Capitalizzazione degli interessi: anatocismo bancario

Capitalizzazione degli interessi: anatocismo bancario

L’anatocismo bancario è quel fenomeno che si realizza quando si ha la produzione di interessi su interessi già maturati sul capitale iniziale e non pagati. In forza di questo fenomeno il debitore è tenuto a pagare: il capitale iniziale, gli interessi scaduti e gli interessi calcolati sugli interessi scaduti. Il fenomeno dell’anatocismo è visto con un certo sfavore dall’ordinamento in quanto comporta un aumento del debito del debitore.

La disciplina dell’anatocismo si rinviene nell’art. 120 del T.U bancario e nell’ 1283 c.c. in cui si stabilisce il divieto di pagamento di tali interessi per tutelare il debitore il quale se dovesse pagare tali interessi subirebbe un aumento del suo debito. La norma ha carattere eccezionale ed infatti è applicabile ai soli debiti di valuta e non a quelli di valore. Inoltre, è sempre l’art.1283 c.c. (norma imperativa) che ammette l’anatocismo in tre ipotesi:

1) se sussiste una convenzione tra le parti successiva alla scadenza degli interessi e con riferimento a interessi dovuti per almeno sei mesi;

2) se esistono usi normativi che espressamente li prevedono. Nel caso di anatocismo bancario gli interessi derivano da usi negoziali (clausole di capitalizzazione) le quali contrastando con una norma imperativa vengono ritenute nulle per violazione dell’art. 1418, co. 1, c.c.;

3) se vi è una domanda giudiziale successiva alla scadenza degli interessi e che si riferisce agli interessi dovuti per almeno sei mesi.

Dunque stante i presupposti che devono sussistere affinché sia configurabile l’anatocismo il problema si è rinvenuto in riferimento all’operatività del meccanismo di legittimazione automatica delle clausole anatocistiche previsto dalle delibere CICR 2000. La Cassazione, con sentenza del 2020, ha stabilito che tale meccanismo non può operare salvo che non sussista un’apposita pattuizione; ciò vuol dire sostanzialmente che se la banca dovesse richiedere il pagamento di interessi anatocistici, il debitore può esperire azione di ripetizione dell’indebito oggettiva (art.2033) entro 10 anni decorrenti dalla conclusione dell’affare. Inoltre, il  debitore, per ottenere la restituzione di quanto versato, può anche procedere con una mediazione civile (che è condizione di procedibilità della domanda giudiziale) in quanto i costi di un procedimento di mediazione sono minori di quelli che si sarebbe tenuti a sopportare se si introducesse un giudizio ordinario.

Sorge un problema in relazione al dies a quo del termine di prescrizione per esperire l’azione di ripetizione. Ed infatti: se vi sono contratti di conto corrente bancario il termine decorre dal giorno della chiusura del conto se vi è un’annotazione indebita sul conto di una clausola anatocistica nulla; se invece il correntista fa un versamento indebito si deve tener conto della natura e della funzione del versamento perché se esso costituisce un pagamento il termine per esperire l’azione di ripetizione decorre dal momento in cui i versamenti sono effettuati, se essi invece sono effettuati per ripristinare la provvista dell’apertura di credito la prescrizione dell’azione decorre dalla chiusura del conto.

Per quel che concerne la posizione della banca bisogna fare delle precisazioni, perché se essa ritiene che il contratto stipulato con il debitore sia un’apertura di credito e sia prescritto il termine per esperire l’azione di ripetizione la Cass. Sent. 28.02.2020 n. 5610 ha stabilito che la banca non deve provare il decorso del termine di prescrizione ma deve solo eccepire il decorso del tempo e far valere la prescrizione dall’annotazione delle singole rimesse.

Il debitore, inoltre, in virtù del principio di vicinanza della prova per ottenere la restituzione degli interessi pagati illegittimamente deve provare l’esistenza del suo credito esibendo gli estratti conto.

Ed è proprio in materia anatocistica che la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi con l’ordinanza 4321/2022 la quale ha ad oggetto la capitalizzazione degli interessi trimestrali dovuti dal cliente alla banca nel caso della stipulazione di un contratto di conto corrente bancario prima del 2000. Il principio di diritto affermato è stato quello secondo il quale <<…la previsione, nel contratto di conto corrente stipulato nella vigenza della delibera CICR 9 febbraio 2000, di un tasso di interesse creditorio annuo nominale coincidente con quello effettivo non dà ragione della capitalizzazione infrannuale dell’interesse creditore, che è richiesta dall’art. 3 della delibera, e non soddisfa, inoltre, la condizione posta dall’art. 6 della delibera stessa, secondo cui, nei casi in cui è prevista una tale capitalizzazione infrannuale, deve essere indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione…>>.

Ciò vuol dire, in sostanza, che è nulla la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente alla banca in quanto tale clausola integra una prassi illecita di anatocismo espressamente vietato dall’ art. 1283 c.c.


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Avvocato Antonella Fiorillo

Laureata in giurisprudenza. Avvocato.

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