Biotestamento: profili normativi e limiti
Lo scorso 14 Dicembre 2017, il Senato ha approvato, in via definitiva, la legge sul Biotestamento con ben 180 voti favorevoli contro 71 voti sfavorevoli e sei astensioni.
Una lunga battaglia, fortemente, combattuta dai sostenitori della libertà di scelta sul fine vita, che pare aver trovato un punto d’inizio.
A distanza di dieci anni dalla morte di Welby, a otto anni dalla scomparsa di Eluana Englaro e a soli pochi mesi da quella di Dj Fabo.
Una tematica, questa, affrontata svariate volte ma che in Italia, non ha mai trovato un comune assenso, per diverse ragioni etiche, ideologiche, politiche e religiose.
Una lotta tra valori e diritti inviolabili della persona umana di cui agli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione.
Da un lato, la libertà di scelta, meglio intesa come libertà, capacità di autodeterminarsi e di salvaguardare la propria salute ed integrità fisica, dall’altro il diritto alla vita, quale bene da sempre considerato indisponibile.
In buona sostanza, la legge de qua permette al soggetto maggiorenne e capace d’intendere e di volere di esprimere, entro certi limiti, una previa volontà circa i trattamenti medici e terapeutici da ricevere, con particolare riguardo alla nutrizione e all’idratazione artificiale, nel caso di gravi malattie future.
A tal punto, al fine di una corretta e globale valutazione, appare il caso analizzare il contenuto dei sette articoli, di cui detta legge si compone:
1. Consenso Informato.
L’art. 1 della legge sul Biotestamento tende a valorizzare la particolare relazione di cura e fiducia che si in instaura tra il medico ed il paziente, il cui fulcro è dato dal c.d. “consenso informato”.
Com’è noto, l’esercente una professione sanitaria, al fine di non incorrere in ipotesi di responsabilità, ha il dovere di informare il paziente circa la diagnosi, i rischi, i benefici e le modalità, a mezzo delle quali, procederà ad un preciso trattamento, sia esso terapeutico e/o chirugico.
Il medico deve, altresì, illustrare al paziente le possibili alternative e le conseguenze dell’eventuale rifiuto di sottoporsi a quel determinato trattamento.
In altre parole, dunque, il consenso informato rappresenta un punto d’incontro tra l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, nonché la responsabilità del medico.
In presenza di espressa volontà del paziente, è possibile coinvolgere anche i familiari o altra persona di fiducia che possono esprimere il consenso in sua vece.
Detto consenso viene, dunque, redatto in forma scritta eccetto i casi in cui le particolari condizioni fisiche del paziente non lo consentano, dovendosi, ricorrere all’ausilio di strumenti informatici, quale ad esempio la videoregistrazione. Il consenso è sempre modificabile e revocabile dal paziente.
2. Diritto al rifiuto delle cure.
In tale contesto, si vuol riconoscere ad ogni persona capace di agire, il diritto di rifiutare in tutto o in parte qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia.
Laddove siffatto diritto sia stato esercitato a mezzo del consenso informato, quest’ultimo, come già rappresentato, può essere revocato, in qualsiasi momento, anche se cio’ comporta l’interruzione del trattamento sanitario, ivi comprese la nutrizione e l’idratazione artificiale.
3. Divieto di accanimento terapeutico, sedazione profonda e abbandono cure.
L’articolo de quo, vieta ogni forma di accanimento terapeutico, riconoscendo il diritto del paziente all’abbandono di cure.
Viene espressamente riconosciuta e garantita la terapia del dolore, fino alla sedazione profonda continuata.
Non solo.
Secondo la legge, il medico deve adoperarsi per alleviare le sofferenze del paziente anche qualora sia stato rifiutato o revocato il consenso, precedentemente prestato.
Cio’, al fine di garantire, ad ogni modo, un’appropriata terapia del dolore anche attraverso l’erogazione di cure palliative.
E’ bene precisare, peraltro, che anche in caso di prognosi infausta o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso al trattamenti inutili e sproporzionati.
4. Responsabilità del medico.
Il medico, al fine di andare esente da qualsivoglia tipo di responsabilità civile o penale, è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente nonostante questi abbia deciso di rifiutare il trattamento sanitario, necessario alla propria sopravvivenza o di rinunciare al medesimo.
La volontà del paziente dovrà essere rispettata anche nelle situazioni di emergenza ed urgenza.
Restano escluse soltanto quelle situazioni che comporterebbero trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico- assistenziali, per le quali il medico non ha alcun obbligo professionale.
Viene, dunque, riconosciuta al medico la possibilità di essere obiettore di coscienza.
5. Minori e incapaci.
Anche i minori di età o incapaci hanno il diritto di ricevere informazioni sulle scelte riguardanti la propria salute e di essere messi nelle condizioni di esprimere la propria volontà.
Tuttavia, il consenso informato al trattamento sanitario è espresso o rifiutato dai genitori, nella qualità di esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio minore o, nel caso degli incapaci, dal tutore.
Ove il rappresentante legale della persona interdetta, inabilitata o del minore o l’ amministratore di sostegno, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento, rifiutino le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano necessarie per la cura del paziente, la decisione spetterà al giudice tutelare competente.
6. Disposizioni anticipate di trattamento ( DAT ).
Il cuore della nuova legge consiste proprio nelle Dat.
Ma cosa sono le DAT ?
Non sono altro che le disposizioni anticipate di trattamento, attraverso le quali ogni persona maggiorenne e capace d’intendere e di volere, in previsione di una futura ed eventuale incapacità di autodeterminarsi, dopo aver preso contezza circa le adeguate informative mediche sulle possibili conseguenze derivanti dalle sue scelte, può esprimere la propria volontà in ordine ai trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici e a singoli trattamenti sanitari.
La persona, inoltre, può indicare anche un soggetto fiduciario che ne faccia la veci e la rappresenti, nel momento in cui non sarà più dotata della capacità di autodeterminarsi.
Ai fini della validità, le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata e vengono annotate in apposito registro regionale, ove istituito, oppure presso le strutture sanitarie.
A tal uopo, merita di essere ribadito che le disposizioni anticipate di trattamento sono modificabili, rinunciabili e revocabili, in qualsiasi momento, anche a voce con la presenza di almeno due testimoni, in caso di emergenza o se le condizioni fisiche del sottoscrittore siano tali da non consentire di procedere alla forma scritta.
Ex adverso, tali disposizioni sono vincolanti per il medico.
7. Pianificazione condivisa delle cure.
In caso di patologie croniche o invalidanti destinate ad evolversi con prognosi infausta, la relazione che si instaura tra il medico ed il paziente comporta anche un’attenta pianificazione condivisa delle cure, a cui il medico e la struttura sanitaria hanno l’obbligo di attenersi.
La pianificazione delle cure potrà sempre essere aggiornata su richiesta del paziente o anche su suggerimento del medico.
Da ultimo, per completezza espositiva, pare opportuno rammentare che la citata legge non contempla né l’eutanasia né il suicidio assistito che rappresentano ulteriori casi, non analoghi a quello in esame e, ad oggi, non riconosciuti in Italia.
Sebbene la legge sul biotestamento da un lato rappresenti una “vittoria” capace di restituire dignità a tante persone; dall’altro, a parere dello scrivente, lascia evidenti margini di apertura atti ad ingenerare notevoli discussioni ed incongruenze.
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Avv. Daniela Cardillo
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