Brevi considerazioni sul discorso del Pontefice per l’inaugurazione dell’anno giudiziario dinanzi al Tribunale della Rota Romana
Brevi considerazioni sul discorso del Pontefice per l’inaugurazione dell’anno giudiziario dinanzi al Tribunale della Rota Romana
Il 21 gennaio 2017, papa Francesco ha tenuto il tradizionale ed importate discorso inaugurale dinanzi a tutto l’organico del Tribunale della Rota Romana, giudici, officiali, avvocati, cancellieri e dipendenti.
La Rota è Tribunale di appello (can. 1444, § 1, 2) e giudica: a) in seconda istanza, le cause definite dai Tribunali ordinari di primo grado e deferite alla Santa Sede per legittimo appello; b) in terza ed ulteriore istanza, le cause trattate già in appello dalla stessa Rota o da altro Tribunale ecclesiastico d’appello. E’ anche Tribunale d’appello per il Tribunale Ecclesiastico della Città del Vaticano (Motu Proprio Quo civium delle Norme del Medesimo Tribunale).
Il primo tema che il pontefice affronta è quello del rapporto tra fede e matrimonio. Un rapporto delicato, che oggi rischia di essere fortemente messo in crisi da tutte quelle ideologie che si pongono in antitesi a qualsiasi prospettiva fideistica ed eterna, pretendendo di risolvere tutto mediante la spiegazione tecnico-scientifica, facendo sempre più chiudere l’essere umano in un esasperato individualismo. “Non possiamo nasconderci che una mentalità diffusa tende ad oscurare l’accesso alle verità eterne. Una mentalità che coinvolge, spesso in modo vasto e capillare, gli atteggiamenti e i comportamenti degli stessi cristiani (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 64), la cui fede viene svigorita e perde la propria originalità di criterio interpretativo e operativo per l’esistenza personale, familiare e sociale. Tale contesto, carente di valori religiosi e di fede, non può che condizionare anche il consenso matrimoniale. Le esperienze di fede di coloro che richiedono il matrimonio cristiano sono molto diverse. Alcuni partecipano attivamente alla vita della parrocchia; altri vi si avvicinano per la prima volta; alcuni hanno una vita di preghiera anche intensa; altri sono, invece, guidati da un più generico sentimento religioso; a volte sono persone lontane dalla fede o carenti di fede.” Da questa constatazione nasce l’esigenza di rafforzare l’importanza dei giovani, valorizzando sempre più il cammino di preparazione al matrimonio. “La finalità di questa preparazione consiste, cioè, nell’aiutare i fidanzati a conoscere e a vivere la realtà del matrimonio che intendono celebrare, perché lo possano fare non solo validamente e lecitamente, ma anche fruttuosamente, e perché siano disponibili a fare di questa celebrazione una tappa del loro cammino di fede. Per realizzare tutto questo, c’è bisogno di persone con specifica competenza e adeguatamente preparate a tale servizio, in una opportuna sinergia fra sacerdoti e coppie di sposi”. Ed è per questo che il pontefice richiede la necessità di creare un “nuovo catecumenato” in preparazione al matrimonio; infatti, così come nel battesimo il catecumenato è parte del processo sacramentale, così si auspica che anche nel matrimonio esso diventi parte della procedura sacramentale, in modo da evitare l’aumento di matrimoni nulli. Un ulteriore rimedio è quello di aiutare le giovani coppie nel cammino dopo la celebrazione del matrimonio, attraverso l’accompagnamento, l’ascolto e l’accoglienza, così da evitare che i novelli coniugi possano trovarsi subito in situazioni che da soli non potrebbero subito affrontare e che potrebbero facilmente sfociare in situazioni di crisi
Di seguito il testo del discorso:
Cari Giudici, Officiali, Avvocati e Collaboratori del Tribunale Apostolico della Rota Romana, rivolgo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto, ad iniziare dal Collegio dei Prelati Uditori con il Decano, Mons. Pio Vito Pinto, che ringrazio per le sue parole, e il pro-Decano che da poco è stato nominato in questo incarico. Auguro a tutti voi di lavorare con serenità e con fervido amore alla Chiesa in questo Anno giudiziario che oggi inauguriamo.
