Casa coniugale in comproprietà: assegnazione ad un coniuge e divisione giudiziale
Tra le questioni da definire nel giudizio di separazione dei coniugi o di scioglimento del matrimonio assume grande importanza la disciplina del godimento della casa coniugale.
Sul punto, com’è noto, l’art. 155 quater del codice civile prevede che l’abitazione familiare, a prescindere dal titolo di proprietà, venga assegnata ad uno dei coniugi tenuto prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
Appare evidente, quindi, come, laddove i coniugi siano comproprietari della casa coniugale, il diritto di proprietà del coniuge non assegnatario subisca una notevole compressione, tanto più che, secondo l’orientamento costante della Cassazione, la casa familiare rimane al genitore assegnatario fino a quando rappresenta per i figli, seppur maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, elemento di stabilità ed equilibrio (Cass. del 12/10/2018, n. 25604).
Invero, è ormai opinione consolidata in dottrina e giurisprudenza che l’assegnazione della casa coniugale non costituisca elemento ostativo alla proposizione della domanda di divisione dell’immobile in comproprietà adibito a casa familiare.
Ed infatti il provvedimento di assegnazione ha, come detto, lo scopo principale di salvaguardare l’interesse della prole, presupposto quest’ultimo del tutto autonomo dal diritto di (com)proprietà sulla casa coniugale.
Ne consegue che ciascun coniuge comproprietario, in mancanza di accordo con l’altro, può legittimamente chiedere, in sede giudiziale, lo scioglimento della comunione (non più legale ma ordinaria).
Tale domanda, comunque, secondo la giurisprudenza della Cassazione, non può essere avanzata contestualmente al giudizio di separazione e/o divorzio bensì in un separato giudizio soggetto al rito ordinario.
Acclarato, quindi, che, pur in presenza di un provvedimento di assegnazione, i coniugi comproprietari possono chiedere la divisione dell’immobile un tempo adibito a casa familiare, occorre segnalare che nella casistica si è posto il problema di quale sia l’incidenza economica del vincolo di assegnazione sul valore di mercato del bene.
E’ indubbio che tale vincolo comporti una rilevante diminuzione del valore di mercato del bene tanto nell’ipotesi in cui a diventare proprietario esclusivo del bene sia il coniuge non assegnatario quanto nell’ipotesi in cui si proceda alla vendita all’incanto. In entrambi i casi, infatti, il “nuovo” proprietario dell’immobile non potrà usufruirne fino a che il provvedimento di assegnazione continuerà a produrre effetti.
Più controversa è invece l’ipotesi in cui la casa familiare venga attribuita al coniuge già assegnatario. Sul punto esistono tesi contrastanti.
Secondo parte della giurisprudenza e della dottrina, l’esistenza del vincolo di assegnazione sulla casa coniugale comporta un’oggettiva diminuzione del valore di mercato del bene stesso, limitazione che inciderà sull’importo del conguaglio a prescidere da quale dei coniugi diventerà proprietario esclusivo del bene.
V’è, tuttavia, un orientamento più recente della Cassazione di avviso contrario.
Si veda, in particolare, la sentenza n. 33069 del 20/12/2018, in cui la Suprema Corte ha richiamato un proprio precedente del 2016 (sentenza n. 17843 del 9 settembre 2016), precisando che ogni qualvolta l’immobile venga attribuito in proprietà esclusiva al coniuge già assegnatario dello stesso, non va applicata alcuna riduzione del valore della quota dell’altro.
Secondo la ricostruzione della Cassazione, con l’attribuzione del bene all’assegnatario, il diritto di godimento sulla casa – fondato su ragioni di tutela dei figli – si estingue in via automatica, venendo, per così dire, assorbito dal diritto di proprietà sull’intero immobile ormai privo di vincoli.
Di conseguenza, laddove il coniuge assegnatario acquistasse la quota dell’altro versando un conguaglio ridotto, godrebbe di una “indebita locupletazione a suo favore, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale”.
Logica conseguenza del citato orientamento è che, in sede di divisione, la valutazione del valore venale della casa coniugale deve prescindere dal vincolo di assegnazione ogni qualvolta l’immobile venga attribuito al coniuge assegnatario.
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