, come la figura del genitore trasferitosi in altro Paese UE, pur non essendo del tutto scomparsa dalla vita della minore, non fosse stata un solido punto di riferimento, come invece sarebbe stato doveroso per un genitore esercente la responsabilità genitoriale in via condivisa con l’altro.

In tal caso, infatti, al di là della distanza fisica, è risultato che il padre facesse ritorno in Italia e trascorresse del tempo con la minore essenzialmente in estate e in coincidenza del suo compleanno, il che – pur se significativo del volere di mantenere il rapporto con la figlia – non basta per dimostrare la piena idoneità all’affido condiviso.

Difatti, citando il decreto collegiale “l’affido condiviso implica responsabilità e non può essere esercitato solo nel periodo estivo o quando si sia liberi da altri impegni, come purtroppo accaduto nel caso di specie per anni”.

Di tal che in questo caso, come in molti altri analoghi, i Tribunali territoriali (quello di Milano per primo) adottano in genere il regime dell’affido esclusivo cd. semplice, di cui all’art. 337 quater ultimo comma c.c. “Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse”.

Si tratta insomma di casi come quello sopra appena evidenziato, dove per ristrettezze economiche o altri motivi contingenti, il genitore lontano non sia molto presente ma neppure mostri una totale assenza o indifferenza verso il figlio.

Viceversa, nei casi più gravi, allorché il genitore trasferitosi risulti completamente irreperibile, viene in soccorso il cd. affido super esclusivo, ossia una forma di affidamento esclusivo rafforzato. In tale forma di affido, il genitore unico affidatario assume autonomamente le decisioni di maggior rilevanza per il figlio minore senza il coinvolgimento dell’altro genitore. In tali casi il genitore non affidatario, pur rimanendo titolare della responsabilità genitoriale, non la può esercitare.

(Avv. Anna Di Cosmo, Pres. Camera Minorile e della Famiglia della Marca, Foro di Macerata)

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Avv. Anna Di Cosmo

Ho conseguito la laurea con il massimo dei voti (110 e lode) nel 2002 presso l'Università degli Studi di Macerata. Dal 2006 sono iscritta all'Albo degli Avvocati di Macerata. Nel 2019 ho conseguito l'abilitazione al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori. Dal 2006 al luglio 2021 ho svolto la professione in regime di collaborazione continuativa presso Studio Legale Borgiani Parisella e Associati di Macerata, occupandomi di diritto civile e prestando attività di consulenza ed assistenza continuativa per aziende convenzionate operanti in diversi settori produttivi e commerciali, nonché di assistenza giudiziale e stragiudiziale, rivolta non solo ad aziende, ma anche ai privati. Sono stata infatti referente esclusiva nel settore del diritto di famiglia, in cui ho maturato una esperienza ed una formazione pluriennale. Dal 2021 svolgo la libera professione in forma completamente autonoma. Mi occupo di tutte le branche del diritto civile: commerciale, lavoro, obbligazioni e contratti, tutela della proprietà e del patrimonio, famiglia, successioni, nonché responsabilità civili di varia natura - contrattuali ed extra contrattuali (responsabilità medica ed altre responsabilità professionali, responsabilità da circolazione stradale, inadempimenti contrattuali e recupero crediti). Mi avvalgo inoltre del supporto di una rete di professionisti di mia fiducia in relazione a materie specialistiche. Il settore di elezione è il diritto di famiglia, in cui ho maturato esperienza pluriennale e a cui ho dedicato nel tempo la mia formazione continua, attraverso partecipazione a seminari, convegni e corsi di perfezionamento. Nel biennio 2013-2014 ho partecipato al Corso di perfezionamento post lauream “La mediazione dei conflitti in ambito familiare, la prevenzione del disagio giovanile e la rete dei servizi socio-sanitari nella Regione Marche” , organizzato dall’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo - Dipartimento di Economia Società Politica (DESP), in collaborazione con gli Atenei delle Marche ed il Tribunale per i Minorenni di Ancona, articolato in 400 ore formative e concluso con il superamento di una prova di idoneità finale e l’acquisizione di n. 16 CFU. A questa formazione si è poi aggiunto un percorso formativo di tipo specialistico in materia di diritto alla protezione dei dati personali, sicurezza informatica, sistemi di comunicazione ed Information and Communication Technologies. Nel marzo 2022 ho conseguito l'attestato di frequenza e superamento esame del Corso di alta formazione sulla protezione dei dati personali per “Responsabile della protezione dei dati” (cd. DPO - Data Protection Officer di cui al Regolamento Europeo 2016/679), organizzato da CINFOR – Organismo Istituzionale dell’Ordine degli Avvocati di Foggia - e da Scuola di Informatica Giuridica di Capitanata con il patrocinio del Garante per la protezione dei dati personali, del Consiglio Nazionale Forense (CNF) e della Fondazione Italiana per l’Innovazione Forense (FIIF).

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