Oggi vorrei tornare sul tema del rapporto tra fede e matrimonio, in particolare sulle prospettive di fede insite nel contesto umano e culturale in cui si forma l’intenzione matrimoniale. San Giovanni Paolo II ha messo bene in luce, basandosi sull’insegnamento della Sacra Scrittura, «quanto profondo sia il legame tra la conoscenza di fede e quella di ragione […]. La peculiarità che distingue il testo biblico consiste nella convinzione che esista una profonda e inscindibile unità tra la conoscenza della ragione e quella della fede» (Enc. Fides et ratio, 16). Pertanto, quanto più si allontana dalla prospettiva di fede, tanto più «l’uomo s’espone al rischio del fallimento e finisce per trovarsi nella condizione dello “stolto”. Per la Bibbia, in questa stoltezza è insita una minaccia per la vita. Lo stolto infatti si illude di conoscere molte cose, ma in realtà non è capace di fissare lo sguardo su quelle essenziali. Ciò gli impedisce di porre ordine nella sua mente (cfr Pro 1,7) e di assumere un atteggiamento adeguato nei confronti di sé stesso e dell’ambiente circostante. Quando poi giunge ad affermare “Dio non esiste” (cfr Sal 14[13],1), rivela con definitiva chiarezza quanto la sua conoscenza sia carente e quanto lontano egli sia dalla verità piena sulle cose, sulla loro origine e sul loro destino» (ibid., 17).
Da parte sua, Papa Benedetto XVI, nel suo ultimo Discorso a voi rivolto, ricordava che «solo aprendosi alla verità di Dio […] è possibile comprendere, e realizzare nella concretezza della vita anche coniugale e familiare, la verità dell’uomo quale suo figlio, rigenerato dal Battesimo […]. Il rifiuto della proposta divina, in effetti conduce ad uno squilibrio profondo in tutte le relazioni umane […], inclusa quella matrimoniale» (26 gennaio 2013, 2). È quanto mai necessario approfondire il rapporto fra amore e verità. «L’amore ha bisogno di verità. Solo in quanto è fondato sulla verità l’amore può perdurare nel tempo, superare l’istante effimero e rimanere saldo per sostenere un cammino comune. Se l’amore non ha rapporto con la verità, è soggetto al mutare dei sentimenti e non supera la prova del tempo. L’amore vero invece unifica tutti gli elementi della nostra persona e diventa una luce nuova verso una vita grande e piena. Senza verità l’amore non può offrire un vincolo solido, non riesce a portare l’ “io” al di là del suo isolamento, né a liberarlo dall’istante fugace per edificare la vita e portare frutto» (Enc. Lumen fidei, 27).
Non possiamo nasconderci che una mentalità diffusa tende ad oscurare l’accesso alle verità eterne. Una mentalità che coinvolge, spesso in modo vasto e capillare, gli atteggiamenti e i comportamenti degli stessi cristiani (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 64), la cui fede viene svigorita e perde la propria originalità di criterio interpretativo e operativo per l’esistenza personale, familiare e sociale. Tale contesto, carente di valori religiosi e di fede, non può che condizionare anche il consenso matrimoniale. Le esperienze di fede di coloro che richiedono il matrimonio cristiano sono molto diverse. Alcuni partecipano attivamente alla vita della parrocchia; altri vi si avvicinano per la prima volta; alcuni hanno una vita di preghiera anche intensa; altri sono, invece, guidati da un più generico sentimento religioso; a volte sono persone lontane dalla fede o carenti di fede.
Di fronte a questa situazione, occorre trovare validi rimedi. Un primo rimedio lo indico nella formazione dei giovani, mediante un adeguato cammino di preparazione volto a riscoprire il matrimonio e la famiglia secondo il disegno di Dio. Si tratta di aiutare i futuri sposi a cogliere e gustare la grazia, la bellezza e la gioia del vero amore, salvato e redento da Gesù. La comunità cristiana alla quale i nubendi si rivolgono è chiamata ad annunciare cordialmente il Vangelo a queste persone, perché la loro esperienza di amore possa diventare un sacramento, un segno efficace della salvezza. In questa circostanza, la missione redentrice di Gesù raggiunge l’uomo e la donna nella concretezza della loro vita di amore. Questo momento diventa per tutta la comunità una straordinaria occasione di missione. Oggi più che mai, questa preparazione si presenta come una vera e propria occasione di evangelizzazione degli adulti e, spesso, dei cosiddetti lontani. Sono, infatti, numerosi i giovani per i quali l’approssimarsi delle nozze costituisce l’occasione per incontrare di nuovo la fede da molto tempo relegata ai margini della loro vita; essi, per altro, si trovano in un momento particolare, caratterizzato spesso anche dalla disponibilità a rivedere e a cambiare l’orientamento dell’esistenza. Può essere, quindi, un tempo favorevole per rinnovare il proprio incontro con la persona di Gesù Cristo, con il messaggio del Vangelo e con la dottrina della Chiesa.
