Caduta sulle scale di una Chiesa. Chi risarcisce il danno?
Lo scorso 28 febbraio la terza sezione civile del Supremo Consesso ha pubblicato un’ordinanza (numero 5841) circa il caso di un soggetto che era incappato in un gradino rotto della Cattedrale di Cefalù, non visibile immediatamente, né adeguatamente segnalato.
Ebbene, sia in primo grado che in appello, la domanda del soggetto danneggiato non sortisce effetto positivo, in quanto si ritiene non provata da parte sua che la Diocesi avesse una disponibilità materiale e giuridica sulla scala di accesso al Duomo, che avrebbe rappresentato il presupposto per giustificare il successivo nesso di causalità tra cosa in custodia, ovvero la scala, ed il danno patito.
Infatti, la verifica della sussistenza del diritto fatto valere in giudizio è onere dell’attore, che non può limitarsi a mere censure di rito nei confronti della parte convenuta, ma avrebbe dovuto dimostrare l’onere della prova circa il potere sul bene da parte della Diocesi e, successivamente, si sarebbe potuto discutere nel merito sul rapporto causale tra fatto ed evento lesivo.
Ragion per cui secondo la Corte: <<il mero riferimento alla L. n. 222 del 1985, che disciplina la successione dei beni tra diversi enti ecclesiastici, non è idoneo a dimostrare che la Diocesi sia proprietaria o detentrice di fatto del Duomo e delle sue pertinenze, posto che tale normativa contempla la possibilità di assegnazione di detti beni agli enti parrocchiali, e l’attore avrebbe dovuto comunque dimostrare in concreto il rapporto di fatto, ovvero una disponibilità giuridica e materiale, tra la convenuta in giudizio e la scalinata su cui si è verificato l’occorso, ai sensi dell’art. 2051 c.c.: “la responsabilità ex art. 2051 c.c., postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa” (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 27724 del 30/10/2018; Cass., sez. 3, sentenza n. 15761/2016>>.
Da ciò ne consegue l’inammissibilità della responsabilità della Diocesi; <<le leggi che storicamente sono intervenute per regolare i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica non consentono di svolgere ragionamenti diversi quanto alla natura privata del sagrato e di ogni area pertinenziale di un bene appartenente a un ente ecclesiastico. La L. 27 maggio 1929, n. 848, art. 15, stabilendo che le chiese sono giuridicamente rappresentate dall’ordinario diocesano, dal parroco, dal rettore o dal sacerdote che, sotto qualsiasi denominazione o titolo, sia legittimamente ad esse preposto, non precisa in quali casi la rappresentanza spetti all’ordinario, al parroco, al rettore od ad altro sacerdote, onde deve ritenersi implicito, in detto articolo, il richiamo alle norme di diritto canonico. E pertanto, poichè la chiesa succursale di una parrocchia, che è destinata, come la Chiesa parrocchiale, all’esercizio delle funzioni inerenti all’ufficio di parroco, ha come rettore lo stesso parroco, versandosi non in ipotesi di cumulo di uffici incompatibili (can.156 C.i.C.) ma di Unione di uffici minus principalis (can.1419 C.i.C.), nella quale la provvista canonica dell’ufficio principale importa ipso iure il conferimento di quello accessorio. La L. 7 luglio 1866, n. 3036, art. 18, inoltre, escludendo gli edifici di culto dalla devoluzione al demanio di tutti i beni delle corporazioni religiose soppresse, in quanto appariva necessario conservare la loro destinazione a soddisfare effettive e concrete esigenze spirituali della popolazione, ha usato l’espressione edifici di culto in senso ampio, sì da comprendersi non solo gli edifici destinati a chiesa, ma anche i sagrati, consistenti in un’area di distacco tra le chiese e le strade o piazze su cui prospettano, i quali sono destinati esclusivamente ai fini di una migliore esplicazione dell’attività di culto che vengono esercitate nelle chiese e dello svolgimento di cerimonie religiose ed altri atti di culto che si svolgono all’aperto (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 4362 del 12/11/1957)>>.
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Giuseppe Di Micco
Formazione
Giuseppe Di Micco (1986), Avvocato e Ph.D. Ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza (LMG/01) con votazione 110 e lode discutendo una tesi in diritto canonico. Durante la pratica forense presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, ha continuato a coltivare l’interesse per il settore del diritto canonico ed ecclesiastico partecipando alle attività culturali ed ai convegni organizzati dalla sezione di Diritto Ecclesiastico e Canonico del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Napoli “Federico II”.
Nell’ottobre del 2012 è stato vincitore al concorso pubblico per l’ammissione alle scuole di dottorato di ricerca dell’Università Statale di Milano, in particolare per il dottorato in Scienze Giuridiche – Curriculum in Diritto Ecclesiastico e Canonico, 28° ciclo. Il 29 gennaio 2016 ha conseguito il titolo di dottore di ricerca, superando l’esame finale con la discussione di una tesi dal titolo "Matrimonio e consumazione nei diritti religiosi".
Nel novembre 2017 ha partecipato al corso di formazione teorico e pratico tenutosi presso il Tribunale Apostolico della Rota Romana dal Titolo “Il nuovo processo matrimoniale e la procedura super rato” superando le relative esercitazioni con la votazione ed ottenendo il diploma con votazione “Summa cum laude”.
Nel 2019, ha frequentato il Corso per la formazione dei Postulatori presso lo Studium della Congregazione delle Cause dei Santi, superando l’esame finale con la votazione 9.5/10 Magna cum Laude probatus
Attività professionale ed extra
Svolge la professione forense collaborando con studi legali in materia di diritto civile (in particolare in tema di risarcimento danni, riscossione esattoriale, recupero crediti, diritto del lavoro, diritto bancario, diritto di famiglia e delle successioni).Ha collaborato con la cattedra di diritto ecclesiastico, diritto canonico e diritti confessionali del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università “Federico II”.E’ stato tutor presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” per la materia di diritto del lavoro (AA.2018/2019).
Collabora, inoltre, per il comitato di redazione della rivista on line Salvis Juribus con commenti a sentenze in materia sia di diritto civile che di diritto ecclesiastico.
E’ membro dell’Ordine della Fraternità Francescana Secolare di Afragola (OFS).
E’ membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione “Le Beatitudini” ODV con sede presso la Pontificia Basilica Minore di S. Antonio da Padova in Afragola (NA)
Attività scientifiche
Nel maggio del 2016 ha preso parte ad un Campus di Studio presso STILO (RC), organizzato dall’Università Magna Grecia di Catanzaro dal titolo “L’Islam. Dal pregiudizio ai diritti”, prendendo attivamente parte al gruppo di lavoro costituitosi in seno allo stesso, sulla libertà religiosa e integrazione nell’ambito della scuola italiana.E’ stato organizzatore e moderatore del convegno dal titolo “La tutela della famiglia nell’ordinamento secolare e canonico. Aspetti pastorali e riforme processuali”, organizzato il 4 maggio 2018 presso la Pontificia Basilica S. Antonio da Padova Afragola (NA), accreditato presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli Nord, con il patrocinio dell’Associazione forense di Afragola e dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani.
E’ stato curatore del volume relativo agli atti del Convegno “La tutela della famiglia nell’ordinamento secolare e canonico. Aspetti pastorali e riforme processuali”, pubblicati presso la Key editore nel dicembre 2018.
E’ stato coautore del volume “Il Trust. Origine, analisi e aspetti comparativi” (a cura di Francesco Cecaro), pubblicato presso Turisa editrice, Collana Studia Selecta, 2018.