Bigenitorialità: pernottamento in casa del padre (Cassazione, ord. n. 16125/2020)
Sommario: 1. Principio etico e riferimenti normativi – 2. Il contributo della giurisprudenza di merito: il superamento della presunzione dell’incapacità genitoriale – 3. Suprema Corte di Cassazione, ordinanza n. 16125/2020
1. Principio etico e riferimenti normativi
In seguito alla Convenzione sui Diritti del Bambino di New York del 20 novembre 1989, il principio di bigenitorialità si è fatto strada sempre più diffusamente quale diritto del bambino ad avere con entrambi i genitori, anche se separati, un rapporto equilibrato e continuativo (biparentality).
Il diritto/dovere del genitore di crescere ed educare il figlio deve pertanto tenere in considerazione le necessità del bambino e si combina con il suo diritto di mantenere rapporti significativi con i parenti (art. 315 bis c.c.), a prescindere da qualsiasi situazione esistente tra i genitori.
La bigenitorialità deve principalmente intendersi come principio etico a tutela della crescita sana ed equilibrata del figlio, sempre e comunque garantita.
Vista l’evoluzione sociale e il progressivo indebolimento della famiglia tradizionale intesa come nucleo indissolubile e unitario (basti il semplice riferimento all’art. 29 Cost.), anche il mondo del diritto, con qualche titubanza, ha dovuto prendere atto del nuovo assetto sociale, attraverso la previsione di istituti e strumenti in grado arginare e limitare (per quanto possibile) gli effetti della dissoluzione di tale modello familiare.
2. Il contributo della giurisprudenza di merito
La giurisprudenza, sia pure con un certo ritardo, ha esteso il principio di bigenitorialità anche alla famiglia separata: la frattura del nucleo familiare dovuta alla separazione della coppia non può giustificare né comportare un pregiudizio relazionale e affettivo in capo al bambino, al quale deve essere sempre garantito il diritto di frequentare entrambi i genitori. Come già avevano anticipato i giudici di merito (Tribunale di Roma, sent. 14.06.2011; Tribunale di Milano, decr. 14.01.2015 e Corte d’Appello di Catania, decr. 16.10.2013), affinché il principio di bigenitorialità non si traduca in lettera morta o grazioso orpello giuridico, è necessario il suo concreto riconoscimento anche in situazioni, già di per sé tristi e a volte angosciose per i minori, di separazione.
L’interesse prioritario del bambino, pertanto, deve intendersi come garanzia ed effettiva tutela alla sua crescita congiunta con i genitori, sia pure in abitazioni distinte.
Per quanto concerne il pernottamento del figlio presso l’abitazione del padre, l’ipotetico “pregiudizio” che detta situazione comporterebbe in capo al minore non può essere presunto, ma deve essere dimostrato in concreto poiché la sola qualifica di “padre” non esclude in capo a questi la capacità e la competenza di occuparsi efficacemente e autonomamente del figlio anche in tenera età dato che nessuna norma stabilisce l’età minima per il pernottamento con il padre (muovendo dalla lettura critica dell’ordinanza n. 273/14 della Corte di Cassazione che limitava la cornice minima di permanenza del figlio con il genitore non collocatario).
3. Suprema Corte di Cassazione, ordinanza n. 16125/2020
Anche i giudici di legittimità con ordinanza n. 16125/20 sez. I Civile, rigettando il ricorso della madre in cui l’unico impedimento al pernottamento del figlio in casa del padre coincideva con tenera età del piccolo, sposando l’orientamento già espresso dai giudici di merito, dimostrano di privilegiare una visione orientata alla concreta estrinsecazione delle capacità genitoriali di entrambi i soggetti, garantendo al figlio la possibilità di instaurare con entrambi un solido rapporto che si manifesta anche attraverso la condivisione di esperienze quotidiane quali appunto quella di dormire insieme. Non esiste alcun pregiudizio aprioristico in grado di impedire al bambino di pernottare presso la casa paterna, né si può presumere l’ipotetica incapacità del padre ad occuparsi delle esigenze del bambino così da permettere ad entrambi di condividere momenti significativi della vita quotidiana necessari a consolidare il loro rapporto.
Tutela che non può prescindere dall’attuazione da parte del giudice di tutti i provvedimenti necessari a garantire quella continuità genitoriale e affettiva necessaria all’equilibrato sviluppo psico-fisico del minore e, le eventuali restrizioni, devono essere applicate solo in considerazione del supremo interesse del minore.
Insomma, appare ormai evidente e largamente condivisa l’idea secondo cui “la genitorialità si apprende facendo i genitori”.
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