Occorre, pertanto, che gli operatori e gli organismi preposti alla pastorale famigliare siano animati da una forte preoccupazione di rendere sempre più efficaci gli itinerari di preparazione al sacramento del matrimonio, per la crescita non solo umana, ma soprattutto della fede dei fidanzati. Scopo fondamentale degli incontri è quello di aiutare i fidanzati a realizzare un inserimento progressivo nel mistero di Cristo, nella Chiesa e con la Chiesa. Esso comporta una progressiva maturazione nella fede, attraverso l’annuncio della Parola di Dio, l’adesione e la sequela generosa di Cristo. La finalità di questa preparazione consiste, cioè, nell’aiutare i fidanzati a conoscere e a vivere la realtà del matrimonio che intendono celebrare, perché lo possano fare non solo validamente e lecitamente, ma anche fruttuosamente, e perché siano disponibili a fare di questa celebrazione una tappa del loro cammino di fede. Per realizzare tutto questo, c’è bisogno di persone con specifica competenza e adeguatamente preparate a tale servizio, in una opportuna sinergia fra sacerdoti e coppie di sposi.
In questo spirito, mi sento di ribadire la necessità di un «nuovo catecumenato» in preparazione al matrimonio. Accogliendo gli auspici dei Padri dell’ultimo Sinodo Ordinario, è urgente attuare concretamente quanto già proposto in Familiaris consortio (n. 66), che cioè, come per il battesimo degli adulti il catecumenato è parte del processo sacramentale, così anche la preparazione al matrimonio diventi parte integrante di tutta la procedura sacramentale del matrimonio, come antidoto che impedisca il moltiplicarsi di celebrazioni matrimoniali nulle o inconsistenti.
Un secondo rimedio è quello di aiutare i novelli sposi a proseguire il cammino nella fede e nella Chiesa anche dopo la celebrazione del matrimonio. È necessario individuare, con coraggio e creatività, un progetto di formazione per i giovani sposi, con iniziative volte ad una crescente consapevolezza del sacramento ricevuto. Si tratta di incoraggiarli a considerare i vari aspetti della loro quotidiana vita coppia, che è segno e strumento dell’amore di Dio, incarnato nella storia degli uomini. Faccio due esempi. Anzitutto, l’amore del quale la nuova famiglia vive ha la sua radice e fonte ultima nel mistero della Trinità, per cui essa porta questo sigillo nonostante le fatiche e le povertà con cui deve misurarsi nella propria vita quotidiana. Un altro esempio: la storia d’amore della coppia cristiana è parte della storia sacra, perché abitata da Dio e perché Dio non viene mai meno all’impegno che ha assunto con gli sposi nel giorno delle nozze; Egli infatti è «un Dio fedele e non può rinnegare se stesso» (2 Tm 2,13).
La comunità cristiana è chiamata ad accogliere, accompagnare e aiutare le giovani coppie, offrendo occasioni e strumenti adeguati – a partire dalla partecipazione alla Messa domenicale – per curare la vita spirituale sia all’interno della vita familiare, sia nell’ambito della programmazione pastorale in parrocchia o nelle aggregazioni. Spesso i giovani sposi vengono lasciati a sé stessi, magari per il semplice fatto che si fanno vedere meno in parrocchia; ciò avviene soprattutto con la nascita dei bambini. Ma è proprio in questi primi momenti della vita familiare che occorre garantire maggiore vicinanza e un forte sostegno spirituale, anche nell’opera educativa dei figli, nei confronti dei quali sono i primi testimoni e portatori del dono della fede. Nel cammino di crescita umana e spirituale dei giovani sposi è auspicabile che vi siano dei gruppi di riferimento nei quali poter compiere un cammino di formazione permanente: attraverso l’ascolto della Parola, il confronto sulle tematiche che interessano la vita delle famiglie, la preghiera, la condivisione fraterna.
Questi due rimedi che ho indicato sono finalizzati a favorire un idoneo contesto di fede nel quale celebrare e vivere il matrimonio. Un aspetto così determinante per la solidità e verità del sacramento nuziale, richiama i parroci ad essere sempre più consapevoli del delicato compito che è loro affidato nel gestire il percorso sacramentale matrimoniale dei futuri nubendi, rendendo intelligibile e reale in loro la sinergia tra foedus e fides. Si tratta di passare da una visione prettamente giuridica e formale della preparazione dei futuri sposi, a una fondazione sacramentale ab initio, cioè a partire dal cammino verso la pienezza del loro foedus-consenso elevato da Cristo a sacramento. Ciò richiederà il generoso apporto di cristiani adulti, uomini e donne, che si affianchino al sacerdote nella pastorale familiare per costruire «il capolavoro della società», cioè «la famiglia: l’uomo e la donna che si amano» (Catechesi, 29 aprile 2015) secondo «il luminoso piano di Dio» (Parole al Concistoro Straordinario, 20 febbraio 2014).
