Canoni di locazione al tempo del covid-19: indicazioni dalla giurisprudenza
Sommario: 1. Introduzione – 2. Primi orientamenti giurisprudenziali favorevoli – 3. Alcune pronunce contrarie – 4. L’interpretazione della Cassazione – 5. Ultimi orientamenti giurisprudenziali (sempre più favorevoli) – 6. Considerazioni conclusive
1. Introduzione
Nell’attuale periodo di difficoltà, caratterizzato dall’emergenza sanitaria Covid-19 e dalle correlate misure straordinarie, i tribunali italiani hanno iniziato a pronunciarsi in merito agli impatti di tale emergenza sui contratti di locazione ad uso commerciale.
Infatti, sono numerose le controversie nate in questo periodo tra conduttore e locatore, stante la presenza di eventi straordinari e sopravvenuti che hanno determinato un sostanziale mutamento dei presupposti contrattuali: alcune attività industriali e/o commerciali sono state interrotte e/o limitate forzatamente per effetto di disposizioni normative emergenziali (si veda, per esempio, negozi e ristoranti e); altre attività hanno subito rilevanti cali di fatturato anche a causa delle mutate abitudini comportamentali dei clienti (per esempio, le palestre).
A tale riguardo, sono intervenute disposizioni normative che talvolta hanno espressamente previsto riduzioni del canone di locazione (si veda a titolo meramente esemplificativo, l’art. 216 comma 3 del D.L. n. 34/2020) e altre, più generaliste, che hanno cercato di assecondare le esigenze dei conduttori.
Tra queste, vi è l’articolo 91 del D.L. n. 18/2020 (c.d. ‘‘Decreto Cura Italia’’), il quale ha sancito che ‘‘il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti’’. Tale disposizione è centrale nelle pronunce giurisprudenziali succedutesi in merito alle locazioni commerciali.
2. Primi orientamenti giurisprudenziali favorevoli
Con primo provvedimento emesso nell’ambito di un procedimento cautelare ex art. 700 c.p.c., il Tribunale di Venezia, in data 14 aprile 2020, ha ordinato alla Banca garante di non pagare quanto richiesto dal locatore alla parte conduttrice (commerciante al dettaglio), la quale aveva cessato l’attività, in seguito ai provvedimenti normativi per il contenimento e contrasto dell’epidemia. A partire da tale pronuncia, si sono poi succeduti ulteriori interventi giurisprudenziali([1]) conformi a tale orientamento.
Successivamente, attraverso una lettura combinata degli artt. 1256 c.c. (norma generale in materia di obbligazioni) e 1464 c.c. (norma speciale in materia di contratti a prestazioni corrispettive), il Tribunale di Roma, in data 29 maggio, pur ritendendo da un lato dovuto da parte della conduttrice il pagamento delle somme riferite alle morosità pregresse, ha riconosciuto in capo alla conduttrice un diritto alla riduzione del canone nella misura del 70% dello stesso per il periodo di impossibilità parziale della prestazione.
3. Alcune pronunce contrarie
Contrariamente alle pronunce sopra riportate tuttavia, altre autorità giudiziarie continuano a ritenere dovuti per intero i canoni di locazione. Il Tribunale di Pordenone([2]), assieme ad altri tribunali([3]), ha infatti affermato che nessuna norma, neanche di carattere emergenziale, ha affermato un vero e proprio diritto alla sospensione del pagamento del canone.
Per poter inoltre far richiamo alla fattispecie di cui all’art. 1256 c.c., una parte della giurisprudenza([4]) ne ha escluso l’applicabilità sulla base del fatto che l’impedimento di utilizzare l’immobile sarebbe soltanto temporaneo e che ad ogni modo, sarebbe più corretto parlare di eccessiva onerosità dell’obbligazione di pagamento del canone, piuttosto che di impossibilità.
4. L’interpretazione della Cassazione
Considerata l’importanza della questione, è intervenuto quindi l’Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione con Relazione dell’8 luglio 2020 n. 56.
In tale Relazione, in cui si esamina principalmente il rapporto contrattuale tra gli istituti tradizionali e gli interventi normativi del periodo emergenziale, la Cassazione ha affermato come l’istituto della impossibilità parziale ex art. 1464 c.c. non sia norma di facile applicazione in tale contesto dal momento che ‘‘la prestazione di concessione in godimento rimane possibile e continua a essere eseguita quand’anche per factum principis le facoltà di godimento del bene risultano momentaneamente affievolite([5])’’. Nel contratto di durata infatti – si continua a leggere – la prestazione del locatore continua ad essere resa benché l’utilità che il conduttore ne ricava sia allo stato depressa. Fare perno sulle disposizioni in materia di impossibilità sopravvenuta per smarcare in tutto o in parte il locatario dal pagamento del canone vuol dire correggere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale, dislocando una porzione delle conseguenze finanziarie del Covid da una parte all’altra del contratto, ma sulla base di una considerazione che appare ispirata al buon senso, più che al rigore giuridico’’.
