Brexit conseguenze: il Regno Unito è il nuovo paradiso fiscale
“La vittoria del “leave” porterà ad un disastro senza precedenti”!
Con tale espressione, gridata con forza e fermezza, le élites europee si esprimevano in relazione al tanto temuto referendum sulla Brexit ma, a seguito della proclamazione dell’uscita dall’Europa e visti i primi esiti, tutt’altro che negativi le stesse hanno dovuto ricredersi.
Sventato il disastro globale, l’Inghilterra sembrerebbe essere oggi destinata a divenire un vero e proprio paradiso fiscale, nonché un’ottima occasione per le aziende italiane che guardano all’estero, propense all’export ed alla internazionalizzazione.
Alla base di quanto sta accadendo al Regno Unito, vi è la liberazione della Nazione dai rigidi e limitanti obblighi imposti dall’UE, in particolar modo in materia d’imposte societarie, con una drastica riduzione dell’aliquota fiscale.
Se prima della Brexit la Gran Bretagna versava alla UE 11,34 miliardi di euro (pari allo 0,52% del PIL britannico), oggi andrà a risparmiarli, con la possibilità dunque di favorire l’occupazione e gli investimenti.
Con la prospettabile, ed alquanto certa, riduzione della tassazione diventerà vantaggioso aprire o trasferire un’azienda o una società nel Regno Unito.
BREXIT CONSEGUENZE ECONOMICHE
Qual’è dunque lo scenario che si potrebbe raffigurare agli operatori italiani con l’uscita ufficiale dall’UE della Gran Bretagna? Quali “ripercussioni Brexit” ci saranno?
Sotto il profilo dell’IVA, le vendite verso il Regno Unito dovranno qualificarsi, giuridicamente ed economicamente, come esportazioni e pertanto assoggettabili a procedure doganali ordinarie e a dazi, qualora istituiti.
Sotto il profilo reddituale e della fiscalità internazionale, le imprese che hanno delocalizzato in UK, costituendo società operative, holding, trust e stabili organizzazioni, rischiano di ritrovarsi a fare i conti con la disciplina delle società controllate estere (non prevista per i Paesi della Comunità Europea e per i Paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo).
BREXIT: CONSEGUENZE FINANZIARIE PER LE PMI
Per quanto concerne il profilo finanziario, invece, le conseguenze della Brexit interessano soprattutto le PMI, costituite in UK, che fino ad oggi hanno beneficiato dei finanziamenti europei in terra britannica o hanno usufruito di migliori condizioni economiche offerte dagli istituti bancari. Queste PMI dovranno affrontare prima di tutto un problema fiscale, legato alle procedure di trasferimento dei flussi finanziari e reddituali fra Paesi non più comunitari. Potrebbero originarsi costi ed oneri finora inesistenti e non contemplati dalla normativa comunitaria.
Ma essere fortemente preoccupati dei riflessi dell’uscita dall’UE del Regno Unito sono anche gli startupper e tutti gli investitori delle imprese innovative che proprio nel Regno Unito hanno deciso di costruire il loro futuro, timorosi per l’aumento dei costi, delle barriere e della limitazione alla libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi.
Londra, da sempre considerata la capitale europea per l’avvio di aziende innovative e dinamiche (basti pensare che nel 2016 le startup che risultavano attive nel Regno Unito erano circa 274 mila, per un fatturato di 207 mld di euro e investimenti per 8,2 mld di euro) rischia di cedere il passo ad altri Paesi come Olanda e Germania.
Se prima, infatti, le PMI costituite in UK potevano contare su una base normativa solida, costituita dal Trattato sull’Unione Europea, per svolgere liberamente la loro attività in territorio europeo, oggi questo beneficio rischia di venir meno.
Se prima era possibile per le PMI costituite nel Regno Unito esercitare la loro attività in qualsiasi Paese dell’Unione alle stesse condizioni che la legislazione dello Stato membro di stabilimento definiva per i propri cittadini, nonché era possibile liberamente prestare i propri servizi (dunque esercitare temporaneamente la propria attività) in un qualsiasi altro Stato membro, oggi tali garanzie rischiano di cessare.
A giovare di tutto ciò saranno soprattutto le imprese inglesi, non più vincolate alle decisioni, ai regolamenti ed alla burocrazia europea. Il Governo sarà finalmente libero di stilare accordi commerciali più convenienti per il Paese.
BREXIT CONSEGUENZE: LA SITUAZIONE GEOPOLITICA
Cosa succede dopo la Brexit sul fronte geopolitico?
La Brexit si è rivelata, almeno finora, notevolmente vantaggiosa per la Gran Bretagna, a dispetto dello scetticismo paventato dall’intelligence europea che ha fallito sotto ogni aspetto.
Coloro i quali hanno contribuito alle catastrofiche previsioni non sono certamente imprenditori, bensì sapienti politici ben lontani dal mondo dell’imprenditoria e della crescita economica.
In un contesto come quello descritto, non resta che rivolgere i meriti di quanto accaduto dal punto di vista economico al popolo britannico che ha saputo, con il proprio voto, esprimere coraggio e tenacia, decidendo di liberarsi dai dogmi europei che, da quanto si vede, non hanno portato grossi benefici.
E non vi è dubbio che analoghi benefici avranno anche tutte quelle aziende italiane che decideranno di aprire un ufficio in Inghilterra. Il Regno Unito e’ infatti un’ottima base logistica e le imprese italiane desiderose di investire in UK si ritroverebbero ad operare in un Paese che costituisce un’eccezionale e solida base da cui fare export ed internazionalizzazione – senza le eccessive limitazioni derivanti dall’appartenenza alla UE.
Alla luce di un contesto sempre più incerto ed eterogeneo, dove gli scenari tendono ad evolvere costantemente e si guarda sempre più spesso alla internazionalizzazione delle imprese. Al di là degli aleatori contributi della UE, per l’imprenditore risulta sempre più indispensabile avvalersi dell’aiuto di una figura professionale esperta nella materia. Un professionista che studi il mercato di riferimento e sappia anticipare gli sviluppi futuri di una Gran Bretagna ormai del tutto autonoma ed indipendente dall’UE, in grado di consigliare l’impresa sui rischi dei propri investimenti e dello svolgimento delle proprie attività “Oltre Manica”.
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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo discutendo una tesi sperimentale in Diritto Penale Tributario e ha ottenuto il Diploma di Specializzazione in Professioni Legali preso la medesima Università.
Al termine del percorso post laurea ha svolto un tirocinio presso gli Uffici della Procura delle Repubblica presso il Tribunale di Palermo, ha conseguito un Diploma in Diritto Tributario Europeo ed Internazionale, ha frequentato un corso telematico in Diritto Penale Internazionale organizzato dalla School of Law della Case Western Reserve University di Cleveland, in Ohio (USA) e ha inoltre frequentato il Master biennale in Difensore Tributario organizzato dall’Unione Nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi.
Negli anni ha maturato una specifica competenza in tema di Diritto internazionale, Diritto immobiliare Diritto tributario, Diritto dell’Immigrazione, nonché in tema di reati fiscali ed reati economici. Approfondito il settore dell'assistenza alle imprese e specificamente dell’auto-imprenditorialità (valido strumento per la creazione di opportunità professionali giovanili), fornisce specifica assistenza in tema di Start-up, Start-up innovative ed internazionalizzazione delle PMI, in stretta correlazione con la nuova normativa italiana in tema di microcredito e mentoring.
Di lingua madre italiana, parla fluentemente la lingua inglese e conosce la lingua francese.
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