Lo Spirito Santo, che guida sempre e in tutto il Popolo santo di Dio, assista e sostenga quanti, sacerdoti e laici, si impegnano e si impegneranno in questo campo, affinché non perdano mai lo slancio e il coraggio di adoperarsi per la bellezza delle famiglie cristiane, nonostante le insidie rovinose della cultura dominante dell’effimero e del provvisorio.
Cari fratelli, come ho detto varie volte, occorre grande coraggio a sposarsi nel tempo in cui viviamo. E quanti hanno la forza e la gioia di compiere questo passo importante devono sentire accanto a loro l’affetto e la vicinanza concreta della Chiesa. Con questo auspicio vi rinnovo l’augurio di buon lavoro per il nuovo anno che il Signore ci dona. Vi assicuro la mia preghiera e conto anch’io sulla vostra, mentre di cuore di imparto la Benedizione Apostolica.
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Giuseppe Di Micco
Formazione
Giuseppe Di Micco (1986), Avvocato e Ph.D. Ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza (LMG/01) con votazione 110 e lode discutendo una tesi in diritto canonico. Durante la pratica forense presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, ha continuato a coltivare l’interesse per il settore del diritto canonico ed ecclesiastico partecipando alle attività culturali ed ai convegni organizzati dalla sezione di Diritto Ecclesiastico e Canonico del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Napoli “Federico II”.
Nell’ottobre del 2012 è stato vincitore al concorso pubblico per l’ammissione alle scuole di dottorato di ricerca dell’Università Statale di Milano, in particolare per il dottorato in Scienze Giuridiche – Curriculum in Diritto Ecclesiastico e Canonico, 28° ciclo. Il 29 gennaio 2016 ha conseguito il titolo di dottore di ricerca, superando l’esame finale con la discussione di una tesi dal titolo "Matrimonio e consumazione nei diritti religiosi".
Nel novembre 2017 ha partecipato al corso di formazione teorico e pratico tenutosi presso il Tribunale Apostolico della Rota Romana dal Titolo “Il nuovo processo matrimoniale e la procedura super rato” superando le relative esercitazioni con la votazione ed ottenendo il diploma con votazione “Summa cum laude”.
Nel 2019, ha frequentato il Corso per la formazione dei Postulatori presso lo Studium della Congregazione delle Cause dei Santi, superando l’esame finale con la votazione 9.5/10 Magna cum Laude probatus
Attività professionale ed extra
Svolge la professione forense collaborando con studi legali in materia di diritto civile (in particolare in tema di risarcimento danni, riscossione esattoriale, recupero crediti, diritto del lavoro, diritto bancario, diritto di famiglia e delle successioni).Ha collaborato con la cattedra di diritto ecclesiastico, diritto canonico e diritti confessionali del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università “Federico II”.E’ stato tutor presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” per la materia di diritto del lavoro (AA.2018/2019).
Collabora, inoltre, per il comitato di redazione della rivista on line Salvis Juribus con commenti a sentenze in materia sia di diritto civile che di diritto ecclesiastico.
E’ membro dell’Ordine della Fraternità Francescana Secolare di Afragola (OFS).
E’ membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione “Le Beatitudini” ODV con sede presso la Pontificia Basilica Minore di S. Antonio da Padova in Afragola (NA)
Attività scientifiche
Nel maggio del 2016 ha preso parte ad un Campus di Studio presso STILO (RC), organizzato dall’Università Magna Grecia di Catanzaro dal titolo “L’Islam. Dal pregiudizio ai diritti”, prendendo attivamente parte al gruppo di lavoro costituitosi in seno allo stesso, sulla libertà religiosa e integrazione nell’ambito della scuola italiana.E’ stato organizzatore e moderatore del convegno dal titolo “La tutela della famiglia nell’ordinamento secolare e canonico. Aspetti pastorali e riforme processuali”, organizzato il 4 maggio 2018 presso la Pontificia Basilica S. Antonio da Padova Afragola (NA), accreditato presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli Nord, con il patrocinio dell’Associazione forense di Afragola e dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani.
E’ stato curatore del volume relativo agli atti del Convegno “La tutela della famiglia nell’ordinamento secolare e canonico. Aspetti pastorali e riforme processuali”, pubblicati presso la Key editore nel dicembre 2018.
E’ stato coautore del volume “Il Trust. Origine, analisi e aspetti comparativi” (a cura di Francesco Cecaro), pubblicato presso Turisa editrice, Collana Studia Selecta, 2018.
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