Per ciò che concerne inoltre l’istituto della eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c., norma richiamata più volte nelle sopracitate sentenze, la Cassazione ne ha legittimato il richiamo, dovendosi riconoscere a tale situazione emergenziale i presupposti codicistici di straordinarietà, imprevedibilità ed inevitabilità.
Più di tutto però, la Suprema Corte ha fatto leva sui principi di buona fede e correttezza contrattuale contenuti agli artt. 1175 e 1375 c.c., affermando che alle parti ‘‘sarebbe imposto di rendersi disponibili alla modificazione del contatto, allorché la parte interessata a mantenere in essere un rapporto in senso aderente alla concreta realtà del mercato inviti l’altra a rinegoziare’’.
5. Ultimi orientamenti giurisprudenziali (sempre più favorevoli)
Sulla scorta dell’interpretazione della Cassazione, il Tribunale di Venezia ([6]) con ordinanza n. 5480/2020 del 28 luglio 2020, ha accolto le richieste di riduzioni della società conduttrice, assegnando alle parti un termine di 15 giorni per procedere alla mediazione obbligatoria, rinviando all’eventuale successivo giudizio di merito la determinazione esatta dell’ammontare della riduzione dei canoni di locazione per il periodo compreso tra marzo e maggio 2020.
Anche il Tribunale di Roma ([7]), pronunciatosi in relazione ad un caso concernente una società gestrice di due ristoranti nel centro di Roma, ha disposto un’esatta percentuale di riduzione dei canoni locatizi pari al 40% per i mesi di aprile e maggio e del 20% per tutto il periodo compreso da giugno 2020 a marzo 2021, con la precisazione di sospendere l’operatività della garanzia fideiussoria fino ad un’esposizione debitoria di 30.000,00 Euro. Tutto ciò alla luce del generale principio di buona fede in fase contrattuale.
6. Considerazioni conclusive
È chiaro che i giudici in tale situazione di incertezza legata alla pandemia si siano trovati a dover colmare una lacuna legislativa che non definisce in modo chiaro ed univoco quale debba essere la percentuale di riduzione che le parti devono stabilire in sede di ridefinizione dell’importo dei canoni.
Come risulta dalle pronunce esaminate quindi, la strada che si è deciso di percorrere è quella di valorizzare ed incentivare la ricerca di un possibile accordo tra le parti in sede stragiudiziale, potendo i giudici limitarsi ad una valutazione della imputabilità o meno al conduttore del mancato pagamento dei canoni locatizi ([8]).
Considerato comunque il perdurare di tale pandemia, emerge la necessità di risolvere le controversie legate ad una possibile riduzione dei canoni di locazione, anche alla luce dei principi costituzionali, in particolar modo del principio solidaristico all’art. 2 della Costituzione.
Pertanto, è raccomandabile al fine di prevenire conflitti, procedere ad un bilanciamento tra le esigenze facenti capo ai due principali protagonisti del rapporto: il debitore da un lato, e il creditore dall’altro. La pandemia, infatti, sta costituendo un’occasione per tanti per rinegoziare, sia il canone per i mesi di chiusura, ma anche ulteriori condizioni contrattuali. Occorre quindi prevedere e negoziare tra le parti condizioni per fronteggiare le conseguenze derivanti da fattori eccezionali sopravvenuti, quali l’attuale pandemia.
[1] Vd. Trib. Bologna, 12.05.2020; Trib. Rimini, 25.05.2020; Trib. Genova, 01.06.2020; Trib. Bologna, 04.06.2020.
[2] Trib. Pordenone, 08.07.2020.
[3] Trib. Torino, 02.07.2020; Trib. Pisa, 30.06.2020
[4] Trib. Roma sez. VI, 09.09.2020; Trib. Alessandria, 18.09.2020 n. 519.
[5] Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione, 8 luglio 2020 n. 56.
[6] Sulla stessa linea anche: Trib. Firenze, 27.01.2021.
[7] Trib. Roma, sez. VI, 27.08.2020.
[8] Trib. Roma sez. VI, 15.01.2